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di Emanuele Russo, presidente di Amnesty International Italia
Cara amica, caro amico,
quando sentii per la prima volta il nome di Amnesty International, l’Italia aveva appena capito che sotto ai panni stesi a Genova, che il governo aveva ordinato di togliere in occasione del G8, era successo qualcosa di grave.
Mentre ancora si ricostruiva la vicenda della Diaz e ci si stringeva attorno alla famiglia Giuliani, le Torri Gemelle collassavano al suolo, inaugurando l’era della guerra al terrorismo e interrompendo il sentiero che solo tre anni prima aveva portato all’istituzione della Corte penale internazionale.
È allora che lo scopo di Amnesty è diventato il mio. Da allora i Patriot Act sono stati superati da Abu Ghraib e dalle rendition, l’invasione dell’Ucraina ha seguito l’assassinio di Anna Politkovskaja, la Repubblica Democratica del Congo si è insanguinata nel silenzio e, volgendo lo sguardo a est, lo Yemen subisce la stessa sorte, mentre sullo sfondo Jakarta sprofonda a causa del cambiamento climatico.
Le ceneri di Aleppo hanno generato flussi migratori che sono confluiti nel Mediterraneo, incrociandosi con le migliaia in fuga dalla Libia, e si sono scontrati contro le invisibili mura dell’Unione europea, mentre al confine tra Messico e Stati Uniti, carovane di persone hanno incontrato ben più visibili palizzate.
Nel frattempo, i Territori occupati palestinesi non hanno conosciuto nuovi orizzonti e l’Europa, le Filippine, il Brasile e innumerevoli altri paesi hanno assistito alla rinascita dei nazionalismi.
A tutto questo dobbiamo rispondere con fermezza. Abbiamo la possibilità di proporre una visione basata su inclusione e speranza. Per realizzarla dobbiamo studiare e usare tutta la nostra intelligenza, perché nella capacità di leggere il mondo e di proporre valide alternative alla violenza sta la nostra forza. Non possiamo cedere alla paura.
Lo dobbiamo a Stefano, Giulio, Marielle, Felipe ma anche a Máxima e a tutte e tutti coloro che stanno ancora lottando. Lo dobbiamo ai nostri figli e a noi stessi.
Da oltre 50 anni la nostra candela illumina l’oscurità delle carceri più remote e degli angoli più dimenticati. Rendiamola una guida per ogni persona in cerca un’alternativa all’odio. Con tutto il nostro coraggio.