Etiopia, la debole risposta internazionale al conflitto del Tigrè ha alimentato le atroci violazioni degli ultimi sei mesi

5 Maggio 2021

Tempo di lettura stimato: 8'

I leader africani e del resto del mondo devono prendere posizione al più presto e agire concretamente per fermare l’intensa ondata di violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale nel conflitto armato che infuria ormai da sei mesi nella regione etiope del Tigrè.

Dallo scoppio degli scontri il 4 novembre 2020, migliaia di civili sono stati uccisi, centinaia di migliaia di persone sono sfollate internamente nella regione del Tigrè e 63.000 rifugiati sono fuggiti in Sudan. Amnesty International insieme ad altre organizzazioni ha documentato molte violazioni dei diritti umani, tra cui crimini di guerra e verosimilmente crimini contro l’umanità. Inoltre, esistono numerose segnalazioni attendibili di donne e ragazze vittime di violenza sessuale, inclusi stupri di gruppo, da parte di soldati etiopi ed eritrei.

“A distanza di sei mesi dall’inizio del conflitto nel Tigrè, le prove attendibili di violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale sono molte ma la risposta da parte dell’Unione africana e delle Nazioni unite è stata miseramente inadeguata”, ha dichiarato Deprose Muchena, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale.

“Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha atteso mesi prima di esprimere finalmente la propria preoccupazione sulla situazione nel Tigrè, sempre più catastrofica. L’Unione africana e i governi della regione, al contempo, hanno fatto ben poco per prendere posizione contro la valanga di probabili crimini di guerra e crimini contro l’umanità”, ha proseguito Deprose Muchena.

Violazioni su tutti i fronti

Il governo etiope ha ignorato le richieste di accesso alla regione del Tigrè fatte da Amnesty International, rendendo difficili le operazioni di verifica delle accuse di violazioni dei diritti umani, in un contesto di costanti e forti restrizioni sulle comunicazioni.

Tuttavia, Amnesty International è riuscita a documentare dettagliatamente numerose atrocità, facendo ricorso a metodi d’indagine open source, tra cui l’analisi di immagini satellitari e la verifica di prove video, oltre ad aver ascoltato decine di sopravvissuti, telefonicamente per quanto riguarda le persone che si trovavano nel Tigrè o di persona per i rifugiati nel Sudan orientale.

L’organizzazione ha documentato atrocità fra cui l’uccisione di massa di centinaia di civili avvenuta a Mai-Kadra nel Tigrè occidentale il 9 e 10 novembre 2020, sembrerebbe a opera delle forze fedeli al Fronte popolare di liberazione del Tigrè (Tplf). Successivamente, Amnesty International ha ricevuto notizie di rappresaglie che hanno colpito la popolazione del Tigrè residente a Mai-Kadra, tra cui esecuzioni extragiudiziali, saccheggi di proprietà e detenzioni di massa.

Amnesty International ha appurato che le truppe eritree il 28 e 29 novembre hanno ucciso centinaia di civili ad Axum, in quello che probabilmente ha costituito un crimine contro l’umanità, e hanno sparato indiscriminatamente sui civili ad Adua, uccidendone tre e ferendone altri 19 il 12 aprile 2021. Grazie alla collaborazione con la Cnn, Amnesty International ha anche confermato che le truppe delle Forze etiopi di difesa nazionale hanno fatto ricorso a esecuzioni extragiudiziali a Mahibere Dego, nei pressi di Axum, il 15 gennaio 2021.

Gli organi di stampa internazionali, autorizzati a entrare nella regione del Tigrè alla fine di febbraio, hanno pubblicato una serie di notizie a conferma dei precedenti racconti di atrocità riportati da Amnesty International e altre organizzazioni e hanno anche rivelato nuove terribili notizie di violazioni.

Tra queste, figurano le accuse di pulizia etnica nel Tigrè occidentale, una zona sotto il controllo della polizia speciale amhara pro-governativa e della milizia amhara Fano, che ha costretto allo sfollamento decine di migliaia di persone. Amnesty International non ha ancora effettuato una verifica indipendente di queste accuse ma sta proseguendo con le proprie ricerche.

Inoltre, sono giunte scioccanti segnalazioni in merito a stupri e altre violenze di genere dilaganti, di cui sono state vittime donne e ragazze nella regione del Tigrè. Secondo quanto dichiarato dalle agenzie Onu e dalle Ong che operano nella regione, esse sono “preoccupate dalle notizie delle crescenti violenze nei confronti di donne e ragazze, tra cui degli strazianti racconti di violenze sessuali” e che “ la risposta resta del tutto inadeguata rispetto alle reali necessità”. Al contempo, le agenzie umanitarie hanno denunciato attacchi e saccheggi di ospedali e di altre strutture sanitarie nella regione del Tigrè.

“È inconcepibile che le donne e le ragazze subiscano violenze sessuali nel Tigrè mentre il mondo resta a guardare. Nel frattempo, il conflitto ha decimato le scorte di ospedali e operatori umanitari che sono mal attrezzati per prestare assistenza”, ha commentato Deprose Muchena.

Ostacoli agli aiuti umanitari e timori per una carestia

Amnesty International ha chiesto ripetutamente a tutte le parti in conflitto nel Tigrè di consentire il libero accesso umanitario. Alla data del 27 aprile, l’Onu ha parlato di miglioramenti, ma ha dichiarato che “la situazione nel Tigrè resta instabile e costituisce un ostacolo a un’assistenza umanitaria tempestiva da parte dei partner”.

Alla fine di marzo, per due volte è stata interrotta in maniera brutale una missione degli operatori dell’agenzia umanitaria Medici senza frontiere (Msf) a Macallè, la capitale della regione. In occasione della prima interruzione, essi sono stati testimoni di esecuzioni extragiudiziali sul ciglio della strada da parte di alcuni soldati; a poca distanza, sempre alcuni i soldati hanno fermato il veicolo di Msf, trascinando fuori l’autista etiope e picchiandolo con la parte posteriore della pistola prima di minacciarlo di morte.

Lo sfollamento di massa di persone dalle aree rurali del Tigrè, unitamente alle accuse secondo cui i campi sono stati distrutti deliberatamente e i granai saccheggiati, hanno portato le Nazioni unite e altri osservatori a temere una “catastrofica” mancanza di sicurezza alimentare e persino il rischio di un’imminente carestia.

Allo stesso tempo, si è anche verificato un preoccupante aumento di violenze e violazioni nei confronti dei civili in altre zone dell’Etiopia, soprattutto negli stati regionali di Amhara, Benishangul e Oromia. Sono giunte notizie di attacchi sui civili nel distretto di Chilga, nella zona di North Shewa e nella zona speciale di Oromo nella regione di Amhara, e di violenze armate nella zona di Metekel, nella regione Benishangul-Gumuz. Nelle zone occidentali di Oromia, dal mese di novembre del 2020, persone armate uccidono e sfollano la popolazione residente amhara.

“È fondamentale che vengano condotte indagini internazionali indipendenti sulle accuse di gravi violazioni a opera di tutte le parti e che vengano chiamati a risponderne i responsabili, per inviare un chiaro messaggio che ci sarà impunità zero”, ha aggiunto Deprose Muchena.

“Se la risposta della comunità internazionale al conflitto nel Tigrè continuerà a essere così debole, esiste la concreta minaccia che una situazione già catastrofica possa finire completamente fuori controllo”, ha concluso Deprose Muchena.