Cosa sta succedendo in Siria

25 Ottobre 2019

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Dal 9 ottobre 2019, nel Rojava, regione nordorientale della Siria, è in atto un conflitto frutto dell’offensiva militare turca contrapposta alle forze curdo-siriane stanziate sul territorio.

L’operazione intrapresa dai turchi è stata denominata Fonte di Pace, e ha l’obiettivo di neutralizzare le forze curde delle Unità di protezione del Popolo (Ypg) e l’alleanza curdo-araba delle Forze Democratiche Siriane (Sdf).

Il peggiore degli scenari immaginabili

Operatori umanitari locali e internazionali hanno denunciato che il ritiro delle forze Usa dal nordest della Siria, l’offensiva militare turca e il coinvolgimento delle forze siriane contemporaneamente hanno dato luogo al peggiore degli scenari immaginabili.

Si teme che i 100.000 sfollati non ricevano cibo, acqua potabile e cure mediche a sufficienza e questo timore aumenta in una prospettiva di lungo periodo.

Dopo l’ingresso delle forze armate della Turchia nel nordest della Siria per allontanare dai propri confini le forze curde sostenute dagli Usa, siamo seriamente preoccupati per il rischio che l’offensiva militare abbia devastanti conseguenze sul piano umanitario e destabilizzi ulteriormente la regione.

Stop alle armi italiane vendute alla Turchia

Come riportato da Rete Disarmo, la Turchia è da molti anni uno dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana e che le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129 di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland.

Chiediamo all’Italia di sospendere tutte le forniture di armi verso la Turchia e di non limitare lo stop solo alle commesse future.

La sospensione dovrebbe rimanere in vigore fino a quando le forze turche non potranno dimostrare l’esistenza di meccanismi efficaci per garantire che armi, munizioni e altre attrezzature e tecnologie militari non vengano utilizzate per commettere gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto umanitario internazionale; tutte le presunte violazioni devono essere oggetto di indagine approfondita e imparziale; e i presunti responsabili di gravi violazioni dei diritti umani dovranno essere perseguiti in processi equi.

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L’offensiva della Turchia ha avuto inizio il 9 ottobre 2019, dopo che le truppe statunitensi, alleate dei curdi, si sono ritirate dalla zona di confine: un punto su cosa sta succedendo.

Attacchi contro civili e obiettivi civili

Durante le prime fasi del conflitto, l’esercito turco e una coalizione di gruppi armati siriani sostenuta dalla Turchia hanno mostrato un vergognoso disprezzo per le vite civili compiendo gravi violazioni dei diritti umani e crimini di guerra, tra cui esecuzioni sommarie e attacchi illegali che hanno causato la morte o il ferimento di civili nel corso dell’offensiva militare nel nordest della Siria.

Dalle informazioni che abbiamo raccolto tra il 12 e il 16 ottobre – grazie a 17 testimonianze oculari di personale medico , soccorritori, sfollati, giornalisti e operatori umanitari locali e internazionali e all’analisi di filmatireferti medici e ulteriore documentazione – sono emerse prove schiaccianti di attacchi indiscriminati contro luoghi abitati (tra cui una casa, una panetteria e una scuola), compiuti dai militari turchi e dai gruppi armati siriani loro alleati.

L’atroce morte di Hevrin Khalaf

Attraverso testimonianze oculari, la lettura di un referto medico e l’analisi di immagini, abbiamo potuto ricostruire l’esecuzione sommaria di Hevrin Khalaf, esponente politica curda, segretaria generale del Partito Futuro della Siria, vittima il 12 ottobre di un’imboscata lungo l’autostrada Raqqa-Qamishli. La donna è stata trascinata fuori dall’automobile su cui viaggiava, picchiata e uccisa a sangue freddo da miliziani del gruppo Ahrar al-Sharqiya, che hanno assassinato anche la sua guardia del corpo.

L’offensiva della Turchia ha avuto inizio il 9 ottobre 2019, dopo che le truppe statunitensi, alleate dei curdi, si sono ritirate dalla zona di confine: un punto su cosa sta succedendo.

© SOPA/Getty Images

Rimpatri forzati illegali dalla Turchia in Siria

Nei mesi che hanno preceduto l’incursione militare nel nordest della Siria, e prima del tentativo di creare la cosiddetta “zona sicura” oltre i suoi confini, la Turchia ha rimpatriato forzatamente rifugiati siriani.

In assenza di statistiche ufficiali, stimare il numero delle persone rimpatriate a forza è difficile. Ma sulla base di decine di interviste realizzate tra luglio e ottobre del 2019, riteniamo che negli ultimi pochi mesi i rimpatri siano stati centinaia. Le autorità turche parlano di un totale di 315.000 persone tornate in Siria in modo del tutto volontario.

Rimpatriare rifugiati siriani è un’azione illegale che li espone a gravi rischi di subire violazioni dei diritti umani.

Conflitto in Siria: gli ultimi sviluppi

Martedì 22 ottobre, il presidente russo Vladimir Putin e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan da Sochi, in Russia, hanno annunciato il prolungamento della tregua, dando altro tempo ai curdi per lasciare i territori lungo il confine con la Turchia, in una zona larga circa 30 chilometri.

Questa zona viene chiamata “corridoio di sicurezza” e si tratta dell’area che Erdoğan aveva detto di volere creare come obiettivo dell’operazione “Fonte di pace”, dal quale cacciare i curdi e dove trasferire centinaia di migliaia di profughi siriani scappati in Turchia durante gli anni della guerra in Siria.

L’incontro è coinciso con la fine della tregua concordata il 17 ottobre tra Stati Uniti e Turchia, che prevedeva la sospensione degli attacchi turchi per cinque giorni e allo stesso tempo il ritiro dei curdi siriani da un’ampia zona di confine tra Siria e Turchia.