Cuba, autorità totalmente responsabili della morte del prigioniero in sciopero della fame

22 Gennaio 2012

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La morte del prigioniero di coscienza Wilmar Villar Mendoza, deceduto il 20 gennaio dopo uno sciopero della fame, è un drammatico segnale di quanto il governo di Cuba sia intollerante nei confronti del dissenso.

Mendoza, 31 anni, è morto nell’ospedale Juan Bruno Zavas di Santiago, dove era stato trasferito il 13 gennaio a seguito del prolungato sciopero della fame con cui intendeva protestare contro l’ingiusta condanna che stava scontando.

Mendoza era stato condannato a quattro anni di carcere, al termine di un processo iniquo, per aver partecipato, nel novembre 2011, a una manifestazione contro il governo organizzata dall’Unione patriottica cubana a Contramaestre. Aveva denunciato di aver subito minacce da parte della polizia, che gli avrebbe prospettato la sparizione o una lunga condanna per reati comuni se non avesse smesso di partecipare alle proteste dei dissidenti. Dopo tre giorni di custodia di polizia e alcuni giorni di libertà condizionata, il 24 novembre era stato condannato, insieme ad altri otto attivisti, a quattro anni di carcere al termine di un processo breve, celebrato a porte chiuse e in assenza di testimonianze a loro difesa. Trasferito nella prigione Aguadores di Santiago, aveva immediatamente intrapreso lo sciopero della fame.

Il 18 gennaio, due giorni prima della sua morte, l’Unione patriottica cubana e le Donne in bianco avevano organizzato un presidio di solidarietà di fronte all’ospedale in cui era ricoverato; la polizia aveva interrotto la manifestazione arrestando oltre una decina di persone.

Il 23 febbraio 2010 un altro prigioniero di coscienza, Orlando Zapata Tamayo, era morto dopo uno sciopero della fame durato parecchie settimane.

Amnesty International ha addossato al governo cubano la completa responsabilità per la morte di Wilmar Villar Mendoza e ha rinnovato la richiesta alle autorità de L’Avana di rilasciare tutti i prigionieri di coscienza e porre fine alle intimidazioni, alle persecuzioni e agli arresti nei confronti di coloro che prendono parte a manifestazioni pacifiche e degli attivisti politici e per i diritti umani.