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Di fronte alla tensione sempre più crescente in Burundi, culminata il 13 maggio in un tentato colpo di stato, proclamato dal generale Godefroid Niyombare e smentito da un assistente del presidente Pierre Nkurunziza, Amnesty International ha chiesto a tutte le parti coinvolte di garantire la protezione e l’incolumità della popolazione civile.
‘La storia degli ultimi anni del Burundi è stata segnata da una violenza che non deve tornare. L’esercito, le forze di polizia e gli Imbonerakure – l’ala giovanile del partito al potere – saranno chiamati a rispondere di eventuali crimini di diritto internazionale‘ – ha dichiarato Muthoni Wanyeki, direttore di Amnesty International per le regioni dell’Africa orientale, del Corno d’Africa e dei Grandi laghi.
La situazione in Burundi è precipitata nella seconda metà di aprile, quando il presidente in carica Nkurunziza ha annunciato per la terza volta la sua candidatura alle elezioni di giugno, nonostante la Costituzione del paese e gli accordi di pace di Arusha consentissero una sola ricandidatura. Il 5 maggio la Corte costituzionale ha dato ragione a Nkurunziza e questo verdetto ha alimentato ulteriori proteste. Nel corso delle proteste sono stati uccisi almeno 20 manifestanti. Circa 50.000 persone sono fuggite oltreconfine, in Ruanda, Repubblica democratica del Congo e Tanzania, molte dei quali per paura degli Inbonerakure.
Secondo Amnesty International, gli esponenti dell’opposizione, gli attivisti per i diritti umani e i giornalisti rischiano di subire le azioni di rappresaglia degli Imbonerakure.