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Amnesty International ha reso noto uno studio sulla nuova prigione Badr 3, inaugurata con grande enfasi dalle autorità egiziane ma nella quale oppositori politici e persone finite in carcere per aver criticato il governo si trovano in condizioni crudeli e inumane.
La prigione Badr 3 si trova 70 chilometri a nordest della capitale Cairo. Le condizioni sono uguali se non peggiori rispetto a quelle del famigerato complesso penitenziario di Tora, dal quale molti detenuti sono stati trasferiti nella nuova prigione intorno alla metà del 2022.
Le celle sono gelide, le luci al neon sono costantemente accese, le videocamere di sorveglianza sono puntate contro i detenuti, non vi sono forniture sufficienti di cibo, vestiario e prodotti igienici ed è vietato inviarli dall’esterno. Non è consentito leggere libri.
Le visite familiari sono proibite e questo provvedimento riguarda anche detenuti che già non vedevano i loro parenti quando erano detenuti a Tora. È vietata anche la corrispondenza in entrata e in uscita.
Le udienze per la convalida della detenzione preventiva si svolgono online: di conseguenza i contatti diretti tra i detenuti e gli avvocati sono impediti.
Le preoccupazioni per le condizioni detentive e l’accesso alle cure mediche sono aumentate dopo la morte di El-Sayed al-Sayfi il 5 ottobre. Il prigioniero, 61enne e già malato di cancro prima dell’arresto, è morto pochi giorni dopo il trasferimento a Badr 3 a seguito del rinnovo della detenzione preventiva. Non c’è stata alcuna indagine indipendente per accertare i motivi del decesso.
La costruzione e la successiva inaugurazione dei complessi penitenziari di Badr e Wadi al-Natrun (in quest’ultimo sta scontando la sua condanna Alaa Abd el-Fattah, che ha superato i 200 giorni di sciopero della fame) fanno parte della Strategia nazionale sui diritti umani, adottata dal governo egiziano nel settembre 2021 e su cui Amnesty International ha espresso un giudizio estremamente negativo.