Cina: giro di vite sui diritti umani alla vigilia del conferimento del premio Nobel per la pace

9 Dicembre 2010

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Amnesty International ha chiesto al governo cinese di mettere fine all’intensificata repressione nei confronti dei difensori dei diritti umani, alla vigilia della cerimonia di conferimento del premio Nobel per la pace, che si terrà ad Oslo il 10 dicembre.

L’organizzazione per i diritti umani e associazioni cinesi hanno documentato centinaia di casi di persone arrestate e sottoposte a interrogatori in vista dell’avvenimento che renderà omaggio all’attivista per i diritti umani Liu Xiaobo.

Le restrizioni alla libertà di movimento imposte dal governo cinese non colpiscono solo i difensori dei diritti umani, ma anche coloro che normalmente viaggiano e che in qualche modo sono giudicati persone sospette dal governo di Pechino.  Questa reazione viola la legge cinese gli obblighi internazionali del paese e costituisce una rottura dello stato di diritto.

Liu Xiaobo sta scontando una condanna a 11 anni di carcere  per ‘incitamento alla sovversione dei poteri dello stato’ per essere stato tra i promotori della ‘Carta 08’, un manifesto in favore di riforme politiche e legali e di un sistema democratico e rispettoso dei diritti umani in Cina.

Tra le migliaia di prigionieri politici e di coscienza attualmente in carcere in Cina, vi sono:

Liu Xianbin, attivista della provincia del Sichuan in carcere dal 28 giugno 2010 e sospettato di ‘incitamento alla sovversione dei poteri dello stato”;

Gao Zhisheng, descritto come uno dei ’10 migliori avvocati’ della Cina dal  ministero della Giustizia nel 2001, successivamente arrestato e torturato a causa delle sue attività in favore dei diritti umani e ‘scomparso’ dopo essere stato prelevato dalla polizia nella sua abitazione il 4 febbraio 2009, nella provincia di  Shaanxi;

Tan Zuoren, ambientalista della provincia del Sichuan, noto per aver criticato la non conformità delle costruzioni distrutte dal terremoto del 2008 alle norme in materia e successivamente accusato di ‘incitamento alla sovversione del potere dello stato’ per aver commemorato il massacro di piazza Tiananmen e condannato a cinque anni di carcere;

Hairat Niyaz, giornalista uiguro, condannato a 15 anni per ‘aver messo in pericolo la sicurezza dello stato’ sulla scia dei disordini di Urumqi dell’estate 2009;

Dhondup Wangchen, autore cinematografico tibetano, torturato e detenuto senza accuse per oltre un anno prima di essere condannato a sei anni di carcere nell’ambito di un processo celebrato a porte chiuse per ‘incitamento al separatismo’.

Amnesty International ha chiesto al governo cinese di rilasciare Liu Xiaobo e tutti gli altri prigionieri di coscienza e di rispettare gli standard internazionalmente riconosciuti sui diritti umani, molti dei quali sanciti dalla stessa Costituzione cinese.

La recente repressione coincide anche con una campagna concertata dalle autorità cinesi per sabotare la cerimonia di conferimento del premio Nobel per la pace.

Avrebbe potuto ricevere il premio la moglie di Liu Xiaobo, ma è stata arrestata ed è attualmente agli arresti domiciliari a Pechino. Da quasi due mesi la donna non può circolare liberamente né entrare in contatto con i suoi amici  o con la sua famiglia.

Inoltre, le autorità cinesi hanno fatto pressioni politiche ed economiche su altri paesi affinché boicottino la cerimonia. Nonostante questo solo 18 paesi hanno declinato l’invito.

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