Centinaia di docenti universitari chiedono alle autorità cinesi di rilasciare un collega uiguro condannato all’ergastolo

14 Gennaio 2016

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Quattrocento docenti universitari di ogni parte del mondo hanno sottoscritto una lettera aperta al presidente cinese Xi Jingping chiedendo il rilascio immediato del loro collega uiguro Ilham Tohti, che sta scontando una condanna all’ergastolo solo per aver esercitato, come docente e scrittore, la sua libertà d’espressione.

Alla lettera aperta hanno aderito autorevoli professori di prestigiose università – tra cui Harvard e Oxford – e anche cinque docenti italiani: Anna Zoppellari dell’Università di Trieste, Beatrice Alai dell’Università di Padova, Paola Paderni dell’Orientale di Napoli, Valentina Vincis dell’Università di Tubinga (Germania) e Marco Cicalese del Politecnico di Monaco (Germania).

Il rilascio senza condizioni del professor Ihlam Tohti sarebbe, scrivono i firmatari “un’importante dimostrazione dell’impegno della Cina in favore della libertà accademica” e testimonierebbe “il rinnovato interesse affinché aumenti la mutua comprensione tra le etnie e si stemperino le tensioni etniche”.

Ilham Tohti è stato portato via dalla sua abitazione di Pechino il 15 gennaio 2014. Il 23 settembre dello stesso anno, al termine di un processo politicizzato segnato da numerose irregolarità procedurali, è stato giudicato colpevole di “separatismo” e condannato al carcere a vita.

“Ilham Tohti è un prigioniero di coscienza, condannato a una pena crudele per aver contestato in modo pacifico le politiche cinesi sulle minoranze etniche” – ha dichiarato Nicholas Bequelin, direttore per l’Asia orientale di Amnesty International. “Il fatto che così tanti accademici di ogni parte del mondo si siano uniti per chiedere l’immediato rilascio di Ilham Tohti evidenzia il grande senso di ingiustizia che i suoi colleghi provano di fronte alla sua prigionia. Il presidente Xi dovrebbe accogliere il loro appello” – ha aggiunto Bequelin.

Perry Link, professore all’Università della California di Riverside, noto esperto di questioni politiche e di diritti umani in Cina, ha affermato: “Mentre buona parte del mondo si mostra preoccupata per i ‘terroristi radicali islamici’, il governo cinese tiene all’ergastolo un islamico che non è radicale né tanto meno terrorista. Che senso ha intimidire un intero gruppo etnico, la maggior parte del quale non è radicale né terrorista? In questo caso, chi è che sta seminando il terrore?”.

Le autorità cinesi hanno recentemente rafforzato le già notevoli limitazioni imposte alla pratica dell’Islam nella Regione uigura autonoma dello Xinjiang, dove l’espressione del dissenso è spesso equiparata all’estremismo religioso, al terrorismo internazionale o a reati contro la sicurezza nazionale. Il processo a Ilham Tohti si è svolto durante un’ondata di azioni violente e di soppressione delle proteste nella Regione. Già nel 2009, a seguito di un precedente ciclo di violenza, l’allora Alta commissaria Onu per i diritti umani Navi Pillay aveva sollecitato le autorità di Pechino a “riflettere sulle cause di fondo di questi episodi, tra cui la discriminazione e la mancata protezione delle minoranze“.

Ilham Tohti è stato un fervente critico delle politiche del governo nella Regione. Gli uiguri subiscono una profonda emarginazione politica, sono discriminati nei settori dell’impiego, dell’istruzione e dell’alloggio e la loro libertà di religione è limitata. Ilham Tohti si è sempre opposto all’uso della violenza e ha operato pacificamente per costruire ponti tra le comunità etniche nel rispetto delle leggi cinesi. Estratti delle lezioni universitarie di Ilham Tohti, che erano state registrate da una telecamera a circuito chiuso installata nella sua aula, sono state esibite al processo e trasmesse in contemporanea dalla televisione nazionale allo scopo di descrivere l’imputato come un separatista che aveva incitato alla tensione etnica.Vi sono forti ragioni per ritenere che le testimonianze di sette ex studenti di Ilham Tohti, arrestati a loro volta e chiamati a deporre durante il processo, siano state estorte con metodi coercitivi. Nel dicembre 2014 i sette imputati sono stati condannati, sempre per “separatismo”, a pene dai tre agli otto anni di carcere.

Per quasi sei mesi, prima del processo, Ilham Tohti è stato detenuto in isolamento e non ha potuto vedere il suo avvocato. Secondo quanto ha denunciato quest’ultimo, in quel periodo Ilham Tohti è stato privato del cibo per 10 giorni e ha avuto i ceppi ai piedi per oltre 20 giorni.