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21 luglio 2023
Alla cortese attenzione del Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Giorgia Meloni, del Presidente della Camera dei Deputati, onorevole Lorenzo Fontana, e del presidente del Senato, onorevole Ignazio La Russa,
In vista della imminente Conferenza Internazionale MENA e Migrazioni del 23 luglio 2023, che riunirà le delegazioni diplomatiche di diversi Paesi della sponda sud del Mediterraneo, vi scriviamo per chiedervi di considerare le implicazioni del perseguimento di partenariati strategici per la gestione dei flussi migratori con governi autoritari e non trasparenti, tra cui Egitto e Tunisia, e con la Libia, teatro di crimini contro l’umanità. Come organizzazioni della società civile siamo profondamente preoccupati per le conseguenze sui diritti umani che i partenariati sulla gestione delle frontiere, appena firmati o in via di definizione, tra l’Ue e governi non democratici potrebbero provocare. Allo stesso modo ci preoccupa come l’Italia persista nella stipula di accordi e memorandum spesso senza alcun controllo parlamentare e senza alcuna garanzia di trasparenza.
Ciò riflette una tendenza preoccupante emersa negli ultimi anni, mentre l’UE, guidata dall’Italia, persegue attivamente accordi strategici per la gestione dei flussi migratori con governi autoritari che hanno dimostrato una forte attitudine al ricorso a risposte brutalmente repressive al dissenso pacifico, nonché ai perpetrare violazioni dei diritti umani contro migranti e richiedenti asilo per impedire loro di tentare di attraversare i loro confini e raggiungere l’Europa.
Da quando ha preso il potere nel 2014, il governo di al Sisi ha promosso una serie di leggi liberticide e pratiche repressive che hanno fatto sprofondare il Paese nella peggiore crisi dei diritti umani della sua storia moderna. Gli attacchi alla società civile e all’opposizione nonviolenta hanno portato alla disintegrazione della sfera civica, mentre le detenzioni arbitrarie, le torture e le sparizioni forzate di dissidenti sono diventate pratiche di routine. Esecuzioni extragiudiziali commesse dalle forze di sicurezza nella più totale impunità sono state ampiamente documentate.
Nel 2021, il governo egiziano ha lanciato la Strategia nazionale per i diritti umani, che nonostante le apparenze è stata denunciata da organizzazioni internazionali e regionali come un’operazione di facciata volta a riconquistare il sostegno degli alleati internazionali dell’Egitto. A quasi due anni dal lancio della Strategia, continuiamo a documentare arresti arbitrari contro giornalisti, ricercatori, attivisti, membri di sindacati e operatori di ONG egiziani. Il Dialogo nazionale lanciato dal governo di al Sisi contestualmente alla Strategia nazionale per i diritti umani, formalmente destinato ad aprire uno spazio di dialogo tra lo Stato e “tutti gli egiziani”, compresa la società civile, si è rivelato un’altra cortina di fumo quando membri dei partiti di opposizione sono stati arrestati mentre vi prendevano parte, e diversi gruppi della società civile hanno annunciato un boicottaggio in segno di protesta. Lo stesso Parlamento UE ha riconosciuto la mancanza di miglioramenti sostanziali dal lancio del Dialogo nazionale nella sua risoluzione del 24 novembre 2022.
Secondo Human Rights Watch, le autorità egiziane tentano di fuorviare i loro partner internazionali attraverso una politica di rilasci sporadici di detenuti politici di alto profilo, nel tentativo di placare l’indignazione internazionale prima della negoziazione di accordi bilaterali chiave.
L’Egitto ha anche un preoccupante bilancio di gravi violazioni dei diritti umani nei confronti di migranti e rifugiati, comprese le deportazioni illegali senza previa verifica dei requisiti per il conferimento dell’asilo, la negligenza medica nelle strutture di detenzione, e la mancata protezione delle persone migranti dalle diffuse violenze sessuali. La volontà dell’Italia e dell’Unione europea nel suo complesso di perseguire un accordo sulla migrazione con al Sisi, nonostante queste preoccupanti evidenze, suggerirebbe una grave mancanza di attenzione alla tutela dei diritti fondamentali di migranti e rifugiati, contravvenendo ai propri obblighi di tutela dei diritti umani previsti dal diritto internazionale.
Nonostante le prove sempre più evidenti del deterioramento dei diritti umani e l’ondata di indignazione scatenata dopo il rapimento e l’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni nel 2016, l’Italia ha lavorato incessantemente per rafforzare la cooperazione con l’Egitto in settori chiave della difesa e del commercio, tra cui la cooperazione di polizia e quella per il controllo delle frontiere, la vendita di armi e gli affari energetici. Nell’ultimo decennio, le autorità italiane hanno fornito agli apparati di sicurezza egiziani facenti capo al Ministero dell’Interno ingenti risorse sotto forma di formazione e scambio di know-how, armamenti e tecnologie di sorveglianza, rafforzando di fatto la loro capacità repressiva. Ciò suggerisce che l’Italia ha un ruolo nellacrisi dei diritti umani in Egitto, oltre ad indirizzare i fondi per la cooperazione nelle mani di un governo insolvente la cui politica economica fallimentare e la cattiva gestione dei prestiti internazionali mette a repentaglio la stabilità interna e nella regione.
