Credit: Amnesty International
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Egitto, rapporto di Amnesty International sulla Procura per la sicurezza dello stato: “un minaccioso strumento di repressione”
In un nuovo rapporto sull’Egitto diffuso oggi, Amnesty International ha accusato la Procura suprema per la sicurezza dello stato – responsabile delle indagini sulle minacce alla sicurezza nazionale – di abusare regolarmente delle norme antiterrorismo per annullare le garanzie sul giusto processo e perseguire migliaia di persone che hanno criticato il governo in modo pacifico.
Il rapporto, intitolato “Stato d’eccezione permanente“, rivela le complicità della Procura suprema nelle sparizioni forzate, nella privazione arbitraria della libertà, nei maltrattamenti e nelle torture. La Procura ha imposto lunghi periodi di carcere a migliaia di persone sulla base di accuse inventate e privando in modo evidente i detenuti del diritto a un processo equo.
“La Procura suprema ha ampliato la definizione di ‘terrorismo’ fino a comprendere le proteste pacifiche, i post sui social media e le legittime attività politiche. Il risultato è che chi critica in modo pacifico il governo è considerato un nemico dello stato. La Procura suprema è diventata uno strumento fondamentale della repressione. Il suo compito principale pare essere quello di ordinare arresti arbitrari e intimidire le voci critiche, il tutto in nome della lotta al terrorismo“, ha dichiarato Philip Luther, direttore delle ricerche sul Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International.
“Molte delle persone incriminate dalla Procura suprema erano manifestanti pacifici o difensori dei diritti umani che non avrebbero mai dovuto finire agli arresti“, ha aggiunto Luther.
Il rapporto di Amnesty International descrive decine di casi di difensori dei diritti umani e persone che hanno criticato in modo pacifico il governo, portate di fronte alla Procura suprema.
L’elenco comprende Zyad el-Elaimy, avvocato per i diritti umani ed esponente del Partito socialdemocratico egiziano, arrestato per aver cercato di fondare una coalizione parlamentare chiamata “Coalizione della speranza” per partecipare alle elezioni parlamentari del 2020; e Abeer el-Safty, una giornalista arrestata per essersi opposta alla richiesta della polizia di votare in un referendum del 2019.
L’ascesa della Procura suprema
Dalla salita al potere del presidente Abdel Fattah al-Sisi nel 2013, il numero dei casi trattati dalla Procura suprema è aumentato di tre volte: da 529 nel 2013 a 1739 nel 2018.
Questo straordinario aumento ha consentito alle autorità di trattenere, teoricamente in detenzione preventiva per lo sviluppo delle indagini, persone sospettate di aver commesso reati; di fatto, molte persone sono detenute per mesi se non per anni senza alcuna prova nei loro confronti, unicamente sulla base di indagini segrete della polizia e senza che sia possibile opporre ricorso.
In questo modo le autorità hanno ripristinato la prassi della detenzione amministrativa in vigore sotto lo stato d’emergenza dell’era Mubarak, poi giudicato incostituzionale nel 2013.
Da allora, la Procura speciale ha ampiamente abusato dei suoi poteri per prendere di mira gli oppositori del governo, nel contesto di sei anni di una repressione senza precedenti. Un nuovo stato d’emergenza è stato proclamato nel 2017 e da allora è stato continuamente rinnovato.
“La Procura suprema, insieme all’Agenzia per la sicurezza nazionale, una forza speciale di polizia, e ai tribunali antiterrorismo costituiscono un sistema di giustizia parallelo che ha l’obiettivo di arrestare, interrogare e processare dissidenti pacifici. La normalizzazione della Procura speciale come perno di uno stato di eccezione permanente significa che i diritti alla libertà personale, a un processo equo e alla libertà dalla tortura sono sospesi nei confronti di chiunque sia accusato di ‘terrorismo’“, ha sottolineato Luther.
Il rapporto di Amnesty documenta 138 casi di persone arrestate dalla Procura suprema dal 2013 al 2019. Si basa su oltre 100 interviste, sulla revisione di atti giudiziari e verbali di polizia, su referti medici, video e rapporti di organizzazioni non governative e delle agenzie delle Nazioni Unite.
Di questi 138 casi, 56 riguardano persone arrestate per aver preso parte a proteste o per aver fatto dichiarazioni sui social media e 76 persone arrestate sulla base delle loro attività politiche o in favore dei diritti umani recenti e passate; infine, sei persone sono accusate di essere state coinvolte in atti di violenza.
Nella maggior parte dei casi, queste persone risultano indagate per l’accusa di militanza o favoreggiamento del terrorismo o di altri gruppi illegali. In realtà, molte di loro sono detenute solo sulla base di prove segrete emerse dalle indagini della polizia, che la massima corte egiziana ha stabilito nel 2015 non rappresentare di per sé delle prove, o sulla base di contenuti diffusi online che criticano le autorità egiziane ma non costituiscono incitamento.
Prolungate detenzioni arbitrarie
Il rapporto di Amnesty International denuncia che la Procura suprema abusa regolarmente dei poteri speciali affidatile dalla legislazione egiziana, che consente la detenzione preventiva di una persona sospettata di aver commesso un reato per un massimo di 150 giorni. Contro il rinnovo è possibile fare ricorso ma la decisione su chi debba esaminarlo – un giudice o un membro della Procura suprema – è lasciata alla discrezionalità di quest’ultimo organismo.
