Tempo di lettura stimato: 8'
Alla vigilia dell’incontro col primo ministro libico Ali Zeidan, previsto oggi, giovedì 4 luglio, Amnesty International ha scritto al presidente del Consiglio italiano Enrico Letta esprimendo preoccupazione per i risvolti in tema di diritti umani derivanti dalla cooperazione tra Italia e Libia in materia d’immigrazione.
All’incontro dei paesi del G8 svoltosi a giugno in Irlanda del Nord, l‘Italia si è impegnata a sostenere la Libia nell’attuale fase di transizione, riguardo allo sviluppo economico, alla stabilità politica e alla riconciliazione nazionale. Pur apprezzando questo impegno, Amnesty International ha espresso al presidente del Consiglio Letta il timore che l’assistenza promessa sia motivata prevalentemente da considerazioni relative alla sicurezza, si concentri sui controlli alla frontiera e possa rafforzare la cooperazione in materia d’immigrazione in assenza di garanzie sul rispetto dei diritti umani da parte della Libia.
Nella sua lettera, Amnesty International ha fatto riferimento all’accordo sottoscritto tra i due paesi nell’aprile 2012, privo di qualsiasi riferimento alla tutela dei diritti umani e finalizzato a rafforzare i controlli di frontiera per prevenire la partenza di migranti dalla Libia, attraverso assistenza, addestramento e materiali forniti dall’Italia.
Alla luce di numerosi anni di violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità libiche nei confronti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, Amnesty International aveva chiesto all’Italia di non sottoscrivere alcun accordo con le nuove autorità di Tripoli in materia di controlli dell’immigrazione fino a quando quel paese non avesse dimostrato di rispettare e proteggere i diritti umani e di aver posto in essere un sistema adeguato per esaminare e riconoscere le richieste di protezione internazionale. Tale richiesta è rimasta purtroppo inascoltata.
Amnesty International ha segnalato al presidente Letta un proprio rapporto, diffuso il 20 giugno – Giornata mondiale del rifugiato – nel quale denuncia la detenzione a tempo indeterminato di rifugiati, richiedenti asilo e migranti (compresi bambini) in prigioni definite ‘centri di trattenimento’, a soli fini di controllo dell’immigrazione.
Il documento si basa su una visita effettuata in Libia, ad aprile e maggio, dall’organizzazione per i diritti umani. Al momento della visita nel paese erano operativi 17 ‘centri di trattenimento’ diretti dal ministero dell’Interno, nei quali erano detenuti 5000 rifugiati, richiedenti asilo e migranti, senza contare quelli ‘trattenuti’ nei centri gestiti dalle varie milizie, ancora operative. Dei 17 ‘centri di trattenimento’, Amnesty International ne ha potuti visitare sette. In tre di essi ha incontrato anche minori non accompagnati, alcuni di 10 anni, detenuti da mesi.
Nel ‘centro di trattenimento’ di Sabha, in cui a maggio si trovavano 1300 persone, i detenuti erano ammassati in celle sporche e sovraffollate. La prigione risultava priva di un servizio di fognatura funzionante e i corridoi erano pieni di immondizia. Circa 80 detenuti presumibilmente affetti da scabbia erano sottoposti a ‘trattamento’ in un cortile, sotto al sole, in condizioni di disidratazione.
I delegati di Amnesty International hanno documentato numerosi casi di detenuti, uomini e donne, sottoposti a brutali pestaggi con cavi elettrici e tubi dell’acqua. In almeno due ‘centri di trattenimento’, è stato riferito dell’uso di munizioni letali per sedare le rivolte. Un uomo che era stato raggiunto da un proiettile a un piede è stato legato a un letto e poi colpito col calcio di un fucile: per quattro mesi non ha potuto camminare.
Durante la missione in Libia, Amnesty International ha appreso che il ministero dell’Interno italiano intenderebbe finanziare l’ammodernamento di un certo numero di ‘centri di trattenimento’ per migranti e dotarli di ambulanze. Queste forniture, se da un lato potrebbero rispondere a immediate esigenze di ordine umanitario, dall’altro rischiano di perpetuare la detenzione arbitraria e a tempo indeterminato dei migranti se non verranno introdotte adeguate garanzie sui diritti umani.
Alla luce di tutto questo, Amnesty International ha sollecitato il governo italiano a mettere da parte gli accordi con la Libia in tema di controlli dell’immigrazione e di non avviare negoziati su nuovi accordi o fornire qualsiasi forma di assistenza nel settore dei controlli di frontiera e dell’immigrazione fino a quando la Libia non avrà dimostrato di volersi impegnare seriamente a rispettare i diritti umani dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati e non avrà risposto positivamente a una serie di raccomandazioni sottoposte da Amnesty International al governo di Tripoli.
La Libia dovrebbe, tra le misure richieste da Amnesty International, adottare una legislazione sull’asilo che sia in linea con gli standard internazionali, sottoscrivere un memorandum d’intesa con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ratificare la Convenzione del 1951 relativa allo statuto di rifugiato e il suo Protocollo del 1967, stabilire un limite massimo di detenzione per i migranti e prendere misure per prevenire arresti arbitrari, torture e maltrattamenti nei confronti di cittadini stranieri.
Amnesty International ha chiesto al presidente Letta di fornire ulteriori informazioni su quello che i mezzi d’informazione presenti al G8 dell’Irlanda del Nord hanno definito ‘il piano italiano per la Libia‘, che prevede un ruolo significativo da parte italiana nell’aiutare la Libia a conseguire sviluppo economico, stabilità politica e riconciliazione nazionale. Soprattutto, Amnesty International ha sollecitato il governo italiano a garantire che la protezione dei diritti umani sia fermamente al centro di ogni discussione riguardo a tali aspetti.
Infine, Amnesty International si è rivolta al governo italiano in vista dei prossimi negoziati sulla proposta della Commissione europea di un ‘Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio per l’istituzione di norme per la sorveglianza delle frontiere esterne marittime nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall’agenzia Frontex’. Tali negoziati dovrebbero dar luogo a nuove regole per la sorveglianza delle frontiere, compresa l’intercettazione, la ricerca, il soccorso in mare e lo sbarco.
Amnesty International ha sollecitato l’Italia ad assicurare che i diritti umani siano al centro di ogni discussione e che il regolamento adottato richieda che ogni operazione condotta dagli stati membri alle loro frontiere esterne rispetti i diritti umani delle persone intercettate o soccorse, compreso il principio di non-refoulement (non respingimento), a prescindere e al di là di ogni accordo esistente in materia di controlli dell’immigrazione tra uno stato membro e un paese terzo.