Ci preoccupa il fatto che, nonostante l’Egitto sia stato classificato come ad alto rischio di default, e mentre i suoi 100 milioni di abitanti versano in condizioni di povertà acuta che spinge decine di migliaia di persone a cercare di raggiungere l’Europa via mare, l’Ue persiste, contro ogni evidenza, a trattare al Sisi come un partner strategico credibile, in grado di garantire la stabilità e la pace nella regione.
La repressione del dissenso civico che è diventata endemica in Egitto facilita il dirottamento della spesa pubblica e dei prestiti e finanziamenti internazionali nelle mani di una cerchia di alti funzionari della sicurezza vicini allo stesso al Sisi, come ha recentemente sottolineato il German Institute for international & Security Affairs, secondo cui la repressione del dissenso in Egitto facilita la strumentalizzazione della politica del debito per le politiche di potere impedendo qualsiasi controllo democratico dal basso sulla spesa pubblica, mentre la mancanza di trasparenza rende impossibile per i creditori stranieri il monitoraggio delle riforme economiche.
L’Egitto non sarà l’unico Paese nordafricano con un bilancio catastrofico in materia di diritti umani presente alla conferenza: è infatti attesa anche una delegazione tunisina. Il 16 luglio, una delegazione dell’Unione europea di cui lei, primo ministro Meloni, faceva parte, ha firmato un Memorandum d’Intesa con il presidente tunisino Kais Saied. Saied ha imposto il suo governo autoritario sulla Tunisia dopo aver preso il potere, sciogliendo il Parlamento e lanciando un giro di vite contro il dissenso nonviolento e la società civile. Il recente memorandum d’intesa tra l’Ue e la Tunisia viola il diritto alla libertà di movimento e alla ricerca di asilo, e mette in pericolo la vita e la sicurezza dei migranti trattando la Tunisia come un “Paese sicuro”. Questo è evidente sopratutto davanti agli abusi da parte delle autorità tunisine, ampiamente documentati, contro persone Nere africane migranti, che comprendono arresti e detenzione arbitraria, espulsioni collettive, in un contesto di generale discriminazione e eccesso dell’uso della forza. Tra il 2 e il 6 luglio le autorità militari e di polizia tunisine hanno respinto centinaia di persone (tra cui minori e richiedenti asilo e registrati presso l’UNHCR) provenienti dall’Africa centrale e occidentale, verso la Libia, dopo averle sottoposte a violenze e abusi.
Il principio di condizionalità è diventato progressivamente un pilastro della politica migratoria dell’UE, vincolando i Paesi partner ad agire come hub migratori in cambio di politiche di visto più favorevoli o di aiuti allo sviluppo, spesso senza alcun vincolo sul rispetto dei diritti fondamentali. Tuttavia, come hanno denunciato in numerose occasioni dal 2015 ad oggi le organizzazioni della società civile la condizionalità rappresenta un modello di cooperazione inadeguato, perché va contro gli impegni assunti dall’Ue in materia di protezione dei diritti umani e riduce la trasparenza e l’accountability dell’assistenza allo sviluppo.
La condizionalità e il processo di esternalizzazione dei confini europei violano i diritti umani alla libertà di movimento e al diritto di chiedere asilo, creando aree grigie in cui vengono perpetrate pratiche di sorveglianza e di detenzione abusive nei confronti di migranti e rifugiati.
Chiediamo a Lei, Presidente del Consiglio Meloni, di rivedere la scelta di perseguire partenariati strategici per la gestione dei flussi migratori con governi autoritari, tra cui l’Egitto, poiché tali accordi ne rafforzano la legittimità e forniscono loro risorse per la repressione interna. Ribadiamo la nostra richiesta di una profonda revisione delle relazioni bilaterali con l’Egitto di al Sisi, la Tunisia di Saied, così come con la Libia, la Turchia e altri partner della regione mediterranea dove i diritti delle persone migranti non sono rispettati, ponendo fine alla complicità dell’Ue nelle violazioni dei diritti umani perpetrate in questi Paesi.
Invitiamo il Presidente del Consiglio Meloni, in occasione della Conferenza Internazionale MENA e Migrazioni del 23 luglio 2023, a:
Esortiamo il Parlamento a prendere posizione davanti al Governo nell’esercizio del proprio ruolo di controllo democratico sugli accordi internazionali e sulla spesa impiegata per il controllo dei flussi migratori, vigilando sulla conformità di tali accordi e delle attività messe in essere nel loro ambito agli impegni dell’Italia in materia di tutela dei diritti umani.
Vi ringraziamo per l’attenzione e porgiamo i più distinti saluti,