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Alla luce del conferimento del mandato alla relatrice a riferire in Aula e seppur in attesa di visionare gli emendamenti approvati dalla Commissione giustizia, Amnesty International Italia, A Buon Diritto e Antigone continuano a esprimere la propria preoccupazione in merito al cosiddetto Decreto Covid-Rave party (DL n. 162/2022).
In particolare, le tre associazioni – due delle quali sono intervenute anche in audizione, a novembre – esprimono le proprie perplessità sia sul rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia in materia di sanzioni sostitutive che sulla nuova disciplina stringente in materia di ergastolo ostativo. Inoltre, esprimono preoccupazione intorno all’articolo 5, che introduce una nuova fattispecie di reato nel Codice penale in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali.
In riferimento all’articolo 5, Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, ha dichiarato: “La norma contraddice i principi fondativi del diritto penale, ossia necessità, offensività, proporzionalità, tassatività. È esemplare di un diritto penale simbolico per nulla ancorato ai reali bisogni di sicurezza del paese. Inoltre potrebbe provocare dannose nuove ondate di affollamento penitenziario, colpendo i nostri ragazzi e i nostri giovani”.
Valentina Calderone, direttrice di A Buon Diritto ha così commentato: “Continua a sembrarci profondamente inopportuna l’introduzione di un ulteriore reato all’interno del nostro codice penale, già gravato da molte fattispecie di cui potremmo tranquillamente fare a meno. Tra l’altro, allo stato attuale, il nostro ordinamento dispone di tutti gli strumenti necessari a sanzionare i comportamenti vagamente descritti dall’articolo 5. A fronte di ben altre priorità e urgenze nel nostro paese, appare incomprensibile la volontà di introdurre l’ennesima norma esemplare, punitiva e repressiva, per di più priva di qualsiasi carattere di necessità e urgenza.”
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, si è espresso così: “In merito all’articolo 5, continuiamo a temere una stretta sul diritto di riunione pacifica. La ridefinizione della fattispecie di reato prevista dalla maggior parte degli emendamenti, compreso quello di iniziativa governativa, diminuirebbe, senza tuttavia eliminarlo del tutto, il rischio di incorrere in interpretazioni estensive della norma. Persiste, quindi, la preoccupazione per l’assenza di tassatività della norma e per la sua dubbia conformità al presupposto di necessità”.
Per tali ragioni, le tre associazioni continuano a manifestare assoluta contrarietà a ogni norma penale, non tassativa, che possa violare il diritto fondamentale a riunirsi pacificamente.