Cina: porre fine alla censura di Internet

13 Gennaio 2010

Tempo di lettura stimato: 4'

(14 gennaio 2010)

Amnesty International ha sollecitato ancora una volta le autorità cinesi a porre fine alla censura di Internet dopo le preoccupazioni sollevate, mercoledì 13 gennaio, da Google sugli attacchi informatici agli account della posta elettronica di attivisti per i diritti umani cinesi. L’azienda ha chiesto alle autorità cinesi un incontro urgente per discutere della censura di Internet e dei suoi progetti per rimuovere il meccanismo di filtraggio dal motore di ricerca in Cina.
                                                                                        
Diverse aziende che operano nel paese, inclusa Google, hanno in passato assecondato le richieste di censura da parte del governo, inclusa quella di rimuovere i siti web ‘sensibili’ dai motori di ricerca. 
 
Amnesty International apprezza il passo avanti fatto da Google, che ha pubblicamente esposto le sue preoccupazioni circa il rispetto del diritto alla riservatezza e della libertà di espressione dei suoi clienti e sottolineato la necessità di accedere a un’informazione non censurata. L’organizzazione per i diritti umani si augura che altre aziende seguano l’esempio di Google. 
 
L’organizzazione per i diritti umani chiede ora a Google di sollevare con il governo cinese le sue preoccupazioni circa le attività di pirateria informatica che hanno origine in Cina e sollecita le altre aziende che operano in Cina a rispettare il diritto alla libertà di espressione degli utenti del web e a non cooperare con le autorità nella censura di Internet e nell’autoregolamentazione della circolazione delle informazioni.
 
La Cina applica una vasta censura della rete attraverso il filtraggio di specifiche parole chiave e soggetti politicamente sensibili, e il conseguente blocco di alcuni risultati dai motori di ricerca. Numerosi siti web, inclusi quelli che trattano di diritti umani come il sito di Amnesty International, sono oscurati perché considerati politicamente sensibili dalle autorità. 
 
Diversi attivisti per i diritti umani sono stati condannati a lunghi periodi di detenzione per avere diffuso informazioni su Internet. Tra questi, Liu Xiaobo, condannato a 11 anni di carcere per aver scritto articoli politici e per aver aderito a Carta 08, un appello lanciato su Internet per chiedere riforme democratiche e il rispetto dei diritti umani in Cina. Il giornalista Shi Tao Shi Tai è stato condannato a 10 anni di prigione per ‘aver fornito illegalmente segreti di stato a soggetti stranieri’. Le autorità cinesi hanno acquisito le informazioni sul suo account di posta elettronica dall’azienda titolare della casella, Yahoo, e le hanno usate per raccogliere le prove per incriminare Shi Tao.

Maggiori informazioni sono disponibili online