Omicidio Giulio Regeni: tutte le ultime notizie

13 Settembre 2019

Giulio Regeni

Tempo di lettura stimato: 11'

Sono trascorsi oltre tre anni dalla scomparsa e dall’uccisione di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano il cui corpo senza vita venne ritrovato alla periferia del Cairo il 3 febbraio 2016.

Abbiamo raccolto tutte le notizie aggiornate sulla morte di Giulio per chiedere, con ancora maggiore forza, Verità per Giulio.

Sfoglia tutte le notizie sull’omicidio di Giulio Regeni

2019
2018
2017-2016

Le ultime notizie aggiornate

14 settembre 2019 – A due anni dal ritorno dell’ambasciatore Cantini al Cairo, nessun passo avanti è stato fatto nelle indagini sulla morte di Giulio; tanti, invece, gli accordi economici e commerciali(anche aventi ad oggetto armi e sistemi software che consentono di spiare a distanza dati e informazioni personali) tra il nostro Paese e l’Egitto.

4 settembre 2019 – I genitori del ricercatore italiano sequestrato, torturato e ucciso al Cairo all’inizio del 2016 chiedono a Luigi Di Maio, diventato ministro degli Esteri, di reagire subito a silenzi, coperture e omertà egiziane sulla drammatica fine del loro ragazzo: “Ora che ha il potere e la responsabilità di porre in essere quelle conseguenze minacciate nei confronti del governo egiziano, confidiamo che il ministro vorrà come prima cosa richiamare il nostro ambasciatore e pretendere la verità fino ad oggi nascosta e negata”, dicono Paola e Claudio Regeni.

25 agosto 2019 – Incontro del presidente egiziano Al Sisi con Giuseppe Conte a margine del G7 in corso a Biarritz, in Francia. Il presidente egiziano ha assicurato al premier italiano “l’impegno per scoprire le circostanze del caso e arrivare ai criminali e consegnarli alla giustizia“. “La determinazione del governo italiano, interprete dell’opinione pubblica, a chiedere effettivi risultati dalle indagini sul caso Regeni, è stata ribadita – ha detto Conte. “Tale determinazione – ha aggiunto – non verrà meno anche da parte dei prossimi governi“.

25 giugno 2019 – Il 20 giugno il governatore della regione Friuli Venezia Giulia ha deciso di rimuovere in modo permanente lo striscione “Verità per Giulio Regeni”. Per Amnesty International Italia è “una decisione sbagliata presa nel momento sbagliato”.

Proprio mentre alti esponenti egiziani rilanciano la falsa tesi dell’omicidio di criminalità comune che potrebbe riguardare chiunque ovunque nel mondo e dall’interno del paese arrivano preoccupanti notizie sulla repressione in atto ai danni di avvocati e difensori dei diritti umani che collaborano alla ricerca della verità, il governatore Fedriga – ridicolizzando tra l’altro le campagne fatte “con striscioni e braccialetti” – dà una mano a coloro che ritengono che la ricerca della verità sia un fatto temporaneo, legato a contingenze politiche e che dopo un po’ vada abbandonata.

17 giugno 2019 – Un ministro egiziano, in un consesso internazionale, ha accreditato l’ipotesi che Giulio Regeni sia stato torturato e ucciso in un caso di criminalità. È quanto emerge dal sito Al Bawaba che sintetizza dichiarazioni fatte dal ministro del Lavoro egiziano Mohamed Saafan alla 108/a sessione della Conferenza internazionale del lavoro in corso a Ginevra.

“In risposta a quanto evocato da alcuni” partecipanti alla conferenza “a proposito dell’omicidio dell’accademico italiano Regeni, il ministro del Lavoro ha detto che questo caso è di natura criminale” e “deve essere trattato attraverso la Procura generale egiziana e la sua omologa italiana”, scrive il sito.

Saafan “ha sottolineato che si tratta di un omicidio ordinario che sarebbe potuto accadere in qualsiasi Stato, come gli omicidi di egiziani in Italia o quelli di qualsiasi altra persona di qualsiasi altra nazionalità”, aggiunge il sito egiziano.

21 maggio 2019 – Ad AmalFathy il premio Bruno Kreisky, premiata per il suo coraggioso lavoro di difesa dei diritti umani in Egitto. “I difensori dei diritti umani stanno attualmente vivendo livelli di repressione senza precedenti in Egitto l’assegnazione del premio ad Amal Fathy contribuisce ad aumentare sia il riconoscimento internazionaledegli sforzi personali compiuti da Amal in tema di diritti umani, sia quelli del movimento per i diritti umani egiziano nel suo insieme”, si legge nelle motivazioni.

