Costa D’Avorio, violenze dopo le elezioni: machete e armi da fuoco

17 Novembre 2020

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Le autorità della Costa d’Avorio devono indagare sull’uccisione di decine di persone, avvenuta dopo le elezioni presidenziali, con fucili, pistole e machete.

Testimoni oculari sentiti da Amnesty International hanno descritto scene di violenza postelettorale che hanno avuto luogo, dal 31 ottobre, durante scontri sempre più aspri tra sostenitori del partito al potere e dell’opposizione. In alcuni casi, le forze di sicurezza sono state sopraffatte e non sono riuscite ad evitare la violenza da entrambi i lati.

Le violenze sono scoppiate in numerose città della Costa d’Avorio subito prima delle elezioni presidenziali e sono proseguite dopo il voto. Secondo il Consiglio nazionale per i diritti umani, tra il 31 ottobre e il 10 novembre la violenza ha portato alla morte di 55 persone e al ferimento di altre 282.

Inoltre, sono stati arrestati decine di membri del partito di opposizione, tra i quali il leader Pascal Affi N’Guessan che si trova in carcere dalla notte tra il 6 e il 7 novembre.

Chiediamo alle autorità ivoriane di indagare sulle terribili violenze e di assicurare i responsabili alla giustizia. L’impunità che ha a lungo regnato in Costa d’Avorio offre terreno fertile alle persone che commettono uccisioni e altre violazioni dei diritti umani senza timore di doverne rispondere”, ha dichiarato Samira Daoud, direttrice di Amnesty International per l’Africa occidentale e centrale.

È la seconda volta in dieci anni che le elezioni in Costa d’Avorio vengono macchiate da violenze. Le autorità devono adottare con urgenza delle misure per proteggere vite umane e mandare un chiaro segnale che le uccisioni non resteranno impunite”, ha proseguito Samira Daoud.

L’escalation di violenze

La scorsa settimana, si è registrata un’escalation di violenze nella regione centrale della Costa d’Avorio, nelle città di Mbatto, Elibou e Daoukro. Tra il 9 e il 10 novembre, una protesta dell’opposizione nella città di Mbatto ha portato almeno a due decessi e al ferimento di decine di persone, cinque delle quali in condizioni critiche, secondo le informazioni in possesso di Amnesty International.

Testimoni oculari hanno riferito all’organizzazione che i sostenitori del partito al potere hanno attaccato i manifestanti con delle pietre, provocando in seguito un violento scontro con machete e pistole, mentre le forze di sicurezza venivano sopraffatte.

Un testimone ha dichiarato ad Amnesty International: “…Hanno iniziato con le pietre, poi con i machete e alla fine abbiamo sentito i colpi di pistola… Siamo stati brutalmente aggrediti… Hanno iniziato ad appiccare il fuoco, a rompere cose e a ferirci con proiettili. Persino gli agenti che si trovavano lì per disperdere la folla con i gas lacrimogeni hanno fatto fatica. Siamo stati abbandonati a noi stessi”.

Secondo un altro testimone, il 9 e il 10 novembre almeno 24 persone hanno riportato ferite da arma da fuoco e non è stato possibile portarne via dalla zona cinque, gravemente ferite, a causa delle violenze. “Non abbiamo mai visto una cosa del genere, di solito le persone prendono i machete, ma questa volta hanno tutti utilizzato le pistole”, ha detto.

Gli arresti arbitrari

Amnesty International ha anche documentato l’arresto di decine tra i membri dell’opposizione, dopo un appello dell’opposizione alla disobbedienza civile, al boicottaggio delle elezioni, all’istituzione di un Consiglio nazionale di transizione e al rifiuto della rielezione del presidente Alassane Ouattara.

Il leader di opposizione Pascal Affi N’Guessan è stato arrestato e detenuto in incommunicado dalla sera del 6 fino al 9 novembre, periodo durante il quale né i suoi familiari né il suo avvocato hanno potuto comunicare con lui. N’Guessan ha detto di non aver visto la luce del giorno per 60 ore. Ci sono 30 capi di imputazione nei suoi confronti, tra i quali “attacco e cospirazione nei confronti dell’autorità dello stato, omicidio e atti di terrorismo”.

