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Le persone che difendono i diritti umani stanno subendo un livello senza precedenti di persecuzioni, intimidazioni e violenze. A loro è dedicata “Coraggio” la nuova campagna promossa in tutto il mondo dalle nostre sezioni per chiedere che questi attacchi finiscano.
“Senza il loro coraggio il mondo è meno equo, meno giusto e meno uguale. Ecco perché oggi chiediamo a tutti, e non solo ai leader mondiali, di stare dalla parte di chi difende i diritti umani e di proteggere le persone coraggiose“, ha dichiarato in una nota ufficiale Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.
“Da Frederick Douglass a Emily Pankhurst, da Rosa Parks a B.R. Ambedkar fino a Nelson Mandela – ha continuato Shetty –, la storia è piena delle gesta di persone comuni che hanno rifiutato di accettare lo status quo e si sono battute per ciò che era giusto. Lo spirito di quel coraggio è vivo ancora oggi. Da Malala Yousafzai a Chelsea Manning, ci sono persone che si prendono enormi rischi per noi“.
La campagna “Coraggio” chiede agli Stati di riconoscere la legittimità del lavoro di coloro che si battono per la dignità e l’uguaglianza dei diritti di ogni persona, assicurando loro libertà e sicurezza.
L’obiettivo è mettere in luce le vicende di persone in pericolo a causa delle loro attività in favore dei diritti umani e premere sui governi e su altri decisori affinché siano rafforzati i sistemi legali.
“Stiamo assistendo a un assalto frontale a tutto tondo da parte di governi, gruppi armati, aziende e altri potenti attori al diritto di difendere i diritti umani. Coloro che difendono i diritti umani subiscono le conseguenze di questo attacco globale“, ha spiegato Shetty.
La combinazione tra sorveglianza di massa, nuove tecnologie, abuso delle leggi e repressione delle proteste pacifiche ha dato luogo a un livello senza precedenti di pericolo per chi difende i diritti umani.
Il massiccio uso delle nuove tecnologie e della sorveglianza mirata, anche online, ha lo scopo di minacciare e zittire chi difende i diritti umani.
Attivisti del Bahrein in esilio sono stati monitorati dal loro governo attraverso software-spia, mentre governi di ogni parte del mondo stanno ordinando ai fornitori di mettere a disposizione le chiavi d’accesso alla crittografia e di decriptare comunicazioni private, senza preoccuparsi delle conseguenze.
Nel Regno Unito la polizia ha posto sotto sorveglianza dei giornalisti per riuscire a identificare le loro fonti.
In stati come il Messico e la Russia, le reti dei troll stanno producendo un crescente numero di campagne di disinformazione con l’obiettivo di screditare e stigmatizzare coloro che difendono i diritti umani, come ad esempio i giornalisti.
Queste nuove tendenze si aggiungono ai già pericolosi strumenti tradizionali di repressione come le uccisioni, le sparizioni forzate, la soppressione del diritto di manifestazione pacifica e l’abuso delle norme penali, civili e amministrative allo scopo di perseguitare coloro che difendono i diritti umani.
Nel nuovo documento “Difensori e difensore dei diritti umani sotto attacco. Sempre meno spazio per la società civile“, sono elencati i pericoli cui vanno incontro coloro che difendono i diritti umani, la cui missione si fa sempre più mortale: secondo l’organizzazione non governativa Front Line Defenders, da 156 uccisioni nel 2015 si è passati a 281 nel 2016.
Basti pensare che nel 2016: in almeno 22 paesi sono stati uccisi per aver chiesto pacificamente il rispetto dei diritti umani; in 63 paesi sono stati al centro di campagne diffamatorie; in 68 paesi sono stati fermati o portati in carcere per le loro attività pacifiche e in 94 paesi hanno subito minacce o aggressioni.
“Ora la domanda da farci è questa: vogliamo rimanere a guardare e lasciare che chi ha il potere continui ad accanirsi contro chi difende i diritti umani, ossia proprio contro coloro che sono spesso l’ultimo baluardo per una società libera ed equa? O vogliamo reagire e metterci di traverso?“, ha concluso Shetty.