Dopo i primi 150 giorni, la Procura suprema chiede ai “tribunali speciali antiterrorismo” di rinnovare la detenzione preventiva per periodi di 45 giorni. Anche in questa fase è la stessa Procura suprema a decidere chi dovrà esaminare il ricorso. Persino quando un giudice ordina il rilascio di un detenuto, la Procura suprema aggira la sentenza ordinando la detenzione della persona interessata per una nuova diversa accusa.
In questo modo, la Procura suprema è riuscita a trattenere arbitrariamente in carcere per mesi e a volte per anni migliaia di persone per vaghe accuse di “terrorismo”. Dalle ricerche di Amnesty International è emerso che la detenzione preventiva dura in media 345 giorni e che in un caso si è estesa per 1263 giorni, al termine dei quali è avvenuto il rilascio senza rinvio a processo. In questo periodo, è raro che i detenuti vengano interrogati più di una volta.
Il giornalista di “al-Jazeera” Mahmoud Hussein, accusato di aver trasmesso notizie false, è detenuto dal 23 dicembre 2016. La detenzione preventiva è stata via via rinnovata sia dalla Procura speciale sia da un giudice. Nel maggio 2019 è stata disposta la libertà provvisoria ma la Procura ha ignorato la sentenza ordinando la detenzione sulla base di nuove accuse.
Complicità nella tortura e nelle sparizioni forzate
Il rapporto di Amnesty International accusa la Procura suprema anche di complicità nelle sparizioni forzate e nella tortura.
La Procura suprema rifiuta sistematicamente di disporre indagini sulle denunce di sparizione forzata e tortura e presenta ai processi delle confessioni estorte con la tortura. In alcuni casi, imputati giudicati colpevoli sulla base di questo genere di prove sono stati messi a morte.
Il rapporto documenta 112 casi di sparizione forzata per periodi fino a 183 giorni, prevalentemente per responsabilità dell’Agenzia per la sicurezza nazionale.
L’avvocata per i diritti umani Hoda Abdelmoniem è stata sottoposta a sparizione forzata per tre mesi. Durante questo periodo è comparsa di fronte alla Procura speciale per denunciare che la polizia la stava trattenendo in un luogo ignoto ai suoi legali e ai suoi familiari ma i procuratori non hanno preso alcuna iniziativa per indagare né hanno ordinato che venisse trasferita in un centro regolare di detenzione se non dopo 90 giorni di sparizione forzata.
Il rapporto denuncia inoltre che la Procura suprema non ha indagato su 46 casi di maltrattamenti e torture sollevati da Amnesty International. L’attivista per i diritti umani Esraa Abdelfattah ha denunciato alla Procura speciale che uomini dell’Agenzia per la sicurezza nazionale l’avevano rapita, picchiata e torturata, cercando anche di strangolarla. Ma sulla sua denuncia non è stata avviata alcuna indagine.
La Procura speciale, infine, omette sistematicamente di informare i detenuti sui loro diritti, nega loro l’accesso agli avvocati e li sottopone a interrogatori coercitivi in cui i detenuti sono bendati, trattenuti in condizioni inumane e minacciati che subiranno ulteriori interrogatori e torture da parte dell’Agenzia per la sicurezza nazionale.
“Suona oltraggioso che un’istituzione che dovrebbe favorire la giustizia attraverso procedimenti legali violi così clamorosamente il suo dovere di garantire processi equi e si renda invece complice di torture e sparizioni forzate dei detenuti“, ha commentato Luther.
“Le autorità egiziane devono istituire una commissione pubblica d’inchiesta sul ruolo della Procura suprema nelle detenzioni arbitrarie prolungate, nella violazione del diritto al giusto processo e nella complicità nelle torture e nelle sparizioni forzate“, ha chiarito Luther.
Gli avvocati che rappresentano gli imputati indagati dalla Procura suprema hanno a loro volta denunciato di aver subito minacce, intimidazioni, arresti e periodi di carcere a causa del loro lavoro. I difensori dei diritti umani e avvocati Mahienour el-Masry e Mohamed el-Baqer sono stati entrambi arrestati all’interno degli uffici della Procura suprema mentre difendevano i loro clienti.
Nascondere la repressione
Due mesi fa le autorità egiziane hanno reagito a una rara ondata di proteste con una massiccia serie di arresti, oltre 4000, per lo più eseguiti a caso nel giro di poche settimane. La Procura speciale ha aperto indagini sulla maggior parte degli arrestati per il loro presunto coinvolgimento nelle proteste e per accuse relative a fatti di “terrorismo”.
“A livello globale, le autorità cercano di nascondere la repressione della libertà di espressione sostenendo che stanno combattendo il ‘terrorismo’. In realtà stanno considerando ‘terrorismo’ anche l’opposizione pacifica e l’espressione delle opinioni. La comunità internazionale non dev’essere tratta in inganno da questa ingannevole retorica. Gli alleati dell’Egitto non devono sacrificare i loro principi basati sui diritti umani sull’altare degli affari e dei legami di sicurezza. Devono sollecitare le autorità egiziane a riformare la Procura suprema e a rilasciare tutte le persone in carcere per aver espresso pacificamente le loro idee o per aver difeso i diritti umani“, ha concluso Luther.