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Lunedì 26 settembre 2011, due giovani monaci si sono dati fuoco nella provincia del Sichuan per protestare contro la repressione esercitata dal governo cinese contro la libertà di religione e i diritti culturali dei tibetani. Secondo fonti cinesi, i due monaci sono stati rapidamente trasportati in ospedale, mentre le fonti tibetane in esilio sostengono di non avere più notizie e che uno dei due potrebbe essere deceduto.
Al centro del nuovo giro di vite delle autorità cinesi nel Sichuan sono il monastero di Kirti (nel distretto di Ngaba) e quello di Nyitse (nel distretto di Kardze).
Il 15 agosto si era immolato Tsewang Norbu, un monaco di Nyitse, a marzo un monaco di Kirti di nome Phuntsok.
Il suicidio di Phuntsok, datosi fuoco mentre gridava ‘Lunga vita al Dalai Lama’, aveva dato luogo a numerose proteste, stroncate dalle autorità cinesi con arresti di massa (tra cui 300 monaci), sparizioni e uccisioni. Una donna di 65 anni, Sherkyi, e un uomo di 60, Dongkho sono morti durante gli scontri con le forze di sicurezza e un ragazzo di 24 anni, Chukpel, è deceduto in ospedale dopo aver subito un pestaggio da parte della polizia.
La maggior parte dei monaci arrestati a marzo è stata rilasciata, ma tre di essi sono stati condannati a pene dai 10 ai 13 anni di carcere per aver incoraggiato l’immolazione di Phuntsok e per ‘omicidio intenzionale”; cinque sono stati condannati a tre anni e almeno altri tre sono stati assegnati alla ‘rieducazione attraverso il lavoro”; i monaci minorenni sono stati obbligati a seguire corsi di ‘educazione patriottica’.
Amnesty International sollecita il governo cinese a porre immediatamente fine a queste pratiche repressive e a garantire il diritto dei tibetani a praticare la loro religione e la loro cultura.