Egitto, condannati tre giornalisti di Al Jazeera: ‘una giornata nera’ per la libertà di stampa

22 Giugno 2014

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Un feroce attacco alla libertà di stampa, una giornata nera per l’Egitto‘: così Amnesty International ha commentato la condanna di tre giornalisti di Al Jazeera English, giudicati oggi colpevoli di aver diffuso notizie false e di aver favorito il movimento fuorilegge della Fratellanza musulmana.

Peter Greste, Mohamed Fahmy e Baher Mohamed, arrestati il 29 dicembre 2013, sono stati condannati a sette anni. A Baher Mohamed sono stati inflitti altri tre anni perché era stato trovato in possesso di un bossolo.

Si tratta di un verdetto devastante per i tre uomini e le loro famiglie. Quando dei giornalisti vengono arrestati e giudicati terroristi solo per aver svolto il loro lavoro, è davvero una giornata nera per la libertà di stampa. Sono stati condannati solo perché alle autorità egiziane non è andato bene ciò che hanno detto‘ – ha dichiarato Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

Oggi in Egitto chiunque osi sfidare la narrativa ufficiale è considerato un bersaglio legittimo. Per noi Greste, Fahmy e Mohamed sono prigionieri di coscienza, di cui chiediamo il rilascio immediato e incondizionato‘ – ha proseguito Luther.

Degli altri sei imputati processati insieme ai tre giornalisti di Al Jazeera, due solo stati assolti e quattro sono stati condannati a sette anni. Altri giornalisti sono stati condannati, in contumacia, a 10 anni di carcere, tra cui Sue Turton e Dominic Kane (di nazionalità britannica) e Rena Netjies (olandese).

Un osservatore di Amnesty International al processo ha riscontrato numerose irregolarità e una lunga serie di inettitudini. In 12 udienze, la pubblica accusa non è stata in grado di presentare una sola prova concreta che collegasse i giornalisti a un’organizzazione terrorista o che confermasse che gli imputati avessero ‘falsificato’ delle immagini televisive.

Il processo è stato una vergogna totale. Mandare in prigione per anni questi uomini, dopo uno spettacolo grottesco di questo genere, rappresenta una parodia della giustizia‘ – ha sottolineato Luther.

La pubblica accusa ha ostacolato le richieste della difesa di riesaminare e contestare le prove a carico, dimostrandosi spesso impreparata e disorganizzata, spesso impegnata a esibire prove irrilevanti. Le testimonianze contro gli imputati ascoltate in aula sono apparse in contrasto con quelle rese precedentemente per iscritto. Nel corso dei contro-interrogatori, gli esperti hanno dichiarato di non essere in grado di confermare se i giornalisti di Al Jazeera avessero falsificato delle immagini o avessero portato con sé materiali non autorizzati.

Il verdetto di oggi ci dice una volta di più che le autorità egiziane non si fermeranno di fronte a nulla nella loro spietata campagna contro coloro che mettono in discussione la narrativa ufficiale, a prescindere da quanto siano credibili le prove nei loro confronti‘.

A rischio non sono solo i giornalisti. Nell’ultimo anno migliaia di persone sono state imprigionate nell’ambito della repressione del dissenso e sono state emesse condanne a morte di massa nei confronti di sostenitori dell’ex presidente Mohamed Morsi.

Il sistema giudiziario egiziano ha più volte dimostrato di non voler o non saper celebrare processi equi e imparziali quando gli imputati sono presunti sostenitori dell’ex presidente. Invece di mandare in carcere giornalisti e altre persone sospettate di costituire una minaccia, le autorità dovrebbero condurre indagini indipendenti sulle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza‘ – ha concluso Luther.

FINE DEL COMUNICATO                                     Roma, 23 giugno 2014

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