Cina, continua la repressione di fine anno

27 Dicembre 2011

Tempo di lettura stimato: 3'

Dopo le condanne a nove e a dieci anni di carcere inflitte rispettivamente a Chen Wei il 23 dicembre e a Chen Xi il 26 dicembre, una terza importante figura del dissenso cinese rischia di subire una pesante condanna a causa del suo attivismo in favore dei diritti umani.

Inizia domani, infatti, il processo nei confronti di Ni Yulan, impegnata da oltre dieci anni nella difesa del diritto all’alloggio e contro gli sgomberi forzati, di cui lei stessa è stata vittima. È accusata di ‘frode’ per aver prestato assistenza legale alle vittime degli sgomberi forzati pur non avendo, secondo le autorità, la licenza da avvocata. Suo marito, Dong Jiqin, deve rispondere invece di ‘aver provocato liti e causato problemi’.

È da quasi un decennio che le autorità cinesi cercano di rendere impossibile la vita a Ni Yulan. Nel 2002, all’epoca del primo arresto, è stata torturata per diversi giorni in una stazione di polizia di Pechino fino a subire fratture alle ossa dei piedi e alle ginocchia, motivo per cui da allora è costretta a stare su una sedia a rotelle. Per aver osato denunciare il trattamento subito, è stata condannata a un anno di carcere per ‘intralcio al lavoro delle autorità’.

Dal 2003, Ni Yulan ha ripreso a difendere le vittime degli sgomberi forzati, impegno aumentato con l’approssimarsi delle Olimpiadi del 2008. Poco prima dell’inaugurazione dei Giochi olimpici è stata arrestata, torturata e condannata a due anni di carcere per aver cercato di opporsi alla demolizione della sua abitazione.

L’ultimo arresto risale al 7 aprile di quest’anno. Da allora, Ni Yulan e Dong Jiqin hanno potuto incontrare gli avvocati non più di due o tre volte.

FINE DEL COMUNICATO                                                         Roma, 28 dicembre 2011
Per approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348-6974361 – 348 6976920, e-mail: press@amnesty.it