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Cara amica, caro amico,
la crisi Covid-19, trasformatasi in poco tempo in una pandemia senza precedenti, ha modificato per sempre le nostre vite.
A troppi di noi ha portato via persone care. Per tutti, ha comportato severe restrizioni nei movimenti, uno sconvolgimento totale della quotidianità e un’incertezza costante sul futuro.
L’immobilità imposta ha generato anche il crollo delle emissioni a livello globale, migliorato la qualità dell’aria e permesso alla natura di riappropriarsi di spazi da tempo a lei preclusi, come i canali di Venezia per i delfini o anche solo il canto degli uccelli nei parchi.
E l’intera umanità ha forse compreso la vera natura della nostra fragilità.
Nel nostro paese questi giorni di clausura stanno producendo episodi di solidarietà ovunque, per quanto ancora si assista ad azioni egoistiche di persone che non capiscono che l’unica cosa da fare è impedire che il nostro sistema sanitario nazionale collassi.
Dobbiamo restare a casa. Solo che non tutti possono farlo.
Non può chi una casa non ce l’ha. Non può chi lavora negli ospedali, chi deve badare alle persone anziane o malate, chi deve assicurare che i nostri supermercati non siano mai vuoti, chi questi supermercati, assieme agli altri esercizi commerciali essenziali, li tiene aperti. Si sta a casa per aiutare il paese, ma anche per evitare che chi continua a rischiare ogni giorno la propria salute per noi, corra rischi inutili. Ma c’è anche chi, con l’isolamento, è rimasto completamente tagliato fuori dal mondo. Come gli anziani che vivono soli, o chi, a causa di malattie psichiatriche, era già isolato. E poi, c’è chi in casa preferirebbe non restare: migliaia di donne vittime di violenza domestica. Per tutte queste persone, dobbiamo trovare la forza di attraversare questo momento rimanendo sani e al sicuro, in modo da uscirne in fretta. E dobbiamo tenere alta l’attenzione perché l’emergenza non diventi una scusa per privarci definitivamente dei nostri diritti.