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Le proteste scoppiate a Tunisi e propagatesi fino al Cairo, a San’a, Karthoum, Manama, Teheran e Sohar sono arrivate anche in Libia. Dal 16 febbraio, giorno in cui le proteste sono scoppiate a Bengasi dopo l’arresto di alcuni attivisti, la repressione indiscriminata da parte delle forze di sicurezza libiche ha provocato diverse centinaia di morti e di feriti.
Il 26 febbraio, il Consiglio di sicurezza con voto unanime ha deferito la situazione della Libia alla Corte penale internazionale e imposto un embargo di armi verso il paese. La Libia è stata anche sospesa dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu.
E mentre continuano repressione violenta e attacchi ai civili, cresce la crisi umanitaria relativa di migliaia di migranti che stanno cercando di lasciare la Libia per andare verso i paesi confinanti, soprattutto Tunisia ed Egitto.
Amnesty International chiede alle autorità libiche la fine della repressione, di impedire alle sue forze di sicurezza di usare forza letale. Ai paesi confinanti, in particolare, a Tunisia ed Egitto, di tenere aperte le frontiere e fornire assistenza a chi fugge dalle violenze. Alla comunità internazionale di aiutare la Tunisia e gli altri stati che accolgono coloro che scappano dalla violenza.
Guarda il video ‘Libya’s growing human rights crisis’
Dall’inizio delle proteste, l’organizzazione per i diritti umani ha lanciato un appello al presidente del Consiglio Berlusconi e ai ministri degli Interni e degli Affari esteri, Maroni e Frattini, chiedendo di agire in difesa dei diritti dei manifestanti libici, di sospendere ogni fornitura di armi, d’interrompere la collaborazione con le autorità della Libia in materia di controllo dei flussi di migranti e di gestire gli arrivi di migranti e richiedenti asilo nel rispetto dei diritti umani.
Migliaia di migranti stanno abbandonando la Libia in questi giorni. Gli stati confinanti con la Libia devono tenere aperte le frontiere e fornire assistenza a chi fugge dalla violenza, come richiesto dal diritto internazionale. Leggi la news
La decisione dell’Assemblea generale di sospendere la Libia dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu è un chiaro monito per il colonnello Gheddafi e per coloro che agiscono ai suoi ordini che le uccisioni illegali e altre violazioni dei diritti umani non saranno tollerate. Leggi la news
Il 26 febbraio, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha votato all’unanimità il deferimento della situazione della Libia alla Corte penale internazionale. È un momento storico per la giustizia internazionale. Leggi la news
Amnesty International ha chiesto oggi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di deferire alla Corte penale internazionale la situazione della Libia e di imporre un embargo immediato sulle armi. Leggi la news
Il Consiglio di sicurezza e l’Unione africana hanno abbandonato il popolo libico nel momento di massimo bisogno. La risposta del Consiglio di sicurezza è stata vergognosamente al di sotto di quanto necessario per fermare la spirale di violenza in Libia. Leggi la news
Il Consiglio di sicurezza e la Lega araba, che stanno svolgendo riunioni in sessione speciale, devono inviare immediatamente una missione in Libia per indagare sulle circostanze che hanno provocato la morte di centinaia di manifestanti. Leggi la news
Il leader libico Gheddafi deve riporre sotto controllo le sue forze di sicurezza, che stanno usando senza motivo la forza letale contro i manifestanti che chiedono il cambiamento. La repressione in atto ha causato, fino alla mattina di domenica 20 febbraio, oltre 100 morti. Leggi la news
Dal 16 febbraio la repressione indiscriminata delle manifestazioni pacifiche da parte delle forze di sicurezza libiche ha causato almeno 46 morti. Leggi le informazioni.
Il 17 febbraio, durante una manifestazione indetta in occasione del ‘giorno della collera’ , è stato ucciso un altro manifestante. Le autorità libiche devono porre fine all’uso eccessivo della forza per reprimere le manifestazioni, che ha causato almeno 12 morti. Leggi la news
Le autorità libiche devono porre fine alla repressione delle proteste pacifiche, come quelle che hanno avuto luogo a Bengasi il 16 febbraio dopo l’arresto di alcuni attivisti. Decine di persone sono state ferite dalle forze di sicurezza che hanno usato lacrimogeni e getti d’acqua per disperdere la folla. Leggi la news
Jamal al-Hajji, ex prigioniero di coscienza di nazionalità libica e danese, è stato arrestato il 1° febbraio a Tripoli da agenti in borghese per una presunta infrazione al codice della strada. Nei giorni precedenti aveva sollecitato una mobilitazione per chiedere maggiori libertà, sul modello delle proteste di massa della Tunisia e dell’Egitto. Leggi la news