Il Premio Bruno Kreisky è un premio biennale creato nell’ottobre del 1976 in occasione del 65esimo compleanno di Bruno Kreisky, un politico austriaco, che è stato ministro degli Esteri dal 1959 al 1966 e Cancelliere dal 1970 al 1983.

Kreisky fu arrestato una prima volta nel gennaio 1935 e incarcerato per più di un anno;  è stato arrestato una seconda volta nel 1938. In seguito ha dovuto lasciare il paese e ha trascorso il suo esilio in Svezia, dove ha lavorato nel giornalismo e nella politica.

Nel 1951 è tornato al suo paese ed è stato nominato per diversi incarichi politici per costruire la moderna Austria e ha trascorso più di 25 anni in politica.

La Fondazione per i diritti umani di Bruno Kreisky sceglie i vincitori provenienti da tutto il mondo per il loro lavoro e impegno nel campo dei diritti umani nei loro paesi.

5 maggio 2019 – Ci sono importanti novità sul caso di Giulio Regeni. Un funzionario dell’intelligence egiziana ha raccontato di aver preso parte al sequestro del giovane ricercatore italiano ucciso al Cairo in circostanze misteriose nel gennaio 2016.

“Credevamo che fosse una spia inglese, lo abbiamo preso, io sono andato e dopo averlo caricato in macchina abbiamo dovuto picchiarlo. Io stesso l’ho colpito più volte al volto”, avrebbe riferito l’agente a un collega straniero nel corso di una riunione di poliziotti africani avvenuta nell’estate 2017.

A rivelare la conversazione, scrivono i giornali, è stata una persona che ha assistito alla conversazione.

Questa persona ha deciso di raccontare tutto agli avvocati e ai consulenti della famiglia Regeni, coordinati dall’avvocato Alessandra Ballerini, i quali messo il racconto a disposizione della Procura di Roma che indaga sul caso.

Secondo quanto riportato, il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e il sostituto Sergio Colaiocco considerano la testimonianza attendibile, tanto che nei giorni scorsi hanno inoltrato al Cairo una nuova rogatoria “in cui chiedono informazioni che potrebbero fornire ulteriori riscontri”.

30 aprile 2019 – La Camera dei deputati ha approvato l’istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. In favore hanno votato tutti i gruppi tranne Forza Italia, che si è astenuta, dopo la bocciatura di un proprio emendamento. I sì sono stati 379, gli astenuti 54. Un lungo applauso dell’aula ha salutato l’approvazione.

La Commissione, che avrà gli stessi poteri della magistratura dovrà concludere entro 12 mesi la propria inchiesta, con una relazione, ma essa potrà riferire alla Camera “anche nel corso dei propri lavori, ove ne ravvisi la necessità o l’opportunità”.

29 aprile 2019 – È iniziata la discussione sull’istituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni.

La Commissione composta da 20 deputati che, “con gli stessi poteri e limiti dell’Autorità giudiziaria” indagherà per i prossimi diciotto mesi “con lo scopo di accertare le responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni, nonché i moventi e le circostanze del suo assassinio”.

Alla Camera, il 29 aprile, erano presenti solo 19 deputati: “Un’immagine desolanteha commentato il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury . Come un’informale riunione di condominio senza l’obbligo del numero legale“.

Del resto, con poche lodevoli eccezioni, nei tre anni e tre mesi trascorsi dal giorno in cui Giulio scomparve al Cairo, le azioni delle istituzioni italiane per pretendere la verità sono state esattamente quello: varie e, soprattutto, eventuali“.

25 gennaio 2019 – In occasione del terzo anniversario dalla scomparsa di Giulio Regeni le manifestazioni organizzate in tutta Italia hanno con forza ribadito la nostra richiesta di verità su quanto accaduto in Egitto al ricercatore italiano.

In totale sono state 103 le piazze che il 25 gennaio hanno ricordato con una fiaccolata il momento della scomparsa di Giulio Regeni: ben 73 organizzate dagli attivisti di Amnesty International e 30 realizzate grazie al sostegno di altre associazioni e organizzazioni nazionali e locali.

Verità per Giulio Regeni è stata chiesta, nella settimana dal 21 al 25 gennaio, dagli alunni e dagli insegnanti di 80 scuole italiane.

Le immagini dalle piazze

#3annisenzaGiulio: le iniziative nelle scuole

Giulio Regeni era uno studioso coraggioso e indipendente, che ha sacrificato la sua vita in nome della libertà di ricerca e di informazione.

Cosa chiediamo

Alla luce delle ultime ricerche di Amnesty International, chiediamo misure per porre fine alle sparizioni forzate, ai maltrattamenti e alle torture in Egitto.

