Cuba, anniversario delle proteste dell’11 luglio: cinque cose da sapere

11 Luglio 2022

@Photo by YAMIL LAGE/AFP via Getty Images

Tempo di lettura stimato: 5'

L’11 luglio 2021 a Cuba vi furono proteste di massa. Ecco cinque cose da sapere rispetto a cosa accadde allora e a cosa è accaduto da allora.

 

1.Le proteste furono una disperata richiesta di cambiamento 

Quel giorno migliaia di persone scesero spontaneamente in strada in decine di città, in numeri che non si vedevano da decenni, per chiedere un cambiamento delle condizioni di vita. Al centro delle proteste c’erano la mancanza di cibo, di medicine e di prodotti per l’igiene, le continue interruzioni della corrente elettrica, le restrittive misure adottate dal governo per contrastare la pandemia da Covid-19 e la tradizionale politica repressiva dello stato, che da anni causava violazioni dei diritti alla libertà di espressione e di manifestazione pacifica.

 

2.La repressione e la criminalizzazione delle proteste

Durante le proteste e nelle settimane successive, le autorità arrestarono centinaia di persone senza informare le famiglie sulla loro sorte, posero attivisti e giornalisti indipendenti sotto sorveglianza e bloccarono l’accesso a Internet.

 

3.Gli arresti arbitrari come collaudata tattica di repressione delle proteste

Una delle principali e ben collaudate tattiche utilizzate dalle autorità per reprimere le proteste e ridurre al silenzio le persone che la pensano diversamente consiste nel ricorso agli arresti arbitrari. È andata così anche quella volta. Il caso dell’artista e difensore dei diritti umani Luis Manuel Otero Alcantara è emblematico: è stato arrestato dopo che aveva annunciato che avrebbe preso parte alle proteste e, quasi un anno dopo, è stato condannato a cinque anni di carcere solo per aver esercitato il suo diritto alla libertà d’espressione.

Oltre agli arresti arbitrari, a seguito delle proteste del luglio 2021 le autorità cubane hanno bloccato Internet, violato il diritto a procedimenti giudiziari equi, celebrato processi a porte chiuse e fatto costantemente ricorso a sorveglianza e intimidazioni.

Inoltre, hanno provato a disfarsi delle voci critiche proponendo lo scambio “libertà contro esilio”, come nei casi di Esteban Rodriguez e Hamlet Lavastida.

 

4.Il governo cubano sostiene che il suo operato è stato legittimo

Nonostante usino reati che, per la loro formulazione, non trovano corrispondenza nel diritto internazionale, come “disordini pubblici”, “disprezzo” o “istigazione a commettere un reato”, le autorità cubane sostengono che il modo in cui hanno represso le proteste sia stato legittimo. Il presidente Miguel Diaz-Canel ha chiamato a raccolta “i difensori del regime” per reagire violentemente contro coloro che erano scesi in strada. Secondo la narrazione ufficiale, le proteste stavano minacciando “l’ordine costituzionale e la stabilità” dello stato socialista.

La realtà è diversa: a oggi almeno 701 persone restano in carcere, private della loro libertà solo aver espresso la loro insoddisfazione per la situazione nel paese.

 

5.La comunità internazionale continua a denunciare la preoccupante mancanza di libertà d’espressione

Nonostante i vigorosi sforzi dei governi e delle organizzazioni internazionali, le autorità cubane rifiutano di far entrare nel paese le organizzazioni indipendenti per i diritti umani.

Da un anno a questa parte la situazione a Cuba non è migliorata ma hanno cominciato a emergere le storie di coraggiosa resistenza di centinaia di attiviste e attivisti, giornaliste e giornalisti, parenti di persone ingiustamente perseguitate che uniscono le loro voci a persone di ogni segmento sociale per chiedere il rispetto dei diritti umani.

Le madri dei detenuti hanno prodotto video virali per chiedere alle autorità di risolvere la crisi economica. Le famiglie continuano a protestare per i loro congiunti in carcere nonostante siano minacciate e rischino a loro volta arresti arbitrari e multe. Giornalisti e attivisti continuano a difendere e a proteggere i diritti.

A un anno di distanza dalle proteste dell’11 luglio 2021, continuiamo a pensare che la libertà d’espressione e l’esercizio dei diritti umani potrebbero essere una realtà a Cuba. Per questo abbiamo rinnovato l’appello al presidente Diaz-Canel affinché alla repressione sostituisca il dialogo e promuova spazi di partecipazione plurali in cui le cubane e i cubani possano discutere del loro futuro e renda la protezione dei diritti umani una priorità.