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Ventuno anni dopo la notte tra il 3 e il 4 giugno 1989, quando l’intervento dell’esercito pose fine violentemente alle manifestazioni per la democrazia di piazza Tiananmen, il governo cinese continua a rifiutare l’apertura di un’inchiesta pubblica e indipendente e a prendere di mira coloro che esprimono critiche o commemorano le vittime.
In occasione del ventunesimo anniversario della repressione di Tiananmen, Amnesty International chiede ancora una volta al governo di Pechino di applicare l’art. 35 della Costituzione e garantire il diritto alla libertà d’espressione che vi è sancito, rilasciando i prigionieri di coscienza che sono ancora in carcere per aver parlato di Tiananmen:
Tan Zuoren, attivista per i diritti dell’ambiente del Sichuan, condannato a cinque anni di carcere il 9 febbraio di quest’anno per ‘incitamento alla sovversione dei poteri dello stato’. È stato accusato di aver criticato il Partito comunista cinese e il governo, anche per la loro gestione dei fatti del 1989, in una serie di articoli e diari pubblicati online.
Hu Jia, condannato a tre anni e mezzo di carcere nell’aprile 2008 per ‘incitamento alla sovversione dei poteri dello stato’. È stato accusato di aver pubblicato articoli sul movimento per la democrazia del 1989.
Shi Tao, giornalista e poeta dello Hunan, condannato a 10 anni di carcere nel 2005 per ‘aver illegalmente fornito segreti di stato a entità straniere’. Aveva inviato una mail a destinatari all’estero, attraverso il suo account personale su Yahoo!, in cui sintetizzava le indicazioni impartite dal Dipartimento centrale per la propaganda su come i giornalisti avrebbero dovuto trattare il quindicesimo anniversario della repressione del 1989. La sua condanna si è basata anche sulle informazioni fornite da Yahoo! alle autorità cinesi.
Altre persone, già condannate e poi rilasciate per aver espresso le loro opinioni sui fatti del 1989, continuano a essere sottoposte a dure misure di sorveglianza e a ricevere intimidazioni. Tra loro figurano Zu Yonghai, Jiang Qisheng, Sun Baoqiang, Yan Kun e Zhang Lin.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 3 giugno 2010
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