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In un nuovo rapporto presentato oggi a Madrid, Amnesty International ha criticato il governo colombiano per aver dato ‘semaforo verde’ agli attacchi contro i difensori dei diritti umani e ha chiesto alla comunità internazionale un impegno più efficace a sostegno degli attivisti locali.
Il rapporto, che descrive numerosi casi individuali, mette in luce le difficoltà cui vanno incontro centinaia e centinaia di persone e organizzazioni che, sia nei centri urbani che nelle zone più remote della Colombia, agiscono quotidianamente per difendere la popolazione civile e porre fine all’impunità.
‘Gli attacchi contro gli attivisti per i diritti umani hanno un duplice scopo: ridurli al silenzio e scoraggiarli dal proseguire nella propria opera‘ – ha dichiarato Sofia Nordenmark, coordinatrice delle azioni in favore dei difensori dei diritti umani di Amnesty International. ‘Alcuni attivisti ricevono minacce così regolarmente da considerarle ormai una routine, ma altri sono stati costretti a lasciare il proprio territorio‘.
Un caso emblematico contenuto nel rapporto di Amnesty International è quello di Luis Torres, un difensore dei diritti umani della comunità di El Salado. Torres ha rappresentato la comunità nei confronti delle autorità, in relazione a due massacri attribuiti ai gruppi paramilitari appoggiati dall’esercito colombiano. Ha inoltre svolto una campagna per il rientro, in condizioni di sicurezza, dei membri della comunità di El Salado, che erano precedentemente fuggiti a seguito delle minacce ricevute dal gruppo della guerriglia Forze armate rivoluzionarie di Colombia (Farc). Arrestato il 26 maggio 2005 e accusato di ribellione, è stato posto in libertà condizionata l’8 giugno dello stesso anno. L’inchiesta nei suoi confronti, tuttavia, rimane aperta nonostante non vi sia alcuna prova dimostrabile a suo carico.
Dalla ricerca di Amnesty International è emerso che i singoli attacchi, tra cui minacce e omicidi, fanno parte di una più ampia strategia destinata a zittire le denunce sulle violazioni dei diritti umani e sui legami tra paramilitari e forze armate.
‘La strategia ufficiale nei confronti dei difensori dei diritti umani sembra essere a tre livelli: il governo mette pubblicamente in dubbio la loro legittimità, avvia processi basati su prove inesistenti e, al contrario, consente l’impunità dei responsabili degli attacchi, anche quando le prove a loro carico sono ampiamente disponibili‘ – ha commentato Nordenmark. ‘L’impunità è un’arma pericolosa, in quanto diffonde il messaggio che la popolazione deve rinunciare a chiedere giustizia‘.
In risposta alle richieste di protezione, il governo colombiano ha sviluppato un certo numero di programmi volti alla tutela di singoli attivisti per i diritti umani, sindacalisti e giornalisti. I programmi, di cui stanno beneficiando centinaia di persone, prevedono la fornitura di scorte, giubbotti antiproiettile e mezzi di trasporto speciali.
‘Ma le misure pratiche di protezione non sono abbastanza se non vengono create le condizioni affinché gli attivisti per i diritti umani possano operare liberamente. Il modo migliore per proteggerli è portare di fronte alla giustizia chi li attacca‘ – ha concluso Nordenmark.
Amnesty International ha chiesto al presidente Uribe di usare il suo secondo mandato per porre finalmente termine all’endemica impunità, attraverso il pubblico riconoscimento della legittimità del lavoro degli attivisti per i diritti umani, la garanzia che i responsabili di violazioni dei diritti siano consegnati alla giustizia e la rinuncia ad azioni penali infondate contro gli attivisti per i diritti umani.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 7 settembre 2006
Il rapporto ‘Colombia, paura e intimidazione – I pericoli del lavoro per i diritti umani’ è disponibile in lingua inglese presso l’Ufficio stampa e on line all’indirizzo: http://web.amnesty.org/library/index/ENGAMR230332006
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