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Dopo sette mesi di detenzione ingiustificata nel carcere Le Vallette di Torino, torna finalmente a casa Dana Lauriola, attivista e portavoce del movimento No Tav, condannata a una pena di due anni per un’azione dimostrativa pacifica di nove anni fa sull’autostrada Torino-Bardonecchia.
Il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha depositato ieri il provvedimento che accoglie le misure alternative per l’attivista, richieste da mesi dalla difesa.
“Finalmente Dana torna a casa e questa è un’ottima notizia, anche se molto tardiva. Dana non avrebbe dovuto passare nemmeno un istante in carcere”, ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International
Nonostante gli avvocati della difesa avessero richiesto priorità per l’affidamento in prova, il Tribunale ha concesso la detenzione domiciliare, la misura alternativa più restrittiva, accompagnata da una serie di divieti fortemente limitativi della libertà. Dana Lauriola potrà infatti riprendere la sua attività professionale in ambito socioeducativo dall’ufficio, senza però la possibilità di spostarsi sul territorio in cui opera all’interno di un progetto per persone senza fissa dimora e con il divieto di uscire dal Comune di residenza. Il provvedimento, inoltre, prevede il divieto di frequentazione e incontro con soggetti appartenenti al movimento No Tav e al centro sociale Askatasuna, oltre a stigmatizzare la sua appartenenza ideologica e il suo mancato pentimento per l’attivismo profuso all’interno del movimento No Tav.
Dopo la conferma della condanna definitiva da parte della Cassazione nel giugno del 2019, la difesa aveva già presentato istanza per l’affidamento in prova, misura alternativa che le avrebbe permesso di proseguire la sua attività lavorativa. Il Tribunale di Sorveglianza di Torino aveva però inaspettatamente rigettato tutte le misure alternative e aperto la strada all’arresto dell’attivista, avvenuto il 17 settembre 2020.
Per la stessa azione dimostrativa del 2012 al casello autostradale di Avigliana, altre undici persone appartenenti al movimento No Tav erano state condannate a pene che vanno da uno a due anni di carcere. Ad eccezione della professoressa Nicoletta Dosio, che ha terminato di scontare la sua pena di reclusione di un anno lo scorso novembre, il resto ha beneficiato di misure alternative, nello specifico nove di loro dell’affidamento in prova.
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