Continua la lotta per un vaccino equo: la campagna “Il conto alla rovescia dei 100 giorni”

26 Ottobre 2021

Photo by JOEL SAGET/AFP via Getty Images

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Nel settembre 2021 Amnesty International ha lanciato la campagnaConto alla rovescia dei 100 giorni”, per chiedere agli stati e alle aziende farmaceutiche di condividere i vaccini con i paesi a basso e a medio-basso reddito, in modo che milioni di persone possano essere protette dal virus Covid-19 entro la fine del 2021.

Oltre un miliardo e 200 milioni di persone in più, in quegli stati, potrebbero essere vaccinate entro la fine dell’anno se solo gli stati ricchi e i produttori di vaccini accettassero di distribuirli più equamente. Saranno all’altezza di questa sfida?

Una scandalosa disuguaglianza

La fine della pandemia da Covid-19 è in vista. Da ormai quasi un anno sono a disposizione vaccini sicuri ed efficaci per tenere finalmente sotto controllo il virus.

Ma la pandemia non sarà sconfitta fino a quando tutte le persone non avranno accesso a un vaccino. Tutte, non solo le popolazioni degli stati ricchi i cui governi hanno fatto accordi con alcune aziende farmaceutiche. Al momento, questo risultato è ancora molto lontano.

Alla fine di ottobre 2021, il 63 per cento della popolazione degli stati ad alto reddito è completamente vaccinata. Altrove, è tutta un’altra storia:

  • quasi la metà della popolazione globale non ha ricevuto neanche una dose di vaccino;
  • solo l’1,4 per cento della popolazione degli stati a basso reddito e il 17,5 di quella degli stati a medio-basso reddito è stata completamente vaccinata;
  • solo il 2,8 per cento della popolazione degli stati a basso reddito e il 35,6 per cento di quella degli stati a medio-basso reddito ha ricevuto almeno una dose di vaccino, rispetto al 70,5 per cento della popolazione degli stati ad alto reddito*.

Lo sviluppo ineguale della campagna vaccinale nel mondo sottolinea, ancora una volta, come la pandemia ha acuito le disuguaglianze esistenti. Mentre l’Europa, gli Usa e alcuni altri stati sono usciti dai lockdown nell’estate del 2021, parti dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina sono ripiombate nella crisi.

Intanto continua la minaccia di nuove varianti, che si diffondono più facilmente tra le popolazioni non vaccinate. Andando avanti di questo passo, la fine della pandemia rimarrà una chimera all’orizzonte.

Di chi sono le responsabilità?

Questa vergognosa disuguaglianza che ostacola i nostri progetti per contrastare la pandemia da Covid-19, non era affatto inevitabile. È una crisi prodotta dalle decisioni delle principali aziende farmaceutiche e degli stati più ricchi. Ci sarebbero vaccini sufficienti da distribuire, ma non lo si fa.

Nonostante abbiano ricevuto miliardi di dollari dai governi, la maggior parte delle aziende farmaceutiche insiste a mantenere il controllo sulla produzione e questo incide sulla disponibilità globale di vaccini.

Rifiutando di cedere temporaneamente i brevetti o di condividere le loro tecnologie, la maggior parte dei produttori occidentali di vaccini impedisce di produrre altrove le dosi più che mai necessarie.

Trattenere i brevetti comporta anche che le aziende farmaceutiche possono stabilire i prezzi dei vaccini. Non sorprende che molte abbiano scelto di venderle a prezzi elevati e, ovviamente, nella maggior parte dei casi agli stati più ricchi.

Le scorte

Dall’inizio della pandemia, gli stati ricchi hanno fatto scorta di vaccini acquistando quasi un terzo delle forniture mondiali. Molti di loro adesso hanno notevoli quantità di scorte in eccesso.

Secondo una stima prudente fatta da Airfinity alla fine del settembre 2021, gli stati più ricchi hanno accumulato oltre 500 milioni di dosi in eccesso:

  • più di 174 milioni negli stati dell’Unione europea;
  • più di 160 milioni negli Usa;
  • più di 140 milioni in Cina;
  • più di 26 milioni nel Regno Unito;
  • più di 16 milioni in Canada.

Queste scorte stanno prendendo polvere mentre milioni di persone a rischio nel mondo restano prive di protezione dal virus.

Possiamo ancora cambiare le cose!

Nel luglio 2021, una task-force dell’Organizzazione mondiale della salute (Oms) ha dato l’obiettivo di vaccinare il 40 per cento della popolazione di ogni stato entro la fine dell’anno. Ad oggi, tuttavia, meno del 10 per cento della popolazione dei paesi a basso e a medio-basso reddito risulta completamente vaccinata.

Il 21 settembre Amnesty International ha lanciato la campagna “Conto alla rovescia dei 100 giorni”, chiedendo agli stati e alle aziende farmaceutiche di agire urgentemente per raggiungere questo vitale obiettivo.

Abbiamo calcolato che se venissero inviati due miliardi di vaccini a 82 stati a basso e a medio-basso reddito, alla fine del 2021 un miliardo e 200 milioni di persone in più potrebbero essere completamente vaccinate. Quello è esattamente il numero di vaccinazioni necessarie per raggiungere l’obiettivo fissato dall’Oms.

