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Migliaia di manifestanti pacifici sono stati travolti dalla stretta draconiana della Francia sulle manifestazioni, in base alla quale le autorità hanno abusato della normativa per multare, arrestare in maniera arbitraria e perseguire persone che non avevano commesso alcuna violenza.
A denunciarlo il nostro nuovo lavoro di ricerca dal titolo “Arrestati per una manifestazione: la legge diviene un’arma per reprimere manifestanti pacifici in Francia” che documenta il divieto generalizzato per le manifestazioni di protesta in seguito al lockdown da Covid-19 e le conseguenti centinaia di sanzioni ingiustificate. Inoltre, la ricerca documenta come, molto prima della pandemia, soccorritori, giornalisti e osservatori dei diritti umani sono stati particolarmente nel mirino di queste leggi poco chiare durante i movimenti di protesta sorti in tutta la nazione alla fine del 2018.
“Le restrizioni eccessive imposte alle manifestazioni di protesta in Francia nel periodo seguente al lockdown rappresentano il prosieguo di un quadro inquietante in cui manifestanti pacifici sono stati aggrediti dalla polizia e dal sistema giudiziario. Quando le persone vengono arrestate per aver fatto volare dei palloncini o per aver mostrato degli striscioni, ciò ha un effetto profondamente dissuasivo per le manifestazioni di protesta che avvengono nel rispetto della legge“, ha dichiarato in una nota stampa Marco Perolini, ricercatore sull’Europa di Amnesty International.
“Sono migliaia le persone multate, arrestate, detenute e perseguite arbitrariamente per delle azioni pacifiche che non dovrebbero essere considerate reati. Le proteste pacifiche sono state vietate sulla base di poteri draconiani conseguenza del Covid-19 e centinaia di dimostranti sono stati multati“, ha proseguito Perolini.
Negli ultimi anni, la Francia ha visto un rapido aumento dei movimenti nazionali di protesta, dai “gilet gialli” (Gilets Jaunes) alle manifestazioni per chiedere interventi per contrastare l’emergenza climatica e per la giustizia sociale alle proteste contro l’impunità delle forze di polizia e il razzismo, emerse successivamente all’uccisione di George Floyd negli Usa.
Nel periodo tra novembre 2018 e luglio 2019, 11.203 gilet gialli sono stati sottoposti a regime di custodia cautelare.
Questi manifestanti sono stati arrestati e processati per delle azioni che non dovrebbero costituire reato penale. Nel 2018 e nel 2019, oltre 40.000 persone, compresi manifestanti, sono state condannate sulla base di leggi poco chiare.
Fra i reati contestati, quelli di “oltraggio a pubblico ufficiale“, “partecipazione a un gruppo con lo scopo di commettere atti violenti” e “organizzazione di manifestazioni nel mancato rispetto delle procedure di notifica“.
Frédéric, sindacalista, è stato arrestato e perseguito molte volte negli ultimi due anni per le sue azioni pacifiche ed è stato multato cinque volte per aver partecipato a quelle che le autorità hanno definito “proteste vietate“.
Brice, giornalista, stava filmando le proteste dei gilet gialli a Parigi ad aprile del 2019 quando è stato arrestato, tenuto in regime di custodia cautelare per 24 ore e accusato di “violenza“, di circolare con il “volto coperto” e “preparazione di atti violenti“. Ha dichiarato ad Amnesty International: “Trovo assurdo che il pubblico ministero abbia chiesto [una condanna di] tre mesi, considerando che sono un giornalista e che non c’era alcuna prova contro di me“. Alla fine, è stato prosciolto.
Nel 2019, 20.280 persone, inclusi dei manifestanti, sono state accusate di “oltraggio a pubblico ufficiale“. Questo reato, definito in maniera poco chiara, include tutto ciò che si ritenga “colpire la dignità personale o il rispetto dovuto a un pubblico ufficiale” ed è punibile con una pena fino a un anno di reclusione e una sanzione fino a 15.000 euro.
Durante una manifestazione di protesta contro la violenza delle forze di polizia a Narbona nel maggio 2019, quattro dimostranti sono stati diffidati per oltraggio solo per aver srotolato uno striscione con la scritta “Si ai fiori, no ai proiettili di gomma“.
A Marsiglia, un uomo che ha imprecato contro un agente di polizia che stava per colpire una donna con il manganello durante una manifestazione di protesta è stato colpito a sua volta, tenuto in stato di detenzione cautelare per 24 ore, condannato per oltraggio e multato di 900 euro. Inoltre, ha dovuto risarcire 1000 euro di danni all’agente, mentre non è stata intrapresa alcuna azione nei confronti della polizia.
In risposta al brusco aumento dell’uso di gas lacrimogeno, pallottole di gomma e granate lacrimogene da parte della polizia, i manifestanti hanno fatto sempre più ricorso a mascherine, caschi e occhiali protettivi. Ad aprile del 2019, è stato introdotto un divieto generalizzato di coprire il volto durante le manifestazioni di protesta, punibile con ammenda fino a 15.000 euro e la reclusione fino a un anno. Tra aprile e ottobre 2019, 210 persone sono state detenute in custodia cautelare per l’infrazione di questo divieto. Nel 2019, 41 dimostranti sono stati condannati per questo reato.
La norma che vieta di avere il volto coperto durante riunioni pubbliche dovrebbe essere rivista con urgenza, considerato che attualmente coprire il volto rappresenta una misura necessaria per contrastare il Covid-19.
Centinaia di persone, anche dimostranti, sono state condannate per “aver partecipato a gruppi con lo scopo di predisporre atti violenti“. Questo reato polivalente permette alle autorità di arrestare e perseguire una persona non per quello che ha fatto, ma per quello che le autorità credono possa poi fare. I manifestanti sono stati arrestati e perseguiti solo perché avevano degli occhiali protettivi o delle mascherine per proteggersi da gas lacrimogeni e proiettili di gomma.
Un attivista ha raccontato ai nostri ricercatori: “È come se una persona potesse essere multata quando acquista una Ferrari perché si presume che andrà oltre il limite di velocità“.
Sophie, una donna che si è unita al movimento dei gilet gialli, ha riferito ad Amnesty International di essere stata arrestata per aver “partecipato a un gruppo con lo scopo di predisporre atti violenti” dopo aver gonfiato dei palloncini sugli Champs-Elysées in occasione della festa nazionale francese, il giorno della presa della Bastiglia.
Arresti e processi hanno avuto nel paese un effetto dissuasivo sul diritto a riunirsi pacificamente. Molte delle persone che abbiamo intervistato hanno riferito di pensarci due volte ora prima di protestare, di prendere parte meno regolarmente alle manifestazioni o di evitare grandi riunioni pubbliche.
“È curioso pensare che un paese con una lunga e gloriosa tradizione di azione collettiva per i cambiamenti sociali stia rendendo le proteste un reato in questo modo. Tre anni dopo la promessa elettorale di Emmanuel Macron di proteggere il diritto a riunirsi pacificamente, le proteste pacifiche subiscono un attacco senza precedenti“, ha commentato Marco Perolini.
“Usare la legge per prendere di mira i manifestanti può essere meno vistoso dell’uso eccessivo della forza, ma non è meno dannoso per il diritto alla protesta. Le autorità francesi devono smettere di criminalizzare le persone e modificare tutte le leggi che ostacolano il diritto a riunirsi pacificamente“, ha concluso Perolini.