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Il 30 agosto, attraverso un comunicato stampa, il giudice dell’inchiesta nota come “caso 173/2011” ha annunciato la chiusura delle indagini, l’annullamento del divieto di viaggio all’estero e la fine del congelamento dei patrimoni nei confronti di quattro organizzazioni non governative egiziane e di loro esponenti, tra cui Azza Soliman, Esraa Abdelfattah, Negad El Bor’ei, Hossam Ali e Magdy Abdelhamid.
Non è ancora noto se il ministero dell’Interno abbia già tolto ufficialmente i loro nomi dall’elenco delle persone sottoposte a divieto di viaggio.
Le indagini vanno ancora avanti nei confronti di altri importanti difensori dei diritti umani, tra i quali Gamal Eid, direttore della Rete araba d’informazione sui diritti umani; Hossam Bahgat, fondatore e direttore dell’Iniziativa egiziana per i diritti personali; Mozn Hassan, direttrice del Centro “Nazra” per gli studi femministi; Mohamed Zaree, direttore dei programmi dell’Istituto del Cairo per gli studi sui diritti umani; Aida Seif al-Dawla, Magda Adly e Suzan Fayad, fondatrici e direttrici del Centro “El-Nadeem” per la riabilitazione delle vittime della tortura.
Dal 2014 il “caso 173/2011” si occupa delle attività e dei finanziamenti dall’estero delle Ong egiziane. Nell’ambito dell’inchiesta sono stati emessi provvedimenti di congelamento dei patrimoni di sette Ong e di 10 difensori dei diritti umani e di divieto di viaggio all’estero per sei anni nei confronti di almeno 31 difensori dei diritti umani e impiegati di Ong.
Al di là del “caso 173/2011”, almeno 13 difensori dei diritti umani e impiegati di Ong restano dietro le sbarre per infondate accuse di terrorismo e altre decine di loro rischiano processi arbitrari per accuse quali la diffusione di notizie false.