Chiediamo di istituire una commissione d’indagine indipendente, che conduca indagini su tutte le accuse di sparizioni forzate, maltrattamenti e torture ai danni di detenuti da parte dell’Agenzia per la sicurezza nazionale, delle forze civili e militari di sicurezza, d’intelligence e di ogni altro genere.

Chiediamo che venga finalmente fatta luce sulla morte di Giulio. Chiediamo #veritàpergiulio

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Tutte le ultime notizie su Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano trovato morto alla periferia del Cairo il 3 febbraio 2016.

Omicidio Giulio Regeni: i fatti del 2018

18 dicembre 2018 – Un tribunale del Cairo ha disposto il rilascio con la condizionale di Amal Fahty, moglie del direttore della Commissione egiziana per i diritti e le libertà. Fathy continua a essere indagata per le inesistenti accuse di terrorismo e diffusione di notizie false. Il 30 dicembre vi sarà il processo d’appello contro la condanna a due anni per aver diffuso un video in cui accusava il governo egiziano di non difendere le donne dalle molestie sessuali.

14 dicembre 2018 – Quando manca poco più di un mese al terzo anniversario della scomparsa di Giulio e dopo 15 mesi dal rientro dell’ambasciatore al Cairo, registriamo una preoccupante impennata dei voli di rimpatrio forzato verso l’Egitto.

Impennata segnalata dal Garante per i diritti delle persone detenute o private della libertà personale Mauro Palma: “Proprio nel momento in cui, dopo la conferma della mancata collaborazione delle autorità egiziane nelle indagini sui responsabili della tortura e dell’assassinio di Giulio Regeni, forme di cooperazione istituzionali con l’Egitto vengono sospese, si ha la sensazione che, viceversa, la collaborazione fra i due paesi in tema di rimpatri forzati sia entrata in una fase di rilancio”.

13 dicembre 2018 – In occasione della riunione del Consiglio di Associazione UE-Egitto prevista per il 20 dicembre 2018, il Parlamento europeo ha esortato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini e gli Stati membri a mantenere una posizione unitaria in materia di diritti umani e ad adottare sanzioni se il governo del Cairo continuerà a violare i diritti fondamentali.

Inoltre i deputati hanno sottolineato che l’Egitto ha nuovamente respinto la richiesta della procura italiana di identificare gli agenti coinvolti nella scomparsa e nella morte di Giulio Regeni.

Il Parlamento ha esortato inoltre gli Stati membri a porre fine all’export verso l’Egitto di tecnologie di sorveglianza che possono facilitare gli attacchi informatici contro i difensori dei diritti umani e gli attivisti, anche tramite i social media.

Nella risoluzione si legge anche: “Si ricorda alle autorità egiziane la loro responsabilità per la sicurezza dei membri italiani ed egiziani del team legale che sta investigando sul caso di Giulio Regeni”.

28 novembre 2018La Procura di Roma ha deciso di formalizzare l’iscrizione nel registro degli indagati di alcuni dei nove soggetti, tra poliziotti egiziani e agenti del servizio segreto civile, ritenuti coinvolti nell’omicidio di Giulio Regeni.

Su parte dei nomi inclusi nella lista di sospettati, consegnata dai magistrati italiani a quelli egiziani nel dicembre 2017, ora la procura di Roma indagherà per proprio conto.

Secondo gli investigatori di Ros e Sco, gli indagati hanno avuto un ruolo nel sequestro del 28enne ricercatore di origine friulana e nelle attività di depistaggio che hanno fatto seguito al ritrovamento del cadavere.

I pm hanno quindi comunicato che l’iscrizione dei nomi degli indagati “costituisce un passaggio obbligato per il nostro ordinamento processuale, step che la legislazione locale non contempla”.

Una mossa necessaria e, si spera, efficace. Che – per quanto venga definita obbligatoria e inevitabile ai sensi dell’ordinamento giuridico italiano – intanto mette le autorità egiziane di fronte a una stretta: collaborare davvero, mettendo a disposizione della procura di Roma gli indagati, o rifiutare. La tattica della perdita di tempo non potrà più funzionare“, afferma Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

17 settembre 2018 – Il presidente della Camera Roberto Fico è volato al Cairo e ha incontrato il presidente egiziano Al-Sisi. Come da lui stesso spiegato sulla sua pagina Facebook, l’incontro ha riguardato esclusivamente l’avanzamento delle indagini su Giulio Regeni.

Ho ricordo al presidente che Giulio è un nostro ricercatore, che è stato sequestrato, torturato per 7 giorni, e ucciso. Gli ho detto che di certo non è stato torturato da cittadini comuni, c’è stata una sofisticazione delle torture che non appartiene a cittadini comuni“.

Dopo due anni e mezzo e più, non c’è ancora un processo in corso, solo delle indagini, dobbiamo arrivare a un processo che sarà senza dubbio complicato, ma dobbiamo fare un passo in avanti. Senza questo passo in avanti, e l’ho detto anche al presidente del parlamento egiziano, i rapporti tra i parlamenti sono molto complicati”.