Secondo Airfinity tra 100.000 e 225.000 vite umane potrebbero essere salvate a ogni invio di 100 milioni di dosi. Di conseguenza, raggiungere quell’obiettivo potrebbe salvare almeno due milioni di vite umane.

Amnesty International ritiene che quell’obiettivo potrebbe essere raggiunto se:

  • le aziende farmaceutiche inviassero la metà dei vaccini prodotti tra il 21 settembre e il 31 dicembre 2021 agli stati a basso e a medio-basso reddito. In questo modo, potrebbero essere forniti 2 miliardi e 600 milioni di vaccini;
  • gli stati redistribuissero le centinaia di milioni di scorte di vaccini a loro disposizione. In questo momento, oltre 500 milioni di vaccini potrebbero essere resi disponibili se Australia, Canada, Cina, Unione europea, Giappone, Regno Unito e Usa accettassero di redistribuirli.

L’Oms e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno appoggiato fortemente la nostra campagna “Conto alla rovescia del 100 giorni”. Per firmare la petizione cliccare qui.

È un obiettivo realistico? 

Le analisi di Amnesty International dimostrano che è a disposizione una quantità sufficiente di vaccini per raggiungere l’obiettivo del 40 per cento, se solo gli stati redistribuissero le scorte in eccesso e le aziende farmaceutiche dessero priorità al Covax, all’Unione africana e agli altri meccanismi istituiti per favorire gli stati a basso reddito.

Molti stati a medio-basso reddito hanno somministrato almeno una dose a oltre il 20 per cento della loro popolazione, dimostrando che potrebbero fare il resto, se arrivassero ulteriori dosi. Altri potrebbero avere bisogno di risorse aggiuntive e di tempo e dovrebbero essere aiutati per assicurare un’efficace campagna vaccinale.

E per quanto riguarda chi negli stati ricchi non è stato ancora vaccinato?

Considerate le alte percentuali di vaccinazioni negli stati ad alto reddito e il fatto che questi hanno ordinato più dosi di quante fossero necessarie, la redistribuzione non penalizzerebbe in alcun modo l’accesso ai vaccini.

Gli stati che hanno scorte in eccesso di vaccini hanno già vaccinato le persone più a rischio, stanno fornendo loro la terza dose o allargando la vaccinazione ai giovani e agli alunni. Nel frattempo, altrove, gli operatori sanitari, le persone anziane e coloro che hanno gravi problemi di salute stanno ancora aspettando.

Cos’hanno fatto le aziende farmaceutiche per distribuire più equamente i vaccini?

L’Oms ha avviato una serie di iniziative per incoraggiare la condivisione delle tecnologie e aumentare le forniture, ma le aziende farmaceutiche hanno rifiutato di aderirvi.

Nel giugno 2021 l’Oms ha aperto un centro in Sudafrica per il trasferimento della tecnologia dei vaccini a mRNA, in modo che i produttori africani potessero realizzare vaccini come quelli di Pfizer/BioNTech e Moderna. Queste aziende, tuttavia, hanno rifiutato di parteciparvi, nonostante sapessero molto bene che in quel modo avrebbero potuto salvare decine di migliaia di vite umane.

Nessuna delle aziende farmaceutiche ha aderito al Pool di accesso alla tecnologia sul Covid-19 (C-tap) istituito per sostenere la condivisione di licenze aperte e non esclusive. Anzi, hanno fatto pressioni aggressive contro le proposte di cedere temporaneamente i brevetti, come avevano proposto India e Sudafrica.

Nel settembre 2021 Amnesty International ha lanciato il rapporto “Una doppia dose d’inuguaglianza”, evidenziando che:

  • Pfizer e BioNTech avevano fino ad allora fornito alla sola Svezia una quantità di vaccini nove volte superiore a quella inviata a tutti gli stati a basso reddito complessivamente considerati;
  • Moderna non aveva inviato neanche una dose di vaccino a uno stato a basso reddito e aveva fornito solo il 12 per cento dei suoi vaccini agli stati a medio-basso reddito;
  • AstraZeneca aveva inviato la maggior parte dei suoi vaccini agli stati a basso reddito, a costo di produzione, e aveva ceduto alcune licenze ad altri produttori. Tuttavia, aveva rifiutato di condividere la sua tecnologia nell’ambito delle iniziative dell’Oms e di cedere complessivamente i brevetti.

È necessario porre fine alla disuguaglianza sui vaccini, subito!

Redistribuire i vaccini salverà innumerevoli vite umane e saremo tutti più al sicuro: la vaccinazione globale ridurrà la probabilità che si svilupperanno nuove pericolose varianti. Più a lungo aspettiamo, più tempo diamo al virus di mutare.

La vita di milioni di persone è nelle mani degli stati e delle aziende farmaceutiche. Con la necessaria pressione, potremo assicurare che i diritti umani di ogni persona siano rispettati, a prescindere da dove viva.

Non c’è più tempo da perdere. Nessuna persona dovrebbe trascorrere un altro anno senza poter accedere ai vaccini che salvano vite umane.

 

*Dati tratti da Our World in Data, aggiornati al 21 ottobre 2021