Cuba, nuova ondata di repressione

23 Ottobre 2024

Illustration © Julio LLopiz-Casal / Amnesty International

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In un contesto di sistematiche violazioni dei diritti umani, di completa chiusura dello spazio civico e di criminalizzazione di ogni forma di dissenso a Cuba, Amnesty International ha dichiarato prigionieri di coscienza il dissidente politico Félix Navarro, la giornalista indipendente e “signora in bianco” Sayli Navarro, il manifestante delle proteste dell’11 luglio 2021 Roberto Pérez e l’attivista Luis Robles, chiedendo la loro immediata scarcerazione.

“Queste designazioni sono un riconoscimento per le  decine di persone che sono in carcere a Cuba per aver esercitato pacificamente i loro diritti e per tutte quelle che vivono costantemente sorvegliate, sottoposte a intimidazioni e minacciate di persecuzione giudiziaria. Sono anche il riconoscimento del coraggio e della resistenza di chi si oppone a una repressione costante e generalizzata e lotta per i propri diritti e per quelli di tutte le persone”, ha dichiarato Ana Piquer, direttrice di Amnesty International per le Americhe.

Félix Navarro, 71 anni, è il fondatore del Partito per la democrazia “Pedro Luís Boitel”. Da oltre 30 anni è il coordinatore dell’Unione patriottica di Cuba e ha collaborato con la piattaforma Cuba decide e col Consiglio per una transizione democratica a Cuba. Sta scontando il suo terzo anno di carcere per motivi politici.

Era già finito in carcere nel 1992 per “propaganda nemica”, per aver affisso manifesti “antirivoluzionari” nella sua città natale. Nel 2003, durante la campagna repressiva conosciuta come “Primavera nera”, era stato condannato a 25 anni in un gruppo di 75 giornalisti, dissidenti e attivisti. In quell’occasione, Amnesty International lo aveva dichiarato prigioniero di coscienza. Era stato scarcerato il 23 marzo 2011, ultimo tra i 75 prigionieri a essere liberato dopo che in precedenza aveva rifiutato lo scambio libertà per l’esilio.

Sayli Navarro, 38 anni, figlia di Félix Navarro, è un’attivista e cofondatrice delle Damas de Blanco (“Signore in bianco”), un gruppo di mogli, madri e figlie dei 75 arrestati durante la “Primavera nera”. Sin da quando era bambina ha subito le conseguenze della repressione di stato contro il padre. Nel 2010 è stata espulsa dall’università per “legami controrivoluzionari”. In seguito, è stata più volte arrestata, sottoposta a interrogatori e minacciata dalle forze di sicurezza e di polizia cubane.

Nel marzo 2022 Félix e Sayli Navarro sono stati condannati rispettivamente a nove e otto anni di carcere per le proteste dell’11 e del 12 luglio 2021. L’arresto è avvenuto il 12 luglio presso la stazione di polizia di Perico, dove si erano recati a chiedere informazioni su persone arrestate nelle manifestazioni del giorno prima.

Roberto Pèrez Fonseca, 41 anni, sta scontando una condanna a 10 anni di carcere emessa nell’ottobre 2021 per aver partecipato alle proteste dell’11 luglio dello stesso anno. È stato giudicato colpevole di “disprezzo”, “aggressione”, “disordini pubblici” e “istigazione a commettere un reato”, fattispecie penali normalmente usate dalle autorità cubane contro coloro che esercitano i loro diritti di protesta pacifica e di associazione. Il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie ha preso posizione in suo favore e ha anche stabilito che il suo diritto a un processo equo e imparziale è stato violato.

Luis Robles, 32 anni, è stato condannato nel 2022 a quattro anni e sei mesi per “propaganda nemica” e per “disubbidienza”, per avere, nel dicembre 2020, camminato in cerchio in una strada pedonale della capitale L’Avana con un cartello con le scritte “Libertà”, “Mai più repressione” e “#FreeDenis” mentre decine di persone filmavano la protesta. Dopo alcuni minuti è arrivata la polizia che ha arrestato Robles senza che questi facesse resistenza. Robles aveva voluto mostrare solidarietà al rapper in carcere Denis Solís e al Movimento San Isidro che ne reclamava la scarcerazione, alcuni esponenti del quale erano in sciopero della fame.

Nelle ultime settimane la repressione delle autorità cubane contro attivisti, difensori dei diritti umani, giornalisti, organi d’informazione indipendenti e intellettuali si è intensificata. È stato registrato un aumento dei maltrattamenti, delle intimidazioni, degli arresti arbitrari, delle minacce di persecuzione giudiziaria e dei dinieghi dei benefici ai prigionieri. È stato segnalato anche un preoccupante peggioramento della salute fisica e psicologica di questi ultimi.

Gli organi d’informazione indipendenti El Toque, Periodismo de Barrio e Cubanet hanno denunciato che loro collaboratori sono stati ripetutamente convocati dalle forze di sicurezza e di polizia e minacciati di essere oggetto di possibili indagini per “attività mercenarie” o per legami con individui o gruppi considerati “controrivoluzionari”.

Amnesty International ha avuto accesso alle testimonianze di 20 attivisti che sono stati minacciati di finire in carcere, costretti a registrare e firmare dichiarazioni auto-incriminanti e privati dei loro telefoni cellulari e computer.

A loro volta, le organizzazioni cubane per i diritti umani hanno denunciato che almeno tre collaboratori di organi d’informazione indipendenti sono stati costretti a pubblicare sulle proprie piattaforme social lettere di dimissioni e promesse di non collaborare ulteriormente.

Il 16 settembre il periodico culturale PM Magazine ha annunciato la chiusura definitiva a causa delle crescenti pressioni e intimidazioni ricevute da parte delle autorità.