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L’esercito turco e una coalizione di gruppi armati siriani sostenuta dalla Turchia hanno mostrato un vergognoso disprezzo per le vite civili compiendo gravi violazioni dei diritti umani e crimini di guerra, tra cui esecuzioni sommarie e attacchi illegali che hanno causato la morte o il ferimento di civili nel corso dell’offensiva militare nel nordest della Siria.
Dalle informazioni raccolte tra il 12 e il 16 ottobre grazie a 17 testimonianze oculari di personale medico, soccorritori, sfollati, giornalisti e operatori umanitari locali e internazionali e all’analisi di filmati, referti medici e ulteriore documentazione, sono emerse prove schiaccianti di attacchi indiscriminati contro luoghi abitati (tra cui una casa, una panetteria e una scuola), compiuti dai militari turchi e dai gruppi armati siriani loro alleati.
“L’offensiva militare turca nel nordest della Siria ha devastato la vita dei civili siriani, che ancora una volta sono stati costretti a lasciare le loro case e a vivere nel costante pericolo di bombardamenti indiscriminati, rapimenti ed esecuzioni sommarie – ha dichiarato in una nota ufficiale Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International –. L’esercito turco e i suoi alleati hanno mostrato un profondo, vergognoso disprezzo per le vite civili lanciando attacchi illegali e mortali in centri abitati che hanno causato la morte e il ferimento di civili“.
Secondo le autorità sanitarie dell’Amministrazione autonoma a guida curda nel nordest della Siria, fino al 17 ottobre sono stati uccisi almeno 218 civili, tra cui 18 bambini.
Secondo le autorità della Turchia, fino al 15 ottobre gli attacchi con colpi di mortaio in territorio turco da esse attribuiti alle forze curde hanno causato 18 morti e 150 feriti tra la popolazione civile. Qualora le forze curde stessero usando armi esplosive imprecise contro insediamenti civili in Turchia, si tratterebbe di violazioni del diritto internazionale umanitario e attacchi del genere dovrebbero essere sospesi immediatamente.
In un attacco, avvenuto alle 7 del 12 ottobre, un operatore della Mezzaluna curda ha riferito due munizioni hanno colpito le vicinanze di una scuola a Salhiye, dove avevano trovato rifugio alcuni sfollati dal conflitto.
“In tutto, sei feriti e quattro morti, tra cui due bambini – ha raccontato l’operatore –. Non so se fossero bambine o bambini perché i corpi erano completamente anneriti. Sembravano pezzi di carbone. Gli altri due corpi erano di uomini, sembravano anziani“.
La linea del fronte più vicina era a oltre un chilometro di distanza e nei pressi del luogo dell’attacco, in quel momento, non c’erano combattenti né obiettivi militari.
Un altro operatore della Mezzaluna curda ha descritto l’attacco con colpi di mortaio nei pressi della moschea al-Salah di Qamishli. Dal 10 ottobre questa città ha subito pesanti attacchi indiscriminati che hanno distrutto abitazioni private, una panetteria e un ristorante.
“Ho soccorso un bambino che era stato ferito al petto. La ferita era aperta e non riusciva respirare. Era come se una scheggia gli avesse squarciato il petto“.
Il bambino è successivamente deceduto. Sua sorella di otto anni ha subito l’amputazione di una gamba sotto il ginocchio. Nei pressi non c’erano basi militari o posti di blocco.
Il 13 ottobre osservatori indipendenti internazionali hanno riferito di un attacco aereo turco contro un mercato che ha centrato un convoglio di civili, compresi diversi giornalisti, che stava viaggiando da Qamishli e Ras al-Ain.
Secondo la Mezzaluna curda, nell’attacco sono morti sei civili – tra cui un giornalista – e sono rimaste ferite altre 59 persone. Un giornalista che aveva assistito alla scena ha parlato di un “massacro assoluto“. Il convoglio era composto di circa 400 veicoli civili e non c’erano combattenti nella zona, ad eccezione di una piccola scorta armata a protezione del corteo.
“Tutte le parti in conflitto devono rispettare il diritto internazionale umanitario, che obbliga a prendere tutte le precauzioni possibili per evitare, o almeno minimizzare, i danni ai civili. Colpire un convoglio civile è ingiustificabile – ha commentato Naidoo -. Non ci sono giustificazioni neanche per gli attacchi con armi imprecise, come i colpi di mortaio, contro gli insediamenti civili. Su questi attacchi illegali occorre che siano avviate indagini e che i responsabili siano chiamati a risponderne“.
Attraverso testimonianze oculari, la lettura di un referto medico e l’analisi di immagini, abbiamo potuto ricostruire l’esecuzione sommaria di Hevrin Khalaf, esponente politica curda, segretaria generale del Partito Futuro della Siria, vittima il 12 ottobre di un’imboscata lungo l’autostrada Raqqa-Qamishli. La donna è stata trascinata fuori dall’automobile su cui viaggiava, picchiata e uccisa a sangue freddo da miliziani del gruppo Ahrar al-Sharqiya, che hanno assassinato anche la sua guardia del corpo.
