Crimini contro gli ogoni: il processo a Shell va avanti

1 Maggio 2019

@Amnesty International

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Il 1° maggio il tribunale distrettuale dell’Aia, in Olanda, ha dichiarato di avere giurisdizione sul ricorso di Esther Kiobel e altre tre donne contro il gigante petrolifero Shell per l’arresto illegale, la detenzione e l’esecuzione dei loro mariti da parte della giunta militare nigeriana negli anni Novanta.

Il tribunale ha stabilito che non saranno previsti limiti temporali, che Shell dovrà mettere alcuni documenti interni a disposizione degli avvocati delle ricorrenti e che questi ultimi potranno interrogare testimoni.

Questa decisione rappresenta un passo avanti cruciale per Esther e le altre ricorrenti e stabilisce un importante precedente per tutti coloro che nel mondo lottano per avere giustizia e per chiamare a rispondere potenti aziende del loro operato -, ha dichiarato in una nota ufficiale Mark Dummett, direttore del programma Affari economici e diritti umani di Amnesty International –. Il nostro apprezzamento va a Esther Kiobel, Victoria Bera, Blessing Eawo e Charity Levula. Se non fosse stato per il loro coraggio, oggi non saremmo arrivati a questo punto”.

Portare in giudizio una potente multinazionale per i danni causati all’estero è stato un procedimento estremamente lungo. Già nel 2002 Esther Kiobel aveva denunciato Shell a un tribunale di New York per sentirsi rispondere dalla Corte suprema, 11 anni dopo, che gli Usa non avevano giurisdizione sul caso: in altre parole, un tribunale statunitense non avrebbe mai potuto esaminare il merito delle accuse contro Shell.

La sentenza di oggi avrà grande importanza per chi nel mondo è stato danneggiato dall’avidità e dall’irresponsabilità delle multinazionali”, ha aggiunto Dummett.

Il nostro lavoro al fianco di Esther, Victoria, Blessing e Charity

Stiamo sostenendo le ricorrenti e il loro team di avvocati nel processo contro Shell. I nostri ricercatori hanno documentato il ruolo di Shell nelle uccisioni, negli stupri e nelle torture di cui si rese responsabile il governo nigeriano durante la repressione delle proteste.

Il nostro team che segue il caso di Esther e delle altre donne ha apprezzato la decisione del tribunale dell’Aia di obbligare Shell a mettere a disposizione alcuni documenti interni ma è rimasto deluso per il fatto che l’ordine del tribunale non abbia riguardato tutta la documentazione richiesta dagli avvocati delle ricorrenti.

La “vicenda dei nove ogoni”

Barinem Kiobel, Baribor Bera, Nordu Eawo e Paul Levula vennero impiccati nel 1995 al termine di un processo sommario. Altri cinque attivisti ogoni, tra cui il loro leader Ken Saro-Wiwa, furono a loro volta impiccati in quella che è passata alla storia come la “vicenda dei nove ogoni”.

Sono oltre 20 anni che Esther Kiobel si batte coraggiosamente contro la Shell per ottenere giustizia per l’uccisione del marito.

Barinem Kiobel ha speso la vita per difendere i diritti della propria terra, l’Ogoniland, in Nigeria, devastata dalle perforazione petrolifere e saccheggiata delle sue risorse. Devastazione in cui la Shell ha più volte mostrato di essere complice.
La morte dell’uomo – avvenuta per opera della giunta militare nigeriana – ha rappresentato il culmine di una brutale campagna per ridurre al silenzio le proteste del Movimento per la sopravvivenza del popolo ogoni (Mosop).

Le vedove ricorrenti ritengono che i loro mariti oggi sarebbero ancora vivi se Shell non avesse cercato a tutti i costi il profitto incoraggiando la sanguinosa repressione del governo nigeriano contro i manifestanti, pur sapendo i costi umani che essa avrebbe causato. Shell ora potrebbe essere costretta a dire, in un’aula di giustizia, cosa sapeva e come contribuì a quegli orribili eventi nella storia nigeriana”, ha aggiunto Dummett.