© Sophie Garcia
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Dalle testimonianze oculari raccolte negli ultimi giorni, abbiamo potuto confermare che l’8 marzo un gruppo armato di autodifesa chiamato “Koglweogo” ha attaccato tre villaggi uccidendo almeno 43 persone, tra cui un uomo non vedente di 90 anni.
Abbiamo parlato con testimoni oculari e sopravvissuti dei villaggi di Dinguila-Peulh, Barga and Ramdolla-Peulh, nella provincia settentrionale di Yatenga. Il gruppo armato “Koglweogo” ha aperto il fuoco indiscriminatamente contro gli abitanti, per poi incendiare le abitazioni e altre strutture.
Il governo del Burkina Faso ha fatto un generico riferimento a “uomini armati non identificati”.
Molti dei sopravvissuti sono fuggiti a Ouahigouya, il capoluogo della provincia.
Il massacro è avvenuto nel contesto di una norma entrata in vigore nel gennaio 2020, la Legge sui volontari per la difesa della patria, che autorizza il reclutamento di volontari a livello locale con funzioni di appoggio alle operazioni militari per fermare la violenza interetnica e quella dei gruppi armati islamisti.
I volontari vengono reclutati nei villaggi dietro approvazione delle candidature da parte delle autorità locali. Seguono un addestramento di due settimane al termine del quale diventano operativi per un periodo rinnovabile di un anno.
La legge prevede che operino solo nel loro territorio e agli ordini delle autorità militari. Ma il gruppo armato “Koglweogo” si è spinto ben al di là della sua zona. Peraltro, uno dei sui capi, El Hadj Boureima Nadbanka, è sospettato di aver preso parte a un massacro avvenuto nel 2019 a Yirgou. Arrestato il 23 dicembre 2019, è stato rilasciato il 4 febbraio 2020.
Nel 2019, secondo il Database sulla localizzazione degli eventi legati ai conflitti armati, la violenza dei gruppi armati non statali ha causato in Burkina Faso la morte di 1295 persone, con un aumento del 650 per cento rispetto ai 173 morti del 2018.