Calais: al centro dell’Europa, alla periferia dei diritti umani

6 Agosto 2015

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Una bambina di tre anni issata sopra il filo spinato per tentare di farle raggiungere il Regno Unito: questa immagine riassume da solo tutto il dramma odierno dei rifugiati, costretti a rischiare la vita per raggiungere una protezione che alcuni stati non sono disposti a dar loro spontaneamente. Quella bambina si chiama Isra ed è di nazionalità eritrea. Insieme alla madre, sta cercando di raggiungere il padre, che si trova nel Regno Unito già da due anni.

Madre e figlia sono fuggite dall’Eritrea, paese dove i diritti umani sono violati sistematicamente. Insieme al Sudan, l’Etiopia e la Siria, l’Eritrea è uno dei paesi da cui arrivano le persone presenti in questo periodo a Calais. Il loro percorso assomiglia a quello di altri milioni di persone che hanno lasciato tutto per scappare dalla guerra e dalle persecuzioni.

Dai tempi della Seconda guerra mondiale, questo fenomeno non era mai stato così imponente. Più di 50 milioni di persone hanno dovuto abbandonare le loro case e a volte i loro cari per mettersi in cammino, costrette a cercare riparo altrove nei loro paesi; 17 milioni di esse, i loro paesi hanno anche dovuto lasciarli.

I paesi che accolgono il maggior numero di rifugiati, spesso i meno ricchi, non ce la fanno più a onorare i loro obblighi. Le condizioni d’ingresso si fanno più dure, i diritti non sono più garantiti come mostra la situazione in Libano, dove un abitante su quattro ormai è un rifugiato siriano.

La situazione d’insicurezza che trovano nei paesi di transito o di primo rifugio spinge una parte di queste persone a riprendere la propria migrazione forzata, non solo una seconda ma anche una terza volta.
L’Europa diventa allora inevitabilmente un’altra terra dove cercare protezione.

Se non vogliono perpetuare il ciclo di sconfitte inflitte ai diritti umani negli ultimi 15 anni, i governi di Inghilterra e Francia devono cambiare radicalmente il loro approccio. Erigere muri, rafforzare la sorveglianza, negare i legami di parentela evidenti che possono esistere tra chi è a Calais e chi si trova nel Regno Unito non porterà da nessuna parte se non ad aumentare le sofferenze. Troppe persone, bambini compresi, da troppo tempo rischiano la vita nel tentativo di cercare protezione. Queste persone sono titolari di diritti umani. La Francia e il Regno Unito sono tenuti a rispettarli.

La Francia deve garantire accoglienza, compresa una sistemazione dignitosa, a tutte le persone che cercano protezione sul suo territorio.
Il Regno Unito, che cerca di minimizzare le sue responsabilità, ha l’obbligo di accettare sul suo territorio tutte le persone che hanno diritto di arrivarci, soprattutto nel caso in cui si tratti di ricongiungimenti familiari. I due governi devono accordarsi per condividere la responsabilità di proteggere i rifugiati.