Egitto: niente stato di diritto, se non si affrontano le violazioni da parte di polizia ed esercito

2 Ottobre 2012

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Il presidente Mohamed Morsi ha la storica opportunità di affrontare il lascito di sangue prodotto  dalla polizia e dall’esercito dell’Egitto e garantire che nessuno sia più al di sopra della legge. Lo ha dichiarato oggi Amnesty International diffondendo due nuovi rapporti sul paese.

I due rapporti documentano uccisioni illegali, uso eccessivo della forza (compreso l’impiego di munizioni letali contro i manifestanti), torture e maltrattamenti verificatisi nei 16 mesi di governo del Consiglio supremo delle forze armate (Scaf).

Il primo rapporto, ‘Brutalità impunita e incontrollata. L’esercito egiziano uccide e tortura impunemente i manifestanti‘, si concentra su tre episodi avvenuti al Cairo: le proteste di fronte al palazzo Maspero, nell’ottobre 2011, in cui vennero uccisi 27 manifestanti, per lo più copti; la manifestazione di fronte alla sede del governo, nel dicembre 2011, in cui morirono 17 persone; e il sit-in di Abbaseya, del maggio 2012, in cui le vittime furono almeno 12.

L’esercito, si legge nel rapporto, ha agito al di sopra della legge. I tribunali militari non hanno fornito risarcimenti e non è stata aperta neanche un’inchiesta.

‘Se i soldati responsabili di uccisioni, ferimenti e altre violazioni dei diritti umani dei manifestanti non saranno giudicati da un tribunale civile e indipendente, le vittime non otterranno giustizia e gli autori dei precedenti crimini si sentiranno autorizzati a ripetere le loro azioni senza timore di essere puniti’ – ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

Donne e uomini che prendevano parte alle manifestazioni sono stati sottoposti a brutali pestaggi, minacciati di stupro e stuprati, torturati con la corrente elettrica. Migliaia di persone sono comparse di fronte ai tribunali militari. Le donne sono state particolarmente prese di mira e, al di là di dichiarazioni di scuse da parte dello Scaf, non sono state svolte indagini indipendenti né corrisposti risarcimenti.

A luglio, il presidente Morsi ha istituito un comitato d’indagine su tutte le uccisioni e i ferimenti verificatisi durante il periodo della giunta militare. Il comitato ha però poco tempo a disposizione. Amnesty International ritiene che invece dovrebbe avere tutto il tempo, le risorse e i poteri necessari per ascoltare testimoni e pubblici ufficiali e avere accesso alle informazioni utili per identificare i responsabili.

Il secondo rapporto di Amnesty International, ‘Forze della repressione: la polizia egiziana e la necessità di riforme‘, denuncia la totale impunità goduta dalle tre principali forze di polizia: le Forze centrali di sicurezza (Csf, ossia i reparti antisommossa), la Direzione generale delle indagini di polizia (Gip, la polizia nazionale) e i Servizi d’indagine sulla sicurezza dello stato (Ssi, recentemente aboliti).

Anche questo secondo rapporto si concentra su tre episodi: gli scontri di via Mohamed Mahmoud, presso la sede del ministero dell’Interno, nel novembre 2011; le proteste successive all’uccisione di tifosi della squadra di calcio dell’Al-Ahly, nella stessa strada, nel febbraio 2012; e gli scontri nella zona delle Nile City Towers, nell’agosto 2012.

Il rapporto denuncia la brutale risposta della polizia nei confronti dei manifestanti, la duratura attitudine alla tortura nei confronti dei detenuti e il flagrante disprezzo mostrato nei confronti della legge.

‘Dalla rivolta del 2011, le violazioni, di portata endemica, da parte della polizia, sono proseguite. Occorrono riforme profonde e complessive per porre fine a questi comportamenti abusivi radicati nel tempo, tra cui la valutazione degli agenti in servizio, la sospensione di quelli su cui sono in corso indagini per violazioni dei diritti umani e la nomina di un organismo civile indipendente di supervisione’ – ha dichiarato Sahraoui.

La polizia antisommossa ha regolarmente fatto ricorso a un uso eccessivo e letale della forza contro le manifestazioni pacifiche, mediante l’impiego sproporzionato dei gas lacrimogeni, i pestaggi e gli arresti arbitrari. Gli agenti di polizia hanno esploso pallini da caccia, proiettili di gomma e munizioni letali contro la folla, uccidendo, ferendo e accecando i manifestanti.

I gas lacrimogeni e le pistole fanno parte delle forniture arrivate dagli Usa prima e dopo la rivolta del 2011. Amnesty International aveva chiesto la sospensione dei trasferimenti di gas lacrimogeni e delle armi leggere, fino a quando le autorità egiziane non avessero introdotto garanzie per prevenire ulteriori violazioni dei diritti umani da parte delle forze di polizia nel corso delle manifestazioni.

‘I vari ministri dell’Interno, che hanno diretto la polizia dalla rivolta dello scorso anno, hanno ripetutamente annunciato il loro impegno per le riforme e il rispetto dei diritti umani ma finora i provvedimenti hanno soltanto scalfito la superficie del problema. Piuttosto, hanno cercato di far approvare leggi simili a quelle dello stato d’emergenza, in nome del ripristino della sicurezza’ – ha commentato Sahraoui.

A luglio, Amnesty International aveva inviato al presidente Morsi un dettagliato memorandum in cui sollecitava, in via prioritaria, riforme delle forze di polizia e degli apparati di sicurezza, trasparenza e assunzione di responsabilità.

‘Per ripristinare la fiducia delle persone nei confronti delle forze di polizia egiziane, la cui brutalità è stata uno dei principali detonatori della rivolta, occorrono grandi riforme che portino la polizia ad avere procedure operative, di reclutamento e di addestramento basate fermamente sugli standard internazionali e a essere sottoposta a un controllo indipendente’ – ha concluso Sahraoui.

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Scarica il rapporto in inglese ‘Brutalità impunita e incontrollata. L’esercito egiziano uccide e tortura impunemente i manifestanti’
Scarica il rapporto in inglese ‘Forze della repressione: la polizia egiziana e la necessità di riforme’

FINE DEL COMUNICATO                                                              Roma, 2 ottobre 2012

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