Diciannove prigionieri saharawi attendono giustizia: la denuncia di Amnesty International e Human Rights Watch

9 Novembre 2022

©Jalal Morchidi/Anadolu Agency/Getty Images

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Amnesty International e Human Rights Watch hanno denunciato la situazione di 19 attivisti saharawi condannati 12 anni fa dai tribunali del Marocco al termine di processi iniqui.

Le condanne dei 19 del cosiddetto “gruppo di Gdeim Izik” si basò sul loro presunto ruolo nelle violenze che scoppiarono l’8 novembre 2010 durante lo sgombero, da parte della polizia marocchina, di un campo di protesta nel Sahara occidentale, allestito per un mese con circa 6500 tende per protestare contro le violazioni dei diritti economici e sociali della popolazione saharawi.

Secondo le autorità del Marocco, negli scontri che seguirono allo smantellamento del campo morirono 11 agenti di polizia e tre civili.

Venticinque persone furono indagate per aver preso parte alle violenze “con l’intenzione di uccidere”: tra queste, diversi difensori dei diritti umani saharawi.

Nel 2013, al termine di un processo basatosi in larga parte su “confessioni” che gli imputati denunciarono essere state estorte con la tortura, 23 imputati ricevettero condanne da 20 anni all’ergastolo (uno in contumacia, in quanto fuggito all’estero). Gli altri due vennero condannati al periodo di tempo già trascorso in prigione e dunque scarcerati.

Tre anni dopo la Corte di cassazione annullò le condanne per insufficienza di prove rimandando la celebrazione di un nuovo processo a un tribunale civile.

Nel 2017 la corte d’appello di Rabat confermò il verdetto di colpevolezza, riducendo la pena a due detenuti che poterono così tornare in libertà. Nel frattempo un altro imputato, in libertà provvisoria dal 2011 per ragioni di salute, era deceduto.

Riguardo alle denunce di tortura, la corte d’appello stabilì che essendo trascorso molto tempo era impossibile verificare se esse fossero fondate o meno.

Il 25 novembre 2020, con la sentenza della Corte di cassazione, le condanne furono definitivamente confermate.

Nel 2021 e per due volte nel 2022, su istanza di tre dei prigionieri, il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha criticato la corte d’appello per non aver dovutamente indagato sulle denunce di tortura su cui si sarebbero basate le dichiarazioni di “colpevolezza”.

Il 1° luglio 2022 gli avvocati di 18 dei 19 prigionieri si sono rivolti al Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria chiedendo di dichiarare tale la situazione dei loro assistiti. La decisione non è stata ancora presa.

I 19 prigionieri, che fino al 2017 erano rimasti insieme, sono stati suddivisi tra sei centri di detenzione all’interno del Marocco. La maggior parte di loro è detenuta ad almeno 1000 chilometri di distanza da El-Ayoun, il principale centro del Sahara occidentale.

“Da 12 anni, 19 uomini sono in carcere, con la prospettiva di trascorrervi ancora molto tempo, a seguito di un processo basato su confessioni fabbricate”, ha dichiarato Lama Fakih di Human Rights Watch.

“Il continuo incarceramento del gruppo di Gdeim Izik mostra che quando ci si oppone al dominio marocchino sul Sahara occidentale, quello di un processo equo resta un miraggio”, ha commentato Amna Guellali di Amnesty International.