Egitto, nuova legge contro l’indipendenza del potere giudiziario

28 Aprile 2017

Foto di Hossam el-Hamalawy

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Se sarà ratificata dal presidente Abdel Fattah al-Sisi, la nuova legge approvata dal parlamento egiziano il 26 aprile pregiudicherà ulteriormente l’indipendenza del potere giudiziario.

Il presidente potrà infatti nominare le più alte cariche, compresi i presidenti della Corte di cassazione, del Consiglio di stato e di altri organi della giustizia amministrativa.

In precedenza, il presidente interveniva nelle nomine solo formalmente, ratificando con un suo decreto le nomine formulate dai consigli giudiziari.

La legge, approvata con due terzi dei voti del parlamento, è stata contestata dall’Associazione dei magistrati, che ha invitato il presidente a non ratificarla e ha convocato un’assemblea per il 5 maggio. L’Associazione dei giudici del Consiglio di stato ha preso una posizione analoga, sostenendo che la nuova legge comprometterà l’indipendenza del potere giudiziario e andrà contro il principio della separazione dei poteri.

Due degli organi che saranno maggiormente penalizzati dalla nuova legge, la Corte di cassazione e la Corte suprema amministrativa, sono da molti considerati l’ultimo baluardo dell’indipendenza giudiziaria in Egitto.

La Corte di cassazione ha annullato condanne a morte di massa in quanto nei processi non erano state accertate le responsabilità individuali e le prove raccolte nel corso delle indagini dall’Agenzia per la sicurezza nazionale erano insufficienti.

La Corte suprema amministrativa, che di recente aveva annullato la decisione del governo del Cairo di cedere due isole del mar Rosso all’Arabia Saudita, è responsabile tra l’altro della revisone delle azioni e delle prassi dell’esecutivo nei casi riguardanti violazioni dei diritti umani.

Dal 2013 le autorità egiziane cercano di trasformare i tribunali in strumenti di repressione: processi e interrogatori si svolgono in centri controllati dal ministero dell’Interno o presso tribunali speciali incaricati di giudicare gli imputati di manifestazioni non autorizzate o atti di violenza, i quali dal 2014 hanno emesso centinaia di condanne a morte o all’ergastolo senza minimamente rispettare gli standard internazionali sui processi equi.

Negli ultimi quattro anni diversi giudici hanno subito misure disciplinari per aver criticato in modo del tutto pacifico il governo.

Altri sono stati costretti a lasciare l’incarico con l’accusa di aver preso parte ad attività politiche: come nel caso di 32 giudici che nel 2013 avevano sottoscritto una dichiarazione contraria alla deposizione dell’ex presidente Mohamed Morsi.

Nel marzo 2017 i giudici Hisham Raouf e Assem Abdelgabar sono stati deferiti a un organo disciplinare per aver preso parte a un seminario, insieme a gruppi locali per i diritti umani, su una bozza di legge contro la tortura.