Tempo di lettura stimato: 2'
Il 29 maggio un tribunale militare egiziano ha condannato a morte otto imputati e a pena detentiva altri 18 al termine di un processo gravemente irregolare, basato su prove estorte attraverso torture terribili come, ad esempio, le frustate con stracci dati alle fiamme.
I 26 imputati sono stati giudicati colpevoli di appartenenza a un gruppo fuorilegge (la Fratellanza musulmana) e di possesso di armi da fuoco, esplosivi e documenti militari classificati segreti.
In aula erano presenti 19 imputati, sei dei quali sono stati condannati a morte. Gli altri sono stati condannati a pena detentiva o a morte in contumacia. Il presidente egiziano ha 60 giorni di tempo per ratificare le condanne.
I 19 imputati presenti in aula erano stati arrestati tra il 28 maggio e il 7 giugno 2015. Per 46 giorni erano stati trattenuti in centri di detenzione gestiti dai servizi segreti militari, isolati dal mondo, in condizioni equivalenti a sparizione forzata. Amnesty International ha verificato che 18 dei 19 erano stati trattenuti presso il quartier generale dell’intelligence militare a Nasr City, al Cairo, mentre il 19esimo era stato portato nella famigerata prigione militare al-Azouly, nella base militare al-Galaa di Ismailia.
Durante quel periodo, erano stati sottoposti a scariche elettriche sui genitali, frustati con stracci dati dalle fiamme e sospesi per i polsi con le mani legate dietro la schiena.
Nel corso del processo, tutti gli imputati presenti hanno denunciato le torture e i loro avvocati hanno chiesto che venissero autorizzati esami medici. Le denunce e le richieste sono state ignorate.