Tempo di lettura stimato: 2'
Lo stato d’emergenza proclamato dal presidente uscente Yahya Jammeh il 17 gennaio, due giorni prima della scadenza fissata per il passaggio di poteri al vincitore delle elezioni Adama Barrow, fa temere gravi conseguenze per la situazione dei diritti umani in Gambia e in particolare per coloro che intenderanno manifestare pacificamente in favore del presidente eletto.
Dal 9 dicembre 2016, quando Jammeh ha annunciato di non voler accettare il risultato delle elezioni del 1° dicembre, numerosi oppositori sono stati arrestati e sono state chiuse quattro radio indipendenti. Negli ultimi giorni sono stati arrestati anche cinque militari sopettati di stare dalla parte del presidente eletto.
Lo stato d’emergenza, approvato dall’Assemblea nazionale controllata dal Jammeh, prevede tra l’altro la sospensione per 90 giorni del diritto a un processo equo e del divieto di imprigionare persone senza accusa.
Nonostante le minacce dei servizi segreti nei confronti di chi intendesse scendere in piazza a sostegno del presidente eletto, molti giovani attivisti gambiani hanno annunciato manifestazioni a sostegno del passaggio di poteri.
Il 13 gennaio l’Unione africana ha annunciato che oggi avrebbe cessato di considerare Jammeh legittimo presidente del Gambia, prospettandogli “gravi conseguenze” se il suo operato dovesse dar luogo a “disordini politici” o a un “disastro dei diritti umani”.
La Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale ha composto una forza militare guidata da Senegal e Nigeria per un possibile intervento in Gambia che dovrà, nel caso, impegnarsi a rispettare i diritti umani e a non coinvolgere la popolazione civile in un eventuale conflitto con le forze fedeli a Jammeh.