Photo by YASUYOSHI CHIBA/AFP via Getty Images
Tempo di lettura stimato: 8'
In un rapporto diffuso oggi, Amnesty International e Human Rights Watch hanno accusato le forze di sicurezza regionali dell’Amhara e le autorità civili della Zona occidentale del Tigray di aver commesso, a partire dal novembre 2020, violenze di tale diffusione e intensità contro la popolazione tigrina da poter costituire crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Le autorità dell’Etiopia hanno fortemente limitato l’accesso e il monitoraggio indipendente in quest’area, riuscendo a tenere ampiamente nascosta la campagna di pulizia etnica.
Il rapporto descrive come le autorità di fresca nomina nella Zona occidentale del Tigray e le forze di sicurezza della vicina regione dell’Amhara, con l’acquiescenza e la possibile partecipazione delle forze federali dell’Etiopia, abbiano sistematicamente espulso dalle loro case diverse centinaia di migliaia di civili tigrini ricorrendo a minacce, uccisioni illegali, violenza sessuale, arresti arbitrari di massa, saccheggi, trasferimenti forzati e diniego dell’assistenza umanitaria.
Questi attacchi, massicci e sistematici, contro la popolazione civile dei Tigray costituiscono crimini contro l’umanità e crimini di guerra.
Il governo dell’Etiopia deve assicurare l’immediato accesso delle agenzie umanitarie nella regione, rilasciare tutte le persone arrestate arbitrariamente e indagare e punire in modo appropriato tutti i responsabili dei crimini di diritto internazionale. Ogni accordo raggiunto tra le parti in conflitto dovrebbe prevedere il dispiegamento nella Zona occidentale del Tigray di una forza internazionale di peacekeeping guidata dall’Unione africana col mandato di assicurare la protezione di tutte le comunità dalla violenza.
La Zona occidentale del Tigray è un’area amministrativa della regione etiopica del Tigray. Le rivendicazioni su quest’area fertile hanno causato forti dispute a partire dal 1992.
A due settimane dal conflitto, iniziato nel novembre 2020, l’area è finita sotto il controllo delle forze armate federali d’Etiopia e di forze e milizie alleate locali provenienti dalla regione dell’Amhara.
Durante l’offensiva iniziale, le forze armate federali e quelle alleate hanno commesso crimini di guerra contro le comunità tigrine, tra cui bombardamenti indiscriminati contro le città ed esecuzioni extragiudiziali, costringendo decine di migliaia di persone a rifugiarsi in Sudan e in altre zone del Tigray. Le milizie tigrine e abitanti del posto hanno a loro volta commesso crimini di guerra contro la popolazione locale e lavoratori pendolari amhara nel corso del massacro di Mai Kadra del 9 novembre, il primo su vasta scala del conflitto.
Nei mesi successivi, le nuove autorità della Zona occidentale del Tigray e le forze speciali ahmara (una forza paramilitare regionale) hanno intrapreso una campagna di pulizia etnica contro le comunità tigrine dell’area.
In oltre 15 mesi, i ricercatori di Amnesty International e di Human Rights Watch hanno intervistato oltre 400 persone, testimoni e sopravvissuti ahmara e tigrini da remoto e, di persona, tigrini rifugiati in Sudan. Le ricerche sono state corroborate da documentazione medica, atti giudiziari, immagini satellitari, fotografie e filmati.
Dalla fine del 2020 le forze di sicurezza regionali ahmara, le milizie affiliate e le nuove autorità della Zona occidentale del Tigray hanno avviato una campagna coordinata di persecuzione etnica. In diverse città sono comparsi avvisi che ordinavano ai tigrini di allontanarsi entro 24-72 ore altrimenti sarebbero stati uccisi, mentre gli amministratori locali esaminavano durante riunioni pubbliche i loro piani per espellere le comunità tigrine.
Migliaia di tigrini sono stati rastrellati e posti in detenzione in strutture sovraffollate. Amnesty International e Human Rights Watch ritengono che migliaia di tigrini si trovino ancora in questa situazione, in pericolo di vita.
Le forze di sicurezza si sono rese responsabili di stupri di gruppo, sequestri e riduzione in schiavitù sessuale.
Le autorità locali hanno inoltre imposto limitazioni di movimento, impedito l’ingresso degli aiuti umanitari, vietato l’uso della lingua tigrina e l’accesso ai terreni coltivati. Le forze ahmara e, in alcuni casi, le truppe federali di Eritrea presenti nell’area hanno fatto razzie di prodotti agricoli, bestiame e macchinari privando così i tigrini dei mezzi di sussistenza.
Molte comunità tigrine, di fonte alla fame e alla violenza, non hanno avuto altra scelta che fuggire. In alcuni casi le autorità locali hanno messo a disposizione camion o autobus per trasferire decine di migliaia di persone in altre zone del Tigray.
Questa campagna è andata avanti per mesi. Alla fine del marzo 2021 decine di migliaia di tigrini erano fuggite o erano state espulse. La campagna ha ripreso vigore nel novembre 2021, quando altre decine di migliaia di tigrini (per lo più anziani e ammalati, giovani madri e bambini) sono state espulse. Le forze ahmara hanno arrestato altre migliaia di uomini adulti, uccidendo chi cercava di fuggire.
Il 17 gennaio 2021 le milizie ahmara note come Fano e residenti del posto hanno rastrellato decine di uomini tigrini della città di Adi Goshu. Circa 60 sono stati uccisi sommariamente lungo il fiume Tekeze. Questo massacro ha provocato un esodo di massa da Adi Goshu.
Secondo le testimonianze di ex prigionieri, molte persone sono morte nei centri di detenzione diretti dalle forze ahmara e dalle milizie Fano: uccisi, torturati, privati di cure mediche, di cibo e di acqua.
Sia le forze federali dell’Etiopia che le autorità dell’Ahmara hanno negato le denunce di pulizia etnica nella Zona occidentale del Tigray. Il 25 febbraio 2022 Amnesty International e Human Rights Watch hanno scritto al governo federale e alle autorità regionali dell’Ahmara e del Tigray presentando le conclusioni delle loro ricerche. Ha risposto solo il governo regionale dell’Ahmara.
Il 24 marzo il governo ha annunciato una tregua umanitaria.
Le autorità federali e regionali devono consentire l’ingresso degli aiuti umanitari, smobilitare e disarmare tutte le milizie e le forze armate presenti nella Zona occidentale del Tigray e rimuovere dall’incarico tutti coloro che sono sospettati di aver commesso gravi crimini.
Ogni eventuale accordo tra tutte le parti in conflitto dovrà prevedere il dispiegamento urgente di una forza internazionale di peacekeeping, guidata dall’Unione africana e sostenuta dai partner regionali e internazionali dell’Etiopia, per promuovere il rispetto dei diritti umani, consentire l’ingresso degli aiuti umanitari e proteggere le comunità a rischio nel Tigray.