Casi irrisolti: gli assassini di cinque difensori dei diritti umani sono ancora liberi

8 Dicembre 2017

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Dal 1998, quando le Nazioni Unite adottarono la Dichiarazione sui difensori e sulle difensore dei diritti umani,  almeno 3500 persone coraggiose sono scomparse o sono state assassinate per aver protetto e promosso i diritti umani.

Alla vigilia del 9 e del 10 dicembre, rispettivamente giorno dell’adozione della Dichiarazione del 1998 e della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, vogliamo ricordare le tante persone (avvocati, giornalisti, ambientalisti, insegnanti, sindacalisti, leader di comunità e altri ancora) che hanno pagato con la vita la loro scelta di battersi per i diritti di tutti.

In particolare, vogliamo ricordare cinque storie di coraggio e di vergogna: quest’ultima ricade tutta sulle autorità che avrebbero dovuto proteggere e non hanno protetto, che avrebbero dovuto indagare e non hanno indagato.

MUNIR SAID THALIB, AVVOCATO PER I DIRITTI UMANI – INDONESIA

Il 7 settembre 2004 è salito a bordo del volo Giakarta – Amsterdam ma in Olanda è atterrato morto: ucciso da una dose letale di arsenico, mescolata a una bevanda offertagli in volo. Un anno prima, una bomba era esplosa fuori dalla sua abitazione. Un anno dopo, sua moglie ha ricevuto un plico anonimo, dentro il quale c’era una testa di pollo e un messaggio scritto in cui le si intimava di “lasciar perdere i militari”.

NATALIA ESTEMIROVA, GIORNALISTA E DIFENSORA DEI DIRITTI UMANI – RUSSIA

Il 15 luglio 2009 ha lasciato la sua abitazione nella capitale della Cecenia, Grozny, per andare al lavoro. Alla fermata dell’autobus è stata fatta salire a bordo di un’automobile. Poco dopo il suo corpo è stato ritrovato sul bordo di una strada con segni di proiettili sulla testa e sul collo. Era una delle più note difensore dei diritti umani della Russia e aveva documentato le violazioni dei diritti umani durante la Seconda guerra cecena.

HANDE KADER – ATTIVISTA TRANSGENDER – TURCHIA

Scomparsa l’8 agosto 2016, il suo corpo è stato ritrovato quattro giorni dopo mutilato, semicarbonizzato e con evidenti segni di violenza sessuale in una strada di Istanbul.  Faceva la lavoratrice del sesso in uno dei paesi europei coi più alti tassi di omicidio di persone transgender. Era nota per aver promosso, tra l’altro, il Pride 2015, disperso dalle forze di polizia con l’uso di gas lacrimogeni e di proiettili di gomma.

XULHAZ MANNAN – GIORNALISTA E ATTIVISTA PER I DIRITTI DELLE PERSONE LGBTI

Il 25 aprile 2016 sconosciuti armati di machete, probabilmente appartenenti al gruppo estremista Ansar al-Islam, sono entrati nella sua abitazione e lo hanno accoltellato a morte insieme a un collega. Aveva avuto il coraggio di fondare l’unica rivista dedicata ai temi Lgbti in un paese fortemente omofobo e nel quale le relazioni tra persone dello stesso sesso sono vietate.

SIKHOSIPHI “BAZOOKA” RHADEBE, AMBIENTALISTA – SUDAFRICA

Il 22 marzo 2016, poco dopo aver appreso che il suo nome era in cima a una lista di “obiettivi”, è stato ucciso davanti alla porta di casa da due uomini qualificatisi come poliziotti, che gli hanno sparato otto volte alla testa. Era il presidente di Amadiba Crisis Committee, un’organizzazione ambientalista che lottava contro il progetto di una compagnia australiana di aprire una miniera di titanio su terreni comunali.