Un referto medico che abbiamo potuto esaminare elenca le ferite subite da Hevrin Khalaf: una serie di colpi di pistola al capo, al volto e alla schiena, fratture alle gambe, al volto e al cranio, parti della pelle strappati dal cranio e perdita di cuoio capelluto.
Un’amica stretta di Hevrin Khalaf ci ha riferito che, quando ha provato a chiamare la donna sul suo cellulare, si è sentita rispondere da un uomo che si è identificato come un combattente di un gruppo armato siriano di opposizione che in arabo ha detto: “Voi curdi siete dei traditori, fate tutti parte del Pkk” e ha concluso la telefonata comunicando che Hevrin Khalaf era stata uccisa.
“Uccidere a sangue freddo civili inermi è un evidente crimine di guerra. L’uccisione di Hevrin Khalaf e di altre persone ad opera di Ahrar al-Sharqiya dev’essere oggetto di un’indagine indipendente che porti i responsabili di fronte alla giustizia. La Turchia ha l’obbligo di fermare i crimini di guerra e le altre violazioni dei diritti umani commesse da gruppi armati che operano sotto il suo controllo. Se non lo farà, favorirà ulteriori atrocità“, ha commentato Naidoo.
Lo stesso giorno e nella stessa località, come testimoniato da filmati verificati, i miliziani di Ahrar al-Sharqiya hanno catturato e ucciso almeno due combattenti curdi e hanno rapito altri due civili che stavano trasportando medicinali per conto di un’organizzazione sanitaria locale. Di loro non si hanno più notizie.
Operatori umanitari locali e internazionali hanno denunciato che il ritiro delle forze Usa dal nordest della Siria, l’offensiva militare turca e il coinvolgimento delle forze siriane contemporaneamente hanno dato luogo al peggiore degli scenari immaginabili.
Si teme che i 100.000 sfollati non ricevano cibo, acqua potabile e cure mediche a sufficienza e questo timore aumenta in una prospettiva di lungo periodo.
Nei campi per gli sfollati, come quello di al-Hol, i residenti sono completamente dipendenti dagli aiuti umanitari.
Il 10 ottobre 14 organizzazioni umanitarie internazionali hanno ammonito che l’offensiva militare turca avrebbe potuto causare l’interruzione della fornitura degli aiuti e pochi giorni dopo il Comitato internazionale della Croce rossa ha dichiarato che le ostilità avrebbero potuto causare lo sfollamento di 300.000 persone col conseguente rischio di non avere accesso alle riserve di acqua potabile.
Molti degli sfollati non sanno dove andare e dormono all’addiaccio, lungo le strade, nei parchi e all’interno di edifici scolastici.
Da Derbassiya, dove il 90 per cento della popolazione è costituita da sfollati, un testimone ha riferito che metà dei residenti ha trovato riparo in scuole e moschee, gli altri si sono spostati nella zona meridionale della città.
“Qui le organizzazioni umanitarie non le abbiamo viste. Abbiamo bisogno di acqua, cibo, vestiti, medicinali, materassi e coperte. Ci serve assistenza medica. L’inverno sta arrivando e dobbiamo trovare una soluzione per i gruppi familiari che vivono all’aperto“, ha dichiarato l’uomo.
Un operatore umanitario ha lanciato l’allarme: “I malati cronici sono quelli più a rischio. La loro sopravvivenza dipenderà dalla durata dei combattimenti e dalla possibilità che avremo di lavorare“.
Molte persone hanno espresso il forte timore di ulteriori evacuazioni degli operatori internazionali e dei rischi, per gli operatori curdi e arabi, causati dall’avanzata delle forze governative siriane, rischi che riguardano anche comunità di sfollati da altre zone della Siria. Vi sono timori anche per le limitazioni al proseguimento delle cruciali attività transfrontaliere delle agenzie umanitarie.
“Tutte le parti in conflitto – la Turchia, i gruppi suoi alleati, il governo siriano e le forze curde – devono garantire pieno accesso alle organizzazioni umanitarie locali e internazionali. L’offensiva militare turca ha costretto migliaia di persone a lasciare luoghi in cui credevano di stare al sicuro. Ora rischia di mettere a repentaglio la fornitura di assistenza sanitaria e aiuti indispensabili per salvare vite umane. Si rischia una catastrofe umanitaria in un paese già devastato dalla guerra“, ha concluso Naidoo.
Gli Usa sono il principale esportatore di armi verso la Turchia, seguiti da Italia, Germania, Brasile e India. Chiediamo la sospensione immediata delle forniture di armi alla Turchia e a tutte le altre parti in conflitto in Siria, comprese le forze curde.