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La Procura nazionale del Cile deve assicurare che alcuni alti gradi dei Carabineros, la polizia nazionale, siano indagati per le loro possibili responsabilità nelle violazioni dei diritti umani commesse durante le manifestazioni del 2019. Tra le persone che dovrebbero essere oggetto di indagini figurano il direttore generale e il suo vice, il direttore per la sicurezza e l’ordine pubblico e alcuni comandanti operativi della Zona metropolitana.
In un rapporto pubblicato in occasione del primo anniversario delle proteste di massa in Cile, i nostri ricercatori hanno analizzato l’operato dei Carabineros tra il 18 ottobre e il 30 novembre 2019, giungendo alla conclusione che gravi violazioni dei diritti umani, tra cui quella del diritto dei manifestanti all’incolumità fisica, sono state commesse su vasta scala poiché coloro che erano in posizioni di comando non hanno fatto tutto il necessario per impedirle.
Casi di eccessivo uso della forza hanno continuato a essere registrati fino al marzo di quest’anno, quando le manifestazioni sono temporaneamente cessate a causa della pandemia da Covid-19, per riprendere di recente, come nel caso di un ragazzo di 16 anni scaraventato giù da un ponte da un carabinero, che ora è accusato di tentato omicidio.
“Chi, all’interno dei Carabineros, aveva responsabilità di comando ha consentito maltrattamenti e torture ai danni dei manifestanti, considerando tali atti come necessari per disperdere a ogni costo le proteste. Attraverso ordini taciti od omissioni volute, sono state incoraggiate gravi violazioni dei diritti umani come quelle, tra molte altre, contro Gustavo Gatica e Fabiola Campillai“, ha dichiarato in una nota ufficiale Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.
“La catena di omissioni attraverso cui siamo risaliti ha dimostrato che gli atti di violenza, lungi dall’essere azioni isolate decise di propria iniziativa, sono stati commessi perché vi era l’ordine di scoraggiare in ogni modo le proteste sociali“, ha aggiunto Guevara-Rosas.
L’uso eccessivo della forza, i comportamenti illegali e l’impunità per le violazioni dei diritti umani commesse dai Carabineros non sono novità emerse a partire dall’ottobre 2019 bensì una costante storica che rende inevitabile una riforma strutturale dei Carabineros, che includa meccanismi efficaci e indipendenti di accertamento delle responsabilità.
Attraverso l’analisi dei fascicoli d’indagine, atti giudiziari, interviste, analisi di oltre 200 filmati e 14 richieste formali a vari ministeri, i nostri ricercatori hanno esaminato a fondo la violazione del diritto alla vita e del diritto all’integrità fisica di 12 persone.
Al termine di quest’analisi, siamo giunti alla conclusione che il direttore generale dei Carabineros, il suo vice e il direttore per la sicurezza e l’ordine pubblico come minimo non potevano non essere a conoscenza delle violazioni dei diritti umani in atto. Relazioni interne, ad esempio, facevano riferimento a gravi ferite, anche agli occhi, causate quotidianamente dall’uso di fucili da caccia e dei gas lacrimogeni, per un totale di 347 casi al 30 novembre 2019. Nel marzo 2020 l’Istituto nazionale per i diritti umani ha elevato il dato a 460.
Solo nel mese di ottobre, i Carabineros hanno esploso 104.000 tra proiettili veri, proiettili di gomma e altre munizioni, causando feriti ogni giorno e incuranti del fatto che le loro azioni avrebbero potuto costituire azioni criminali.
A chi era in posizione di comando strategico è servito un mese per limitare, senza mai vietarlo, l’uso di tali strumenti nonostante le relazioni interne avessero segnalato oltre 250 casi di ferimento agli occhi. Ma anche in seguito, i protocolli sono rimasti vaghi e gli ordini generali impartiti sono rimasti quasi uguali ai precedenti, senza contenere istruzioni su come minimizzare i danni ai manifestanti.
Durante il periodo esaminato dai nostri ricercatori, nonostante le oltre 4000 denunce presentate contro i Carabineros, non è stata emanata alcuna sanzione disciplinare. Delle 170 sanzioni annunciate nel luglio 2020, solo 16 hanno previsto la rimozione dall’incarico.
Alcuni funzionari con ruoli di comando strategico nella Regione metropolitana, come il capo della Zona metropolitana (Stg01) e il capo per l’ordine pubblico, il controllo e l’intervento nella Zona metropolitana (Stg04) sono a loro volta venuti meno al dovere di controllare i loro sottoposti e hanno anche diretto e coordinato azioni repressive come quella dell’8 novembre in piazza Italia, a Santiago del Cile, dove le forze speciali hanno sparato in modo indiscriminato e in direzione di organi altamente vitali del corpo.
Quel giorno, in cui Gustavo Gatica rimase accecato, sotto il comando del prefetto delle forze speciali (G-1) e dei due viceprefetti (G-2 e G-3) vennero esplose oltre 2000 cartucce contenenti ciascuna 12 pallini da caccia. Queste tattiche si sono ripetute giorno dopo giorno. Il viceprefetto G-3 è stato recentemente incriminato come presunto responsabile del ferimento di Gustavo Gatica.
Amnesty International ritiene che gli ordini dati da coloro che avevano funzioni di comando nei Carabineros non sarebbero stati attuati se il governo del presidente Sebastián Piñera avesse esercitato un adeguato controllo. I tentativi di farlo sono stati insufficienti e le parole a sostegno dell’operato dei Carabineros hanno favorito questa strategia.
“Occorrerà stabilire le responsabilità amministrative e anche penali, fino ai più alti livelli, di chi conosceva o avrebbe dovuto conoscere l’ampiezza delle violazioni dei diritti umani in corso e non fece nulla per impedirle, pur avendone la possibilità e il dovere“, ha commentato Guevara-Rosas.
“I Carabineros sono un’istituzione obsoleta che deve adattarsi ai bisogni della popolazione, sottoporsi ai poteri civili ed esercitare le sue funzioni nel rispetto assoluto dei diritti umani, della trasparenza e dell’assunzione di responsabilità“, ha concluso Guevara-Rosas.
Pur se non fanno parte dell’analisi contenuta nel suo rapporto, Amnesty International ha anche documentato violazioni dei diritti umani commesse dalle forze armate cilene, che il presidente Piñera dispiegò in alcune zone del Cile tra il 18 e il 28 ottobre durante lo stato d’emergenza, sebbene il loro compito non sia quello di controllare l’ordine pubblico durante le manifestazioni. Membri delle forze armate sono stati accusati di numerosi atti di tortura e di altre azioni crudeli, inumane e degradanti e di aver usato proiettili veri durante le proteste, con la conseguente uccisone di tre persone.