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Libano, Amnesty International e il Sindacato dei vigili del fuoco del Regno Unito chiedono un’indagine completa sull’esplosione di Beirut
Il sindacato dei vigili del fuoco del Regno Unito (Fire Brigades Union, Fbu) si è unito all’appello di Amnesty International rivolto al governo britannico affinché sia condotta un’indagine internazionale completa sulla devastante esplosione di Beirut, avvenuta tre mesi fa.
In un nuovo video di un minuto, la vigile del fuoco britannica Holly Ferguson, 36 anni, in servizio da 11 anni, ha definito l’esplosione di Beirut “come un incubo“.
Ferguson afferma che i vigili del fuoco libanesi sono stati “gravemente abbandonati” da funzionari che non li hanno avvertiti della presenza di sostanze chimiche pericolose nel porto, pur essendone a conoscenza.
L’enorme esplosione del 4 agosto a Beirut ha ucciso 10 vigili del fuoco della compagnia di Beirut: Najeeb Hati, Charbel Hati, Ralph Malahi, Charbel Karam, Joe Noun, Rami Kaaki, Joe Bou Saab, Elie Khouzami, Mathal Hawa e Sahar Fares – paramedica interna ai vigili del fuoco.
L’intervento al molo di Beirut dei dieci operatori di soccorso era stato richiesto alle 17.55 dalla polizia, per via di un grave incendio. Gli operatori non erano stati informati delle grandi quantità di nitrato di ammonio che si trovavano nel porto, nonostante molti alti funzionari libanesi ne fossero a conoscenza. Alle 18.08 il deposito che ospitava la sostanza chimica è esploso, uccidendoli.
Nella città, in seguito all’esplosione sono morte 190 persone. Oltre 6.500 persone sono rimaste ferite, mentre 300.000 sono rimaste senza casa o hanno dovuto lasciarla. Inoltre, è stato calcolato che 70.000 persone hanno perso il lavoro.
A tre mesi dall’esplosione, Amnesty e l’Fbu ritengono sempre più evidente che le autorità libanesi in carica non hanno alcuna intenzione di condurre un’indagine efficace, trasparente e imparziale su quanto avvenuto, privando le vittime dell’esplosione e i loro familiari del diritto a ottenere verità, giustizia e rimedio.
Le vittime dell’esplosione, tra le quali i familiari dei vigili del fuoco rimasti uccisi svolgendo il loro lavoro al porto, hanno esplicitamente chiesto un meccanismo internazionale di accertamento dei fatti, esprimendo la propria mancanza di fiducia in un processo interno. Finora queste richieste sono state respinte dalle autorità libanesi, anche dal presidente.
L’Fbu e Amnesty International adesso chiedono con forza al ministro per gli Affari esteri britannico Dominic Raab di sostenere le richieste di un’indagine internazionale attendibile. L’indagine dovrebbe essere ordinata per valutare tutti gli aspetti della responsabilità dell’esplosione, hanno dichiarato Amnesty International e l’Fbu, rendendo pubblico quanto emerso.
“Le terribili scene di Beirut vivranno a lungo nella memoria e nelle menti dei vigili del fuoco del Regno Unito. Ogni giorno, i vigili del fuoco in tutto il mondo sono i primi ad arrivare per rispondere a incendi e ad altri eventi, con la consapevolezza che potrebbero non fare mai ritorno“, ha affermato Matt Wrack, segretario generale dell’Fbu.
“Purtroppo, i coraggiosi uomini e donne intervenuti nell’incendio del porto di Beirut lo hanno fatto senza essere informati della presenza di 3000 tonnellate di nitrato di ammonio. Li hanno portati a morire e li hanno imperdonabilmente abbandonati. I familiari dei vigili del fuoco e di tutti coloro che hanno perso la vita a Beirut meritano delle risposte“, ha aggiunto Matt Wrack.
“Il Libano ha una lunga vergognosa storia di politici che permettono che gravi crimini, comprese le violazioni dei diritti umani, restino impuniti ed è esattamente quello che sembra stia accadendo di nuovo“, ha dichiarato Kate Allen, direttrice di Amnesty International Regno Unito.
“Il Regno Unito dovrebbe dichiarare che è ora che le autorità libanesi rompano con il passato e che i responsabili della devastazione del 4 agosto rispondano delle proprie azioni“, ha concluso Kate Allen.
Un anno di proteste e disordini politici
Nell’ottobre del 2019 in Libano è scoppiata una serie di proteste senza precedenti contro la corruzione e il basso tenore di vita. Per settimane, decine di migliaia di persone hanno manifestato nelle città, nei paesi e nei villaggi di tutto il paese. Le forze di sicurezza e militari hanno risposto a proteste perlopiù pacifiche con pestaggi, gas lacrimogeni, pallottole di gomma e, a volte, con munizioni e pallottole vere; allo stesso tempo non sono riuscite a difendere i manifestanti dagli attacchi dei sostenitori armati di partiti politici.
Centinaia di manifestanti sono rimasti gravemente feriti, mentre decine di persone sono state arrestate e detenute illegalmente. Molte hanno riferito di aver subito, durante la detenzione, pesanti pestaggi, a volte così gravi da rappresentare tortura. Gli attivisti e i giornalisti sono stati perseguiti, incluso di fronte a tribunali militari.