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Commentando la sentenza emessa il 14 ottobre dal tribunale di Perugia, che ha condannato le sette persone imputate per l’espulsione illegale dall’Italia, avvenuta nel maggio del 2013, della moglie e della figlia dell’oppositore politico kazako Mukhtar Ablyazov, il portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury ha diffuso la seguente dichiarazione:
“Anche se non conosciamo le motivazioni della sentenza e che si dovrà attendere l’esaurimento dei vari gradi di giudizio, il fatto che sette funzionari dello stato siano stati condannati a vario titolo per l’espulsione di Alma Shalabayeva conferma la gravità di quanto accaduto oltre sette anni fa“.
“Fu una vicenda grottesca: una donna e la sua piccola figlia portate in tutta fretta su un aereo privato, senza un giusto processo, e inviate in un paese dove sarebbero state a rischio di persecuzione. Di ciò si rese conto lo stesso governo italiano che, meno di due mesi dopo, annullò retroattivamente l’ordine di espulsione, ammettendo che aveva violato la legge“.
“Né l’indagine che ha portato al processo di Perugia né altri approfondimenti hanno preso in esame le eventuali responsabilità dell’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano. Ricordiamo con rammarico che nel 2017, a seguito di un accordo politico all’interno della maggioranza di governo, si decise di non istituire la più volte annunciata commissione d’inchiesta“.
Ulteriori informazioni
Il 29 maggio 2013, con la scusa di presunte irregolarità nei documenti della donna, successivamente smentite, Alma Shalabayeva e la sua figlia di sei anni, Alua Ablyazova, vennero prelevate dalla loro abitazione a Roma a seguito di un raid della polizia che avrebbe avuto per obiettivo Mukhtar Ablyazov, sul quale pendevano un mandato di cattura per accuse di frode emesso dalla Gran Bretagna e una richiesta di estradizione da parte del Kazakistan.
Il 31 maggio, dopo un procedimento di espulsione dalla velocità sospetta, Alma Shalabayeva e sua figlia furono costrette dalla polizia italiana a salire a bordo di un aereo privato diretto in Kazakistan.
Il 12 luglio il governo italiano annullò retroattivamente l’ordine di espulsione, riconoscendo che il rimpatrio forzato di Alma Shalabayeva e di sua figlia aveva violato la legge italiana.