Il presidente della Camera ha fatto richiesta per un processo serio e immediato: “Se nn riusciamo a fare passi avanti seri e sostanziali in un processo che porti a una verità definitiva per prendere gli uccisori di Giulio Regeni, ma anche tutto il sistema che si muoveva dietro gli esecutori materiali, i rapporti saranno sempre complicati, tesi, poco sereni”.

13 settembre 2018 – Alla vigilia dell’ anniversario del ripristino di normali relazioni diplomatiche tra Italia ed Egitto attraverso il ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo, il direttore generale di Amnesty International Italia Gianni Rufini ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro degli Affari esteri Enzo Moavero Milanesi, chiedendo quali passi avanti, negli ultimi 12 mesi, siano stati chiesti e ottenuti per conoscere la verità sul sequestro, la sparizione, le torture e l’uccisione di Giulio Regeni.

Dobbiamo constatare che a un anno di distanza, purtroppo, le indagini non hanno visto nessuno sviluppo significativo. Il materiale messo a disposizione – con grave ritardo – da parte della procura del Cairo alla procura di Roma non ha infatti consentito di identificare alcun elemento utile alle indagini, con la conseguenza che dopo due anni e mezzo non è stato compiuto nessun progresso”, si legge nella lettera.

Rufini ha sottolineato come, da parte del governo italiano, vi sia “un dovere politico e istituzionale, non solo per la memoria di Giulio e per la sua famiglia, ma anche e soprattutto in virtù dei principi di libertà e giustizia su cui si fonda la nostra democrazia, di arrivare alla ricostruzione della verità”.

12 settembre 2018 – Il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, è stato ricevuto alla Camera dei deputati anche in rappresentanza di A buon dirittoGiulio Siamo Noi e Articolo 21, dal presidente Roberto Fico al quale ha rivolto l’auspicio che l’imminente visita in Egitto possa essere un’importante occasione per parlare di violazioni dei diritti umani.

Le tre organizzazioni e il collettivo Giulio Siamo Noi hanno promosso un presidio di fronte alla Camera per manifestare la preoccupazione per l’attivista e prigioniera di coscienza egiziana Amal Fathy, arrestata l’11 maggio al Cairo e alla quale sono stati imposti ulteriori 15 giorni di detenzione preventiva.

29 agosto 2018 – Il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi di Maio è giunto al Cairo nella serata del 28 agosto, per la sua visita ufficiale in Egitto, durante la quale ha incontrato anche il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi.

La normalizzazione dei rapporti tra l’Italia e l’Egitto “non può che passare per la verità su Giulio Regeni”, ha sottolineato il vicepremier dopo l’incontro con Al Sisi.

Di Maio ha auspicato “una svolta entro l’anno” nel caso del ricercatore italiano ucciso. “La verità su Giulio Regeni va accertata il prima possibile”, ha insistito il ministro che ha riferito: “il presidente al-Sisi mi ha detto ‘Giulio Regeni è uno di noi”.

“Avrebbero potuto dirla, quella frase, i sopravvissuti alle sparizioni forzate e alla tortura, i ‘Giulio’ e le ‘Giulia’ d’Egitto. Avrebbero potuto dirla madri, padri, mariti, mogli, sorelle, fratelli, amiche e amici di chi alle sparizioni forzate e alla tortura non è sopravvissuto”, afferma Riccardo Noury, portavoce di Amnesty.

“Quelle parole sono state offensive e inaccettabili. Ma a furia di blandirlo, omaggiarlo e riverirlo da parte di tre governi italiani consecutivi, il presidente al-Sisi ha potuto pronunciarle”.

28 agosto 2018 – Si è tenuta la nuova udienza nel processo n° 621 di procedimenti di sicurezza dello stato che vede coinvolta Amal Fathy, per la quale è stato decido un rinnovo della detenzione di altri 15 giorni.

8 agosto 2018 – Amnesty International ha condannato come uno scioccante caso di ingiustizia il rinvio a processo di Amal Fathy, l’attivista egiziana arrestata per aver condiviso online un video di denuncia sulle molestie sessuali.

Amal Fathy ha mostrato il coraggio parlando della sua esperienza di molestie sessuali e per questo dovrebbe essere lodata, non sottoposta a processo”, ha detto Najia Bounaim, direttrice delle campagne sull’Africa del nord di Amnesty International.

