Colombia: un anno dopo l’accordo di pace con le Farc, civili sempre in pericolo e nuove minacce

22 Novembre 2017

GUILLERMO LEGARIA/AFP/Getty Images

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Un anno dopo la firma dell’accordo di pace tra il governo e le Forze armate rivoluzionarie di Colombia (Farc), altri gruppi guerriglieri e paramilitari si contendono ancora parti del territorio portando avanti un conflitto che continua ad avere conseguenze drammatiche per la popolazione civile.

Il documento “The years of solitude” esamina come l’accordo del 24 settembre 2016 sta avendo effetti molto limitati sulla vita delle comunità native e di quelle di discendenza africana nel dipartimento di Chocó, nella Colombia occidentale, dove il 60 per cento della popolazione è riconosciuta come vittima del conflitto armato.

L’accordo di pace era stato concepito per porre fine a un conflitto armato iniziato 50 anni prima, che ha causato la morte di oltre 220.000 colombiani e lo sfollamento forzato di quasi sette milioni di persone.

“Sebbene dall’accordo di pace tra il governo e le Farc il numero delle vittime civili sia diminuito, il conflitto armato è ancora una realtà per milioni di colombiani”, ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.

“In dipartimenti come quello di Chocó, lo stato non si vede da nessuna parte e intere comunità sono lasciate alla mercé di altri gruppi guerriglieri e paramilitari. C’è ancora molto da fare perché il processo di pace porti un concreto cambiamento nella vita delle persone”, ha aggiunto Shetty.

“La Colombia è di fronte a un grande bivio. Se il governo non coglierà l’occasione di proteggere comunità terrorizzate per tanto tempo dai gruppi armati, il futuro continuerà a essere tetro. Le autorità devono assicurare che l’accordo di pace venga attuato fino in fondo e che saranno presi ulteriori provvedimenti per impedire che gli altri gruppi guerriglieri e paramilitari proseguano a seminare terrore nella popolazione”, ha proseguito Shetty.

Amnesty International ha visitato alcune zone del Chocó, una regione ricca di risorse e ambita sia dai gruppi armati della guerriglia che dai paramilitari. I nativi e i discendenti africani incontrati hanno lamentato la lentezza dell’applicazione dell’accordo di pace e la presenza di altri gruppi nel territorio, dove si avverte invece la mancanza dello stato.

La presenza di vari gruppi armati nel Chocó ha costretto migliaia di persone a lasciare le loro case e i loro mezzi di sostentamento, senza ottenere protezione e sostegno da parte dello stato. In alcuni casi, le comunità si sono trasferite in zone altrettanto pericolose e sovraffollate, senza accesso all’acqua potabile, con cibo insufficiente e con poche prospettive di fare rientro.

I difensori dei diritti umani e i leader delle comunità locali che denunciano le violenze subiscono minacce e sono persino uccisi. Una delle ultime vittime è stata Aulio Isaramá Forastero, leader indigeno del Chocó, assassinato il 24 ottobre dall’Esercito di liberazione nazionale (Eln).

Nella zona è molto diffusa anche la violenza di genere, ma molte donne e ragazze hanno paura di denunciare gli abusi.

“Se l’accordo di pace fosse veramente applicato, non ci sarebbero gruppi armati nelle nostre terre. Il governo ha fatto l’accordo con le Farc, ma che intende fare con l’Eln e coi paramilitari? Anche l’esercito, quando arriva, fa danni alle popolazioni indigene”, ha detto una nativa sfollata.

Il 2 maggio 2002 circa 120 civili, per lo più bambini, furono uccisi in uno dei peggiori massacri degli ultimi 15 anni durante scontri tra le Farc e un gruppo paramilitare per assicurarsi il controllo dei terreni nella città di Bojayá. Invano le comunità locali avevano denunciato la crescente tensione nella zona, anche anni prima del massacro.

A 15 anni di distanza, le comunità locali sono ancora in balia dei gruppi armati, tra cui l’Enl e i paramilitari, e si sentono abbandonate dallo stato che non ha intrapreso alcuna misura per garantire la sicurezza della popolazione civile ed evitare il ripetersi della violenza.

“Le molte sfide intrinseche al processo di pace non possono giustificare la mancanza di azione dello stato per applicare l’accordo e tenere la popolazione civile al sicuro”, ha commentato Shetty.

“L’unico modo per assicurare che crimini del genere non si ripetano è attuare adeguatamente tutte le parti dell’accordo di pace riguardanti la protezione delle vittime. Le prime cose da fare dovrebbero essere investire più risorse nelle unità responsabili della protezione della popolazione civile, indagare sulle violazioni dei diritti umani e riconoscere che i gruppi paramilitari sono ancora attivi nel Chocó”, ha concluso Shetty.

FINE DEL COMUNICATO

Roma, 22 novembre 2017

Il documento “The years of solitude continue” è disponibile online all’indirizzo:

https://www.amnesty.it/colombia-un-anno-laccordo-pace-le-farc-civili-sempre-pericolo-nuove-minacce/

 

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