Il suo avvocato è riuscito a incontrarlo solo quando è stato portato davanti al giudice, il 9 novembre. Da allora, né l’avvocato né i familiari di N’Guessan sono riusciti ad avere contatti con lui, né è stato possibile confermare il luogo in cui si trova. Le autorità devono permettergli di mettersi in contatto con il suo avvocato.

Il 3 novembre, 21 persone sono state arrestate arbitrariamente nell’abitazione dello storico capo dell’opposizione Henri Konan Bédié. Cinque si trovano ancora in regime di detenzione: tra gli altri Maurice Guikahué, numero due del partito democratico della Costa d’Avorio, i senatori Seri Bi N’Guessan, Bassy Koffi Bernard e Narcisse N’dri Kouadio, capo dello staff di Henri Konan Bédié.

I capi di imputazione nei loro confronti sono 16, tra cui “attacco e cospirazione nei confronti delle autorità dello stato”. Le forze di sicurezza si trovano ancora nei pressi delle abitazioni dell’ex ministro Hubert Oulaye e di Pascal Affi N’Guessan, impedendo a chiunque di accedere o lasciare gli edifici. Amnesty International la considera una restrizione arbitraria del diritto alla libertà di movimento di tutte le persone all’interno delle abitazioni.

Quest’ondata di arresti di oppositori politici ne segue un’altra, di dissidenti, già avvenuta quest’anno. Tra il 13 agosto e il 25 ottobre, almeno 41 persone sono state arrestate a Abdijan, Korogho, Toumodi e Alepe durante le proteste o dopo aver incitato le persone a protestare.

Tra queste figurano cinque membri del partito di opposizione Gps, arrestati il 13 agosto mentre erano diretti a una manifestazione, e Pulchérie Edith Gbalet, coordinatrice della Ong Alternatives Citoyennes (Aci), arrestata il 15 agosto nell’albergo dove si trovava insieme a due collaboratori, dopo aver esortato le persone a protestare contro il terzo mandato di Ouattara.

Il crescente inasprimento della repressione nei confronti di leader dell’opposizione e critici del governo costituisce un attacco ai diritti umani. Le autorità devono cessare di limitare il diritto alla libertà di movimento delle persone all’interno delle abitazioni dei leader di opposizione, rimuovendo le forze di sicurezza lì presenti”, ha proseguito Samira Daoud.

Le autorità del paese devono procedere al rilascio immediato e incondizionato di Pascal Affi N’Guessan e di tutti coloro detenuti solo per aver esercitato i propri diritti umani. Devono impegnarsi a creare uno spazio in cui le persone possano liberamente esprimere le proprie opinioni e protestare pacificamente, senza timore di essere arrestati, aggrediti o uccisi”, ha concluso Samira Daoud.

L’elezione di Alassane Ouattara

Il 9 novembre il Consiglio costituzionale della Costa d’Avorio ha ufficializzato l’elezione del presidente Alassane Ouattara al primo turno nelle elezioni presidenziali del 31 ottobre. Le violenze postelettorali sono state precedute da gravi incidenti avvenuti a partire dall’annuncio della candidatura di Alassane Ouattara.

Amnesty International ha riferito un episodio in cui la polizia ha permesso a un uomo che brandiva un machete di attaccare dei manifestanti, il 13 agosto nel distretto di Yopougon ad Abidjan. Gli scontri tra sostenitori del partito al potere e del partito di opposizione a Dabou tra il 19 e il 21 ottobre hanno provocato la morte di 16 persone e il ferimento di altre 67.

L’11 novembre, il presidente Alassane Ouattara ha incontrato Henri Konan Bédié ad Abidjan. Secondo quanto riportato, Ouattara ha dichiarato che lavoreranno per la pace e ha aggiunto che l’incontro è servito per “rompere il ghiaccio, un primo passo per creare fiducia”.