La prima udienza per Amal Fathy è fissata per l’11 agosto, di fronte al tribunale per i reati minori di Maadi, al Cairo. Non è ancora chiaro di cosa sia accusata. Durante le indagini preliminari, era indagata per “pubblicazione di un video in cui incitava a rovesciare il regime”, “diffusione di voci false che mettono in pericolo la sicurezza dello stato” e “uso abusivo di internet”. Le autorità egiziane da tempo usano queste accuse contro le voci critiche e i giornalisti nel tentativo di ridurli al silenzio.

Sebbene sia stato disposto il rilascio su cauzione, il 21 giugno, attualmente è in detenzione preventiva per un altro caso, in cui deve rispondere di “appartenenza a un gruppo terroristico”, “diffusione di idee che incitano ad atti terroristici” e “pubblicazione di notizie false”. Qui un approfondimento sul caso.

30 luglio 2018 – Da venerdì 11 maggio, Amal Fathy è detenuta nel carcere di massima sicurezza Torah, in Egitto. Il tribunale del Cairo ha stabilito che la donna e Haytham Mohamadein dovranno scontare altri 15 giorni di carcere.

18 luglio 2018 – Il ministro dell’Interno e vice premier Matteo Salvini, che in precedenza aveva definito una “questione familiare” la richiesta di verità per Giulio Regeni, ha incontrato al Cairo il presidente egiziano al-Sisi e il ministro dell’Interno Ghaffar, e nell’occasione, peraltro prodigo di ringraziamenti per la “collaborazione” delle autorità del Cairo, ha chiesto di fare piena luce sull’omicidio del ricercatore italiano. L’incontro ha riguardato, secondo il Viminale, “il rafforzamento delle iniziative in tema di sicurezza, contrasto all’immigrazione clandestina e al terrorismo”.

15 luglio 2018 – Si è tenuta la nuova udienza nel processo n° 621 di procedimenti di sicurezza dello stato che vede coinvolta Amal Fathy, per la quale è stato decido un rinnovo della detenzione di altri 15 giorni.

Lo stato di salute della donna resta preoccupante: Amal lamenta insensibilità all’arto inferiore sinistro ed è incapace di camminare senza aiuto.

È stata visitata da un medico che però non le ha prescritto medicine, tranne uno stabilizzatore dell’umore e vitamine B12.

Il 19 giugno, un giudice del tribunale di Maadi, nel governatorato del Cairo, aveva stabilito che Amal sarebbe stata liberata dietro il pagamento di una cauzione di 10mila sterline egiziane, pari a quasi 485 euro.

13 luglio 2018 – Il premier Giuseppe Conte ha incontrato Paola Deffendi e Claudio Regeni, genitori di Giulio Regeni.

Al termine dell’incontro, il presidente del Consiglio ha diramato una nota: “Oggi ho voluto incontrare i genitori di Giulio Regeni, dei quali comprendo il grande dolore, affinché non si sentano soli e abbandonati dalle istituzioni italiane”.

Prima di questo incontro ho acquisito dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone un aggiornamento sugli ultimi sviluppi dell’inchiesta”, continua la nota del premier.

Ho sentito anche il nostro ambasciatore in Egitto, Giampaolo Cantini, per avere ulteriori informazioni. Ammiro la perseveranza, la compostezza e il coraggio con cui questi due genitori, da due anni e mezzo, stanno combattendo per la verità e la giustizia. A Paola Deffendi e Claudio Regeni ho assicurato che questo governo è al loro fianco in questa battaglia e che farà tutto ciò che è necessario per giungere alla verità”, ha assicurato Conte.

28 giugno 2018 – Le immagini che la procura del Cairo aveva messo a disposizione di quella di Roma con enorme ritardo (la prima promessa di consegnarle risaliva al 25 luglio 2016) non contengono nulla che possa chiarire cosa successe a Giulio dopo che uscì dalla sua abitazione al Cairo, al tramonto del 25 gennaio 2016, destinato a una festa di compleanno cui mai arrivò.

Le telecamere a circuito chiuso avrebbero forse potuto, se il loro contenuto fosse stato messo a disposizione immediatamente, mostrare Giulio venire avvicinato e poi rapito nella stazione d’ingresso o in quella di uscita della linea 2 della metropolitana del Cairo, o nelle loro prossimità.

Invece, come scrive la procura di Roma in un comunicato sottoscritto anche da quella del Cairo, non solo nelle poche immagini messe a disposizione (il cinque per cento di quelle riprese dalle telecamere interne alla linea 2 il 25 gennaio 2016) non si vede mai Giulio ma ci sono diversi “buchi temporali in cui non vi sono né video né immagini”.

Dopo 29 mesi di quelle immagini non è emerso “alcun materiale di interesse investigativo”.

E bisognerà capire il perché di quei “buchi temporali”. Dunque, indagini sulle indagini. E perdite di tempo, cui le autorità del Cairo ci hanno abituato da due anni e mezzo.

