Tempo di lettura stimato: 2'
‘Un ulteriore riconoscimento, seppur tardivo e in questo caso sul piano civile, delle responsabilità di appartenenti alle forze di polizia. Le tante sentenze pronunciate su violazioni dei diritti umani nel nostro paese, sebbene non poche volte inadeguate, confermano che in Italia negli ultimi 15 anni sono accaduti fatti gravi e continuano a dirci quanto sarebbero necessarie leggi, come quella contro la tortura, adeguate a prevenirli e a punirli‘.
Così Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, ha commentato la sentenza con cui oggi il giudice civile di Trieste ha condannato il ministero dell’Interno e tre agenti di polizia – già condannati in via definitiva a sei mesi per omicidio colposo nel 2011 – a corrispondere 1.200.000 euro ai familiari di Riccardo Rasman, il disabile psichico morto a Trieste il 27 ottobre 2006 dopo un’irruzione della polizia nella sua abitazione, su segnalazione dei vicini. Rasman, all’epoca 30enne, era affetto da schizofrenia paranoide con delirio persecutorio e si trovava in cura presso un centro di salute mentale.
Secondo la sentenza del giudice civile, Rasman morì per ‘asfissia da posizione’, causata dagli agenti di polizia che, pur avendo già reso inoffensivo l’uomo immobilizzandolo e ammanettandolo, continuarono a tenerlo per alcuni minuti in posizione prona.