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Oggi, con l’entrata in vigore del Trattato sul commercio delle armi, è una giornata storica. Per la prima volta, un trattato internazionale introduce per ogni singola fornitura di armi l’obbligo di valutarne le conseguenze per i diritti umani.
Cinque dei principali 10 esportatori di armi (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna) sono tra i 60 stati che hanno già ratificato il Trattato. Gli Usa, di gran lunga il principale produttore ed esportatore di armi, e Israele sono tra i 70 paesi che lo hanno firmato. All’appello, non avendolo neanche firmato, mancano altri tre grandi produttori di armi: Canada, Cina e Russia.
Che di questo Trattato ci fosse un disperato bisogno lo dicono i numeri: il commercio privo di regole e spesso segreto in armi e punizioni produce almeno 500.000 morti e diversi milioni di feriti ogni anno. Il giro d’affari, almeno quelli noti, si stima sia di oltre 100 miliardi all’anno. Ogni anno, si producono 12 miliardi di pallottole. In circolazione, vi sono 875 milioni di piccole armi e armi leggere. Prodotte da 1000 aziende in quasi 100 paesi, il valore annuale delle loro vendite supera gli 8,5 miliardi di dollari.
Negli arsenali di Cina, Francia, India, Regno Unito, Russia e Usa vi sono 15.730 carri armati, 18.175 veicoli blindati, 37.291 sistemi d’artiglieria di grande calibro, 8930 aerei da combattimento, 1904 elicotteri d’attacco e 270 navi da guerra.
Ecco perché l’entrata in vigore del Trattato non rappresenta affatto la fine della campagna, avviata negli anni Novanta da Amnesty International e da numerosi partner internazionali e locali (in Italia, la Rete per il disarmo) e culminata il 2 aprile 2013 nel voto favorevole di 155 stati membri delle Nazioni Unite.
Le organizzazioni per i diritti umani chiederanno agli stati che non hanno ancora sottoscritto il Trattato di firmarlo, e a quelli che lo hanno firmato di ratificarlo. Occorrerà inoltre verificare giorno per giorno che le sue disposizioni vengano rispettate integralmente. Per il momento, l’entrata in vigore del Trattato ci dice che le campagne per i diritti umani possono ottenere risultati concreti e produrre cambiamenti nella vita delle persone.