Quali sono i gruppi vulnerabili di cui ci occupiamo nella campagna?

L’articolo 20, paragrafo 2, del Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite fa riferimento a “qualsiasi appello all’odio nazionale, razziale o religioso che costituisce incitamento alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza”.  Amnesty International, tuttavia, estende la portata di questo divieto all’incitamento all’odio su qualsiasi ulteriore base discriminatoria, quali il genere, l’orientamento sessuale, la disabilità, l’opinione politica o la lingua.

Ogni gruppo protetto in base al possesso di una di queste caratteristiche comuni è quindi, ai fini di questa campagna, un gruppo vulnerabile al discorso d’odio.  Razza ed etnia sono le più frequenti categorie di discriminazione riportate dall’OSCE/ODHIR.

Sono gruppi vulnerabili: rifugiati, migranti, stranieri, minoranze etniche, minoranze linguistiche, minoranze religiose, donne, persone LGBTI, disabili, ecc.


Amnesty International si oppone ai partiti estremisti?

Amnesty International chiede che gli stati siano responsabili delle violazioni dei diritti umani riconosciuti dal diritto internazionale e non tenta di definire o prendere posizione su sistemi di governo, ideologie o singole forze politiche. Tuttavia, appare chiaro dalle nostre ricerche che le cosiddette “politiche della demonizzazione” stanno alimentando divisione e paura in Europa e nel mondo. La nostra Organizzazione, quindi, condanna nettamente la demonizzazione di gruppi di individui attraverso l’uso di linguaggio razzista, violento o comunque discriminatorio da parte di esponenti politici e/o istituzionali, in maniera trasversale.


Amnesty International si schiera politicamente?

Amnesty è sempre stata e rimane politicamente neutrale. Vogliamo che ogni politico o leader, indipendentemente dal sistema di governo del suo paese e indipendentemente dal partito a cui appartiene, sostenga i diritti umani. Amnesty non dà indicazioni di voto alle persone. Amnesty si rivolge a tutti i leader e candidati a queste elezioni chiedendo di impegnarsi per un’Europa in cui i diritti umani siano per tutti e in cui la narrativa incentrata su paura e divisione sia sostituita da una visione di speranza.


Come è stata costruita la metodologia?

La raccolta, archiviazione e elaborazione dei dati è effettuata in modo automatico tramite algoritmi. Il campione raccolto è statisticamente significante e sarà composto da oltre 100.000 contenuti, tra tweet e post dei candidati monitorati e relative risposte e commenti, pescate in modo casuale dall’algoritmo per non eccedere nel numero. Gli utenti generici non sono identificabili, tutti i dati sensibili vengono rimossi prima di essere archiviati.

La scheda di valutazione è stata elaborata in collaborazione con ricercatori esperti di odio e discriminazione. Consente di individuare per ogni contenuto: tema (donne, Lgbti, disabilità, migranti rifugiati e persone con background migratorio, rom, minoranze religiose, solidarietà, povertà socio-economica); accezione (negativa, positiva/neutra). Se l’accezione è negativa consente di indicare la tipologia (non problematico, problematico, hate speech); se problematico o hate speech si può selezionare il target (il politico autore del contenuto, un altro politico, l’autore del commento/risposta precedente, un singolo individuo o un gruppo perché riconducibile a una categoria soggetta a discriminazione). Infine, se sia il caso, si può specificare la categoria del target (donne, lgbti, persone con disabilità, migranti rifugiati e persone con background migratorio, rom, musulmani, ebrei, un singolo o un gruppo per lo svolgimento di attività di tipo umanitario e/o solidaristico, persone in condizione di povertà socio-economica).

La definizione di hate speech è quella contenuta nella Raccomandazione di politica generale n.15 dell’ECRI relativa alla lotta contro il discorso d’odio (adottata l’8 dicembre 2015).


Amnesty International si schiera contro la libertà di espressione?

Gli stati sono tenuti a vietare il discorso d’odio, cosa che Amnesty International chiede di fare per legge ed in modo rispondente ai criteri di necessità e proporzionalità, al fine di tutelare parallelamente e il più possibile la libertà di espressione. Il bilanciamento tra quest’ultima e il diritto a non essere vittime di discriminazione o di hate speech deve avvenire secondo le indicazioni di cui all’articolo 19, paragrafo 3, del Patto sui diritti civili e politici. Quest’ultimo, nel riconoscere che l’esercizio del diritto alla libertà di espressione comporti particolari doveri e responsabilità, definisce la sua restrizione legittima quando sia stabilita dalla legge, sia necessaria al rispetto dei diritti o della reputazione altrui, ovvero alla salvaguardia della sicurezza nazionale, dell’ordine pubblico, della sanità o della morale pubbliche.


Quali sono i candidati monitorati?

Durante i primi dieci giorni di attività (15 aprile – 25 aprile) Amnesty International Italia monitorerà gli account pubblici Facebook e Twitter di tutti i candidati ai seggi italiani del Parlamento europeo, con l’obiettivo di individuare i più attivi e focalizzarsi su di loro fino alla fine della campagna elettorale (24 maggio). Verranno inoltre monitorati i leader dei partiti ai quali i candidati fanno riferimento.


Il giudizio degli attivisti di Amnesty è stato oggettivo? Su quali basi?

Gli attivisti coinvolti valutano pacchetti di dati selezionati casualmente dall’algoritmo e caricati su una applicazione apposita. Ogni valutatore è dotato di un account personale col quale accede a un’interfaccia che presenta, uno alla volta, i contenuti da valutare e la relativa scheda di valutazione. Una fetta di contenuti è sottoposta alla valutazione di più attivisti, per tenere sotto controllo il livello di coerenza/convergenza. Sui contenuti per i quali si verifica divergenza si pronuncia un comitato composto da ricercatori del Tavolo odio specializzati sul tema.


Amnesty proseguirà l’analisi anche dopo le elezioni? In che modo? Con quali obiettivi?

Il crescente clima di odio ed i suoi effetti hanno imposto una riflessione articolata sul tema dello hate speech, iniziata dalla sezione italiana di Amnesty con la strategia biennale avviata nel 2017 e progressivamente elaborata ed adattata. Attraverso il coinvolgimento in prima linea degli attivisti e della task force Hate speech, il monitoraggio dei social e delle tendenze dell’attualità, la raccolta di dati significativi, l’elaborazione di ricerche basate su questi ultimi e l’analisi del contesto, Amnesty vuole contribuire alla definizione del problema riconoscendogli una collocazione primaria nel dibattito socio-politico nazionale e favorendo il dialogo in un’ottica di riduzione del problema e della sensibilizzazione.

Nello specifico, Amnesty si impegna concretamente verso la riduzione del linguaggio violento, aggressivo e discriminatorio nei confronti di categorie vulnerabili, migranti e rifugiati, donne e sulla base di ogni altra caratteristica o situazione personale, compresi l’identità di genere o l’orientamento sessuale, lavorando in parallelo sulla costruzione di una narrazione che riporti al centro della scena una concezione dei diritti umani come patrimonio di tutti.