Aisha al-Shater, Ezzat Ghoniem and Hoda Abdelmoniem (da sinistra a destra) ©Private
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È atteso domenica 5 marzo il verdetto nei confronti di Ezzat Ghoniem, fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Coordinamento egiziano per i diritti e le libertà, e di altri 13 esponenti del gruppo.
I 14 imputati, tra i quali figura anche l’avvocata per i diritti umani Hoda Abdelmoniem, sono in carcere dal 2018 e sono stati sottoposti a sparizioni forzate e a torture, tra cui scariche elettriche e violenze sessuali. Da allora, solo l’avvocata Abdelmoniem – e solo una volta – ha potuto incontrare i familiari.
Sono sotto processo dal 23 agosto 2021 per accuse quali adesione, finanziamento e sostegno a un gruppo terrorista, solo per il loro impegno in favore dei diritti umani e per l’espressione pacifica del loro dissenso, presso un tribunale per la sicurezza dello stato, un organo giudiziario di emergenza.
Le udienze si sono svolte a porte chiuse, all’interno del complesso penitenziario di Bard. Gli avvocati, che non avevano potuto avere accesso agli atti giudiziari durante le indagini, non hanno neanche avuto il permesso di interrogare i testimoni dell’accusa.
Se condannati, i 14 imputati rischiano fino all’ergastolo.
Il Coordinamento egiziano per i diritti e le libertà, istituito per documentare le sparizioni forzate e l’uso della pena di morte e per fornire assistenza legale alle vittime di violazioni dei diritti umani, ha dovuto sospendere le sue attività dal 1° novembre 2018.