16 giugno 2018 – Nel corso di un comizio a Ivrea del ministro dell’Interno Matteo Salvini, un piccolo gruppo di attivisti Radicali e di Amnesty International ha srotolato uno striscione: “Prima gli italiani… ma Giulio?“. Nel giro di pochi secondi, i manifestanti sono stati fermati dai funzionari della polizia che li hanno schedati.

Abbiamo appreso con preoccupazione dell’episodio avvenuto a Ivrea, nel corso di un comizio elettorale di Matteo Salvini, quando un gruppo di persone è stato fermato e identificato per aver esposto due striscioni riferiti a Giulio Regeni e alla situazione dei diritti umani in Egitto“, ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia.

La richiesta che lo slogan ‘prima gli italiani’ comprendesse anche la ricerca in via prioritaria della verità per Giulio Regeni era assolutamente legittima e non si doveva impedire di esprimerla”.

Non vorremmo che fosse questa una risposta, oltre che irrituale, inquietante nella forma e nel contenuto” – ha aggiunto Marchesi – “alla lettera che Amnesty International Italia ha scritto solo due giorni fa, oltre che al vice primo ministro Salvini, al presidente del Consiglio Conte, all’altro vice primo ministro Di Maio e al ministro degli Esteri Moavero Milanesi, nella quale si esprime disappunto per le dichiarazioni nelle quali Salvini, nel sottolineare l’importanza dei rapporti con l’Egitto, pare sminuire l’importanza di conoscere i nomi dei responsabili dell’arresto, della sparizione, della tortura e dell’uccisione del ricercatore italiano.

In quella lettera si ricorda come Salvini abbia più volte incalzato il precedente governo a fare di più per fare rispettare il nostro paese a livello internazionale, mentre ora, come ministro dell’Interno, sembra considerare la richiesta di verità e giustizia per Giulio Regeni come una vicenda privata della famiglia della vittima, e non, invece, come una richiesta dell’’Italia intera, della sua società civile e delle sue istituzioni”.

8 giugno 2018 – Una nostra delegazione guidata dal presidente Antonio Marchesi è stata ricevuta dal presidente della Camera Roberto Fico.

Al presidente Fico, Marchesi ha rappresentato le nostre preoccupazioni per l’intermittente e insufficiente impegno delle istituzioni italiane per accompagnare la richiesta di verità alle autorità egiziane affinché siano conosciuti i nomi dei mandanti e degli esecutori dell’arresto arbitrario, della sparizione, della tortura e dell’uccisione di Giulio Regeni, ormai oltre 28 mesi fa al Cairo.

Antonio Marchesi ha ricordato il giudizio d’inopportunità e intempestività espresso nell’estate del 2017, a seguito della decisione del governo dell’epoca di rinviare l’ambasciatore italiano in Egitto, rinunciando in questo modo all’unica forma di pressione sulle autorità del Cairo.

Nel corso dell’incontro Annunziata Marinari, responsabile della campagna “Verità per Giulio Regeni”, ha descritto l’enorme mobilitazione iniziata nel febbraio 2016 con adesioni di centinaia di enti locali, università, scuole e ulteriori luoghi di cultura così come di centinaia di migliaia di cittadine e cittadini, che hanno così dato vita a un enorme movimento per i diritti umani.

Il nostro portavoce Riccardo Noury ha sottolineato come l’uccisione di Giulio Regeni, lungi dall’essere un caso isolato o una disgrazia, debba essere collocata nel contesto di gravi violazioni dei diritti umani in corso in Egitto dal 2013, anno dal quale le sparizioni forzate di reali o percepiti oppositori o soggetti portatori di minacce alla sicurezza dello stato sono diventate più che quotidiane.

I nostri rappresentanti hanno espresso preoccupazione per l’attuale giro di vite nei confronti dei difensori dei diritti umani egiziani, soprattutto di coloro che, direttamente o indirettamente, si sono interessati alla ricerca della verità su Giulio Regeni.

Antonio Marchesi, a nome della delegazione, ha espresso grande apprezzamento per le parole del presidente Fico che ha sottolineato come non sia il tempo della memoria bensì quello della ricerca di una verità da perseguire a ogni costo, sostanziale, forte e definitiva.

7 giugno 2018 – Il tribunale di Maadi, nel governatorato del Cairo, ha confermato la detenzione preventiva per altri 15 giorni per Amal Fathy, attivista e moglie di Mohamed Lotfy, responsabile della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF), nonché legale e sostenitore dei Regeni al Cairo.

3 giugno 2018 – Oggi, 3 giugno, sono trascorsi 28 mesi dal ritrovamento, al Cairo, del corpo di Giulio Regeni. Di chi ne fece scempio, di chi quello scempio ordinò e successivamente cercò di allontanarsene ogni responsabilità, sappiamo tutto. La storia degli ultimi cinque anni dell’Egitto ce lo racconta in maniera trasparente.

