Cuba, cosa è accaduto dall’11 luglio

15 Luglio 2021

@Photo by YAMIL LAGE/AFP via Getty Images

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L’11 luglio migliaia di persone sono scese in strada a Cuba per protestare pacificamente contro la situazione economica, la scarsità di medicinali, la risposta delle autorità alla pandemia da Covid-19 e le dure limitazioni alla libertà di espressione e di manifestazione.

La polizia e le forze di sicurezza hanno disperso le manifestazioni e compiuto numerosi arresti. Il presidente cubano Diaz-Canel ha invitato i “rivoluzionari” a scendere a loro volta in piazza. Almeno una persona è morta nel corso delle proteste.

Gli avvocati per i diritti umani dell’Ong Cubalex hanno redatto un elenco di 136 persone, per lo più attivisti e giornalisti, arrestati o di cui non si hanno notizie. Un’altra Ong, Difensori dei prigionieri, ha consegnato alle Nazioni Unite una lista di 187 detenuti.

Tra le persone agli arresti c’è Luis Manuel Otero Alcantara, uno dei leader del gruppo di artisti Movimento San Isidro, che Amnesty International ha nominato prigioniero di coscienza per tre volte a partire dal marzo 2020.

Dal 12 luglio è impossibile accedere a varie piattaforme tra cui Whatsapp, Facebook e Instagram.

Il governo cubano ha attribuito la difficile situazione economica e sanitaria all’embargo statunitense. Da decenni Amnesty International denuncia che l’embargo ostacola o limita la fornitura di servizi di assistenza essenziali e gli esperti delle Nazioni Unite l’hanno criticato anche in relazione alla pandemia da Covid-19.

Tuttavia, l’embargo non può fornire alcuna giustificazione per la risposta repressiva alle proteste dell’11 luglio.

 


Aggiornamento di venerdì 16 luglio

Le autorità hanno reso nota l’intenzione di dare la caccia agli “organizzatori” e agli “istigatori” delle proteste, specificando che saranno considerati tali coloro che cantavano “Patria e vita durante le manifestazioni. Un rappresentante del ministero dell’Interno ha dichiarato che, in gran parte, le persone arrestate non erano “rivoluzionarie” e che in passato erano state condannate per vai reati, come quello di “disordini pubblici” che per Amnesty International non trova riferimenti nel diritto internazionale.

Alcuni attivisti e giornalisti indipendenti rimangono agli arresti domiciliari e sotto costante sorveglianza da parte di agenti in borghese che impediscono di uscire dalle abitazioni.