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Dopo 141 giorni di carcere l’attivista egiziana per i diritti umani Amal Fathy è stata condannata a due anni di carcere con sospensione temporanea della pena dietro cauzione di 20.000 sterline egiziane e a una multa di 10.000 sterline egiziane semplicemente per aver postato su Facebook un video in cui denunciava le molestie sessuali e criticava il governo per la mancata protezione delle donne.
“Siamo di fronte a un oltraggio alla giustizia: una persona che ha subito molestie sessuali viene condannata e chi ne è stato l’autore resta in libertà. Amal Fathy sta dalla parte dei diritti umani. Non è una criminale e non dovrebbe essere punita per il suo coraggio“, ha dichiarato Najia Bounaim, direttrice delle campagne sull’Africa del Nord di Amnesty International.
“Chiediamo ancora una volta al governo egiziano di rilasciare immediatamente e senza condizioni Amal Fathy e di annullare tutte le accuse nei suoi confronti. Il fatto che sia finita in carcere solo per aver espresso pacificamente le sue opinioni è un affronto alla libertà d’espressione garantita dalla Costituzione egiziana e dagli obblighi internazionali sui diritti umani dell’Egitto e fa suonare beffarde le ripetute promesse delle autorità del Cairo di combattere le molestie sessuali“, ha aggiunto Bounaim.
“Mai come oggi nella storia recente egiziana è così tanto pericoloso criticare il governo. Sotto la presidenza di al-Sisi chi esprime pacificamente le sue opinioni è considerato e trattato come un criminale“, ha concluso Bounaim.
Ulteriori informazioni
Amal Fathy è stata arrestata nelle prime ore dell’11 maggio insieme al marito, Mohamed Lotfy, ex ricercatore di Amnesty International e attuale direttore della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, l’organizzazione non governativa egiziana che fornisce consulenza legale alla famiglia di Giulio Regeni. Lotfy e il loro figlio di tre anni sono stati rilasciati grazie al doppio passaporto svizzero.
Amal Fathy è rimasta da allora in carcere ed è persino oggetto di un’altra inchiesta, per la quale è in detenzione preventiva, con le accuse di “appartenenza a un gruppo terroristico”, “diffusione di idee che incitano ad atti di terrorismo” e “pubblicazione di notizie false”. La prossima udienza per decidere se rinnovare o meno la detenzione preventiva è fissata al 14 ottobre.