E però, sul piano giudiziario, non sappiamo niente o quasi. A causa del comportamento elusivo, evasivo, dilatorio delle autorità giudiziarie cairote e – essendo del tutto prive d’indipendenza – di chi presiede alle loro azioni.

Certo, si dirà: finalmente hanno consegnato le immagini riprese dalle telecamere a circuito chiuso il 25 gennaio 2016. Parte, piccole percentuali di esse. Se fossero state consegnate la prima volta che vennero promesse – il 25 luglio 2016 – le probabilità che sia rimasto impresso qualcosa per chiarire gli ultimi minuti di presenza in pubblico di Giulio sarebbero maggiori.

Non si tratta di essere disfattisti, che sarebbe un comportamento moralmente indecente. Si tratta di dire che non basta, che non si possono esaltare i “passi avanti” ogni volta che la procura del Cairo cede qualcosa, magari dimenticando tutti quelli che avrebbero potuto essere fatti e non sono stati fatti, o che il giorno prima la repressione ha colpito, e il giorno dopo colpirà, qualche altro difensore dei diritti umani, giornalista, blogger, ricercatore che in Egitto sta dalla parte della giustizia e della ricerca della verità per Giulio.

Dalle nostre parti, dalle parti di chi la verità deve pretenderla, fa piacere l’attivismo del presidente della Camera Roberto Fico, che recentemente ha voluto vedere la famiglia Regeni e l’ambasciatore italiano al Cairo e che la prossima settimana ha organizzato ulteriori incontri.

Rinnovo, ora che il governo “Conte 2” ha giurato, l’auspicio che feci quando il governo “Conte 1” era quasi al via: che un uomo di università, ora a capo dell’Esecutivo, si preoccupi e si occupi più dei suoi precedessori di un uomo, Giulio Regeni per il quale l’università era stata, ed era destinata ad essere, il centro della sua vita e dei suoi interessi culturali.

Articolo pubblicato sul blog di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia su Pressenza.

29 maggio 2018 – Il pm della Procura di Roma, Sergio Colaiocco ha ricevuto dalla Procura Generale egiziana ciò che è stato recuperato delle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza della metropolitana la sera del 25 gennaio 2016, quando Regeni venne sequestrato. Ai pm italiani nuovi verbali e il 5% del video.

Ma dopo due anni e 4 mesi, non esisterebbero elementi utili a chiarire le circostanze del rapimento e dell’uccisione del giovane ricercatore friulano. Non c’è traccia di Giulio Regeni e degli uomini dell’apparato di sicurezza egiziano nei filmati visionati fino a ieri nella procura egiziana. A Roma si procederà con un’analisi ancora più scrupolosa di foto e filmati, ma per ora questa è la verità da consegnare alla famiglia di Giulio.

Il materiale recuperato conta circa 10mila “frame”, fermi immagine, e centinaia di sequenze video lunghe non più di una decina di secondi. A ricomporre questi frame ci ha pensato un sofisticato software in dotazione alla società russa incaricata dal governo egiziano. I filmati, infatti, erano stati “spacchettati” in singoli byte per ragioni di spazio nella memoria del server della rete metropolitana del Cairo.

25 maggio 2018 – 28 mesi dal rapimento al Cairo. Giulio Regeni “continua a fare cose” come dice sempre la mamma Paola Deffendi. E infatti, solo questa settimana, all’Università di Parma è stata inaugurata la “Sala studi Giulio Regeni” e il comune di Cisano sul Neva, nel Savonese, ha aderito alla campagna “Verità per Giulio Regeni”.

E sempre questa settimana, il “popolo giallo” ha aderito in massa (mezzo migliaio di persone negli ultimissimi giorni) al digiuno a staffetta promosso da Paola Deffendi e Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, per chiedere il rilascio di Amal Fathy, in carcere dall’11 maggio, alla quale ieri sono stati inflitti ulteriori 15 giorni di detenzione preventiva.

Da quel maledetto 25 gennaio 2016 sono trascorsi, dunque, 28 mesi. L’attenzione dell’opinione pubblica italiana resta elevatissima. Il resto del paese, quello istituzionale e ufficiale, con poche eccezioni – tra cui l’attivismo del presidente della Camera, Roberto Fico, che negli ultimi giorni ha incontrato tanto i genitori di Giulio che l’ambasciatore italiano al Cairo – ha smesso di parlare di Giulio.

Un alto rappresentante del mondo universitario ha avuto l’incarico di formare il governo. Sarebbe bello se egli desse nuovo impulso alla ricerca della verità sull’assassinio di un ricercatore italiano che proprio dell’università aveva fatto il suo mondo.

17 maggio 2018Ahmad Abdallah rischia di essere arrestato. Il consulente legale della famiglia Regeni al Cairo non si sente al sicuro e si nasconde per il timore di essere arrestato dai servizi segreti egiziani. Ha trasmesso queste righe attraverso l’avvocata Alessandra Ballerini: “Sto correndo il rischio di essere arrestato a mia volta per attentato alla sicurezza dello stato.
Proprio coloro che dovrebbero investigare e fare luce sulla morte di Giulio, stanno arrestando quelli che davvero cercano di far emergere la verità. Vi sto parlando ora mentre mi nascondo dalle Forze di sicurezza dello Stato, dormo fuori da casa mia perché ho paura che facciano del male alla mia famiglia. Posso capire perché tutto questo ci sta accadendo: vogliono creare i presupposti affinché emerga la “verità” più conveniente per loro, ma non la reale verità nel caso di Giulio.Vogliono eliminare tutti i partner egiziani che lavorano per aiutare la Famiglia Regeni in modo che nessuno possa controllare la fondatezza o meno delle informazioni estrapolate dal procedimento giudiziario egiziano“.

14 maggio 2018Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, e Alessandra Ballerini, avvocata della famiglia, iniziano lo sciopero della fame per chiedere la scarcerazione di Amal Fathy, attivista e moglie di Mohamed Lotfy, responsabile della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF), nonché legale e sostenitore dei Regeni al Cairo.

11 maggio 2018 – Arrestata al Cairo attivista sostenitrice della famiglia Regeni. Alle prime ore di venerdì 11 maggio, durante in un’incursione della polizia egiziana in casa, Amal Fathy viene presa in custodia e arrestata con due capi d’accusa:

  • Caso n. 7991 del 2018: trasmissione di un video su Facebook come mezzo pubblico per incitare a rovesciare il regime egiziano, pubblicazione del video contenente notizie false che danneggiano la pace pubblica. Uso improprio di internet.
  • Caso n. 621 del 2018 relativo alla sicurezza dello Stato: appartenenza a un’associazione terroristica, uso di internet per promuovere idee e convinzione che richiedono atti terroristici, diffusione di notizie false che danneggiano l’ordine pubblico e l’interesse nazionale.

3 febbraio 2018Due anni dal ritrovamento del cadavere di Giulio Regeni. Con questa data si segna il secondo, triste, anniversario della morte del ricercatore. Dopo due anni, la famiglia, i cittadini e gli attivisti non hanno ancora avuto ##veritàpergiulioregeni

25 gennaio 2018 – 2 anni senza Giulio. Giovedì 25 gennaio, alle 19.41, in decine di città italiane si sono accese migliaia di candele. Dopo due anni da quel 25 gennaio 2016 le autorità egiziane si ostinano ancora a non rivelare i nomi di chi ha ordinato, di chi ha eseguito, di chi ha coperto e ancora copre il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni. In tantissime piazze d’Italia attivisti di Amnesty e semplici cittadini si sono organizzati per manifestare in silenzio in ricordo di Giulio.

Il videomessaggio dei genitori di Giulio. “Venticinque gennaio 2018, due anni senza Giulio. Un tempo enorme per avere risposte sul sequestro, tortura ed uccisione del nostro caro Giulio“. Con queste parole inizia il messaggio dei genitori di Giulio Regeni diffuso in occasione dell’anniversario della scomparsa al Cairo del ricercatore italiano.

10 gennaio 2018 – L’interrogatorio alla tutor di Cambridge. Il pm della Procura di Roma Sergio Colaiocco, insieme a dei funzionari di polizia italiani e britannici, interroga negli uffici dell’università di Cambridge la professoressa egiziana Maha Abdel Rahman, tutor di Giulio Regeni. Precedentemente la polizia britannica, su richiesta della procura di Roma, aveva perquisito la casa e l’ufficio di Rahman.

Tutte le ultime notizie su Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano trovato morto alla periferia del Cairo il 3 febbraio 2016.

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2019
2018
2017-2016

Lo striscione giallo “Verità per Giulio Regeni” ha fatto il giro del mondo. Insieme a La Repubblica da febbraio 2016 abbiamo lanciato una campagna per non permettere che l’omicidio del giovane ricercatore italiano finisca per essere dimenticato, per essere catalogato tra le tante “inchieste in corso” o peggio, per essere collocato nel passato da una “versione ufficiale” del governo del Cairo.

Sono passati oltre due anni dalla morte di Giulio ma ancora non si sono scoperti i mandanti e gli esecutori dell’omicidio di Giulio. L’ambasciatore Cantini si è insediato al Cairo il 14 settembre 2017, da allora pochi sono stati i passi in avanti